Toscana

Israeliani e palestinesi, la convivenza possibile

di Andrea Bernardini

I palestinesi e gli israeliani comuni vogliono la pace. Ma non è sufficiente desiderarla: occorre anche che trovino la forza di chiederla ai loro politici, per arrivare all’atteso accordo. Ne sono convinti Saman Khoury e Ron Pundak, i due presidenti del forum israelo-palestinese delle Ong, ritrovatisi  nello scorso week-end al My One Hotel a Pisa.

Il meeting – cui hanno partecipato oltre 150 Organizzazioni non governative (equamente distribuite tra palestinesi, israeliane ed europee) era promosso dalla Regione Toscana. A tema: il contributo che possono offrire l’Europa e i suoi cittadini alla soluzione del conflitto tra i due popoli. «Per anni – ha osservato il palestinese Khoury – i cittadini europei hanno ritenuto che il loro ruolo nella questione Mediorientale fosse quello di schierarsi, con una parte o con l’altra. Ma oggi questo atteggiamento deve essere superato: le forze contrapposte sono infatti rappresentate da chi opera “per la pace” sia in campo palestinese che israeliano e chi opera “contro” la pace, in entrambi i fronti. Occorre stare dalla parte della pace e della vita, contro la forza fine a se stessa e generatrice di morte». Per realizzare questo obiettivo, secondo i due esponenti delle Ong, è fondamentale il lavoro «sul campo». «Quest’estate – ha ricordato l’israeliano Ron Pundak – cinquanta bambini palestinesi e israeliani di Gaza e di Sederot  hanno condiviso l’esperienza di un campus promosso dalla Regione Toscana; a loro è bastata un’ora per far cadere ogni barriera e per diventare amici. Questi bambini ci insegnano che la pace è possibile, e che se anche ci sono delle difficoltà, l’obiettivo per cui ci stiamo impegnando è nobile e vale la pena di perseguirlo fino in fondo».

Espressioni condivise da Massimo Toschi, assessore regionale con deleghe alla cooperazione internazionale, al perdono e alla riconciliazione dei popoli. La Toscana, investe 2milioni e mezzo di euro in progetti di cooperazione in Medio Oriente. Grazie al contributo delle regioni Toscana, Umbria, Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia  cinquemila600 bambini palestinesi, dal 2003 ad oggi, sono stati presi in carico  negli ospedali israeliani di Tel Aviv, il Rambam a Haifa e l’Hadassa a Gerusalemme: bambini spesso vittime innocenti della guerra, selezionati da una èquipe di quindici pediatri palestinesi, affetti da malattie non curabili nel loro territorio e che giungono ai nosocomi israeliani grazie al Centro Peres per la pace.

Negli anni il numero dei bambini palestinesi è cresciuto perché gli ospedali israeliani hanno accettato di ridurre del 50% le parcelle abitualmente chieste per la cura dei loro ospiti. Vittime innocenti della guerra, i piccoli sono stati operati al cuore, hanno superato i traumi della psiche o recuperato l’uso degli arti, sono stati sottoposti a trapianti del midollo, hanno recuperato l’udito o il labbro leporino.

Gli interventi sanitari si sono giovati del know how specifico di ospedali quali il Meyer di Firenze, della Usl di Bologna e di quella di Foligno. Nel contempo i medici palestinesi hanno potuto migliorare le loro conoscenze, frequentando stage in Italia.

Tutto questo fa parte del progetto «Saving Children», che ora (e per i prossimi tre anni) ha trovato il cofinanziamento della Farnesina.

«Così la medicina si è messa al servizio della pace», commenta a Toscanaoggi l’assessore Toschi, che ricorda quanto sia importante per i bambini palestinesi e i loro genitori trovare nell’israeliano non già un militare in divisa che punta un fucile sui civili, ma un camice bianco pronto a salvare la vita di un adolescente dell’altro popolo.

La Toscana, che di «Saving Children» è capofila, è impegnata anche in un altro progetto. Si chiama Med cooperation e coinvolge undici enti locali della nostra regione (le province di Firenze, Pisa, Pistoia, Siena ed i comuni di Borgo San Lorenzo, Fiesole, Montevarchi, Pitigliano e Quarrata), tre Ong toscane (Ong Cospe, Medina e Ucodep), e sette enti locali in Israele e Palestina (in Israele in comuni di Haifa, Acco, Taibe e l’Unione degli enti locali israeliani; in Palestina Nablus, Tulkarem e Anabta). Dalla sinergia tra queste realtà è nato il  Northern Holy Land Cultural Road ovvero un percorso culturale nella Terra Santa del nord – da Akko a Nablus passando per tutti gli altri comuni interessati – che adesso è pubblicizzata in una guida tradotta in inglese e in italiano e diffusa in migliaia di copie. Un percorso culturale che richiama alla memoria le nostre strade del vino, e si pone l’intento di recuperare e valorizzare il patrimonio culturale, storico ed ambientale di questo territorio, di promuovere il turismo come risorsa di sviluppo. Offrendosi come metafora di un percorso di pace che non può tardare a svilupparsi.

Sabato scorso le Ong che hanno partecipato al meeting pisano  hanno ricevuto l’incoraggiamento del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano: «L’apporto delle Ong – ha scritto Napolitano in un messaggio letto in apertura dei lavori – sia con il generoso impegno sul campo, sia attraverso l’attività di sensibilizzazione e riavvicinamento delle opinioni pubbliche, favorisce soluzioni pacifiche ai conflitti. Questa azione preziosa merita di essere sostenuta».

Presentati cinque progetti concreti per la cooperazione e la pace, siglati dai rappresentanti delle Ong palestinesi e israeliane: azioni destinati ai giovani, alla formazione degli amministratori dei due popoli, a intervenire sui media – perché nel racconto delle tensioni tra i due popoli sia dato giusto spazio anche ai tentativi di riconciliazione – alla gestione condivisa delle risorse idriche. «Queste azioni – dice l’assessore Toschi – confluiranno in un unico grande progetto, che la Regione Toscana presenterà nei prossimi giorni al Ministero degli esteri».