Vita Chiesa

La fraternità dei giovani albanesi: quando la fede aiuta a integrarsi

di Sara D’Oriano

Sono 40 i giovani albanesi che, nel cuore della città di Pistoia, hanno creato «La fraternità giovanile del cuore di Cristo», una comunità in cui riunirsi e fraternizzare. Collante dell’esperienza, la stessa fede ma soprattutto la stessa appartenenza culturale. «È importante per loro – spiega Frate Elia Matija, della Fraternità Apostolica di Gerusalemme di Pistoia e coordinatore dell’esperienza – sentirsi parte di un gruppo. Molti di loro sono arrivati in Italia per lavoro, e spesso si sentono soli ed emarginati. In molti nasce la necessità di condividere un’esperienza con i loro connazionali, che sia spirituale ma anche di svago e amicizia».

La scelta del nome «Cuore di Cristo» trae spunto dalla enciclica di Benedetto XVI Deus caritas est, perché «è solo nel cuore di Cristo che nasce il vero amore e in cui ogni cristiano trova la sua strada». Frate Elia sottolinea come la cultura comunista di provenienza e la visione negativa, in parte giustificabile, in parte no, che i media danno della nazionalità albanese, hanno in passato creato non pochi problemi alla nascita di questo gruppo: «Inizialmente ci fu la richiesta, da parte di un gruppo di albanesi, di poter pregare nella loro lingua d’origine. Così è nata l’idea di creare un gruppo che riunisse e aiutasse i giovani stranieri a integrarsi tra loro e dentro la società in cui si trovavano a vivere. Il gruppo è poi nato nel 2006 dopo una serie di tentativi andati male, troppa era le diffidenza verso questo genere di esperienza da parte degli stessi albanesi. Poi, due anni fa, grazie all’aiuto dell’allora vescovo Scatizzi, siamo riusciti a mettere in piedi ciò che siamo oggi».

La fraternità, profondamente convinta che per una corretta integrazione degli stranieri non basti solo ottenere un lavoro, ma sia necessario coltivare anche l’aspetto spirituale, ha deciso di portare avanti l’iniziativa nella lingua originale, non tanto per coltivare un gruppo di «nicchia», quanto per rispondere all’esigenza dei giovani di esprimersi ed esprimere la propria fede in una lingua che sia loro familiare ma mantenendo comunque un impegno rivolto all’integrazione nella comunità italiana: «Cerchiamo comunque di mantenere un contatto con il gruppo dei giovani italiani presente nella parrocchia di San Paolo, dove ci ritroviamo, perché siamo profondamente convinti di dover poi far sfociare il nostro impegno all’interno della realtà in cui viviamo». Il gruppo nasce infatti come luogo di incontro, punto di riferimento, che poi ognuno traduce nel suo ambiente di vita, in altre parrocchie e in altre realtà. E i ragazzi sembrano apprezzare l’esperienza e traducono questo sentimento con entusiasmo e partecipazione numerosa. All’interno della stessa comunità è poi presente anche un altro gruppo, formato da albanesi adulti che si ritrovano per lo più per pregare insieme.

Un’esperienza forse non unica o isolata ma sicuramente importante per la città, dove si trova una numerosa comunità albanese. Un’esperienza che sicuramente può esser presa ad esempio per facilitare la comunicazione tra stranieri e italiani, in un dialogo che unisca e non separi le due culture. Per contatti: jerusalem.frapost.pt@tiscali.it