Prato

La parrocchia si interroga

L’obiettivo è comune: diventare parrocchie missionarie. Gli strumenti per orientare il cammino invece possono essere diversi, perché ogni comunità ha la propria specificità, i propri punti di forza e le proprie carenze da migliorare. Le indicazioni, i suggerimenti per adeguare l’azione delle 78 parrocchie pratesi arriveranno nel corso del Convegno pastorale in programma martedì 23, mercoledì 24 settembre in San Francesco e poi con una riunione nei sette vicariati.È mons. Carlo Stancari, vicario episcopale per la Pastorale, a spiegare questa nuova fase, la seconda, del Piano pastorale triennale voluto da mons. Agostinelli, intitolato: «Chiesa: Nostra passione missionaria».Monsignore, il Convegno si aprirà con la relazione di Michele Del Campo al quale è stato chiesto di analizzare il risultato dei questionari consegnati alle parrocchie lo scorso anno. Innanzitutto, com’è andata questa ricerca. C’è stata partecipazione?«Più del 70% delle parrocchie ha risposto alla sollecitazione compilando le schede inviate. Direi che si tratta di un ottimo segnale. Non voglio anticipare i risultati, li ascolteremo al Convegno, posso dire che dalla lettura dei questionari emerge come le nostre comunità siano vive, con una buona e solida tradizione. C’è voglia di interrogarsi e di capire».Quello che abbiamo iniziato è l’anno del valutare, nel prossimo invece dovremo agire. Secondo quali percorsi?«Nel corso della seconda serata del Convegno sarà il Vescovo ad aiutarci, capiremo quali tra tutte le proposte formulate possono essere efficaci nella nostra realtà pastorale parrocchiale, quali possono essere praticabili, urgenti e possibili. La fase dell’analisi sta cominciando a finire, dobbiamo entrare già nell’ottica dell’agire, alla luce del Magistero del Papa e del Vescovo».Secondo quali iniziative pastorali?«Elenco alcune indicazioni scritte nel libretto che illustra questo secondo anno di Piano pastorale. Ad esempio si possono promuovere gruppi di “Ricomincianti”, adulti e giovani già battezzati, cristiani di ritorno, che chiedono di riprendere un cammino di fede. Favorendo la catechesi parallela proposta ai genitori che chiedono per i loro figli i Sacramenti dell’iniziazione cristiana. Scegliere referenti e ministri in ogni parrocchia, un uomo o una donna, una coppia, che siano responsabili per la catechesi, la caritas e la pastorale giovanile. E poi scegliere in ogni vicariato un responsabile per la pastorale familiare, uno per quella liturgica e per la cultura».A questo proposito, il Vescovo sta insistendo molto sul ruolo del vicariato«Senza la sussidiarietà e la complementarietà non si può soddisfare il mandato che abbiamo in questo mondo, in questo territorio. Per prima cosa non dobbiamo mortificare nessuna realtà, che ha una propria storia e una propria ricchezza, ma se vogliamo rispondere ai bisogni di oggi dobbiamo interagire e non essere individualisti».Crescono l’impegno e la responsabilità dei laici?«Sicuramente. Il laicato deve essere presente con nuove responsabilità, nel campo catechetico, caritativo, liturgico. Occorre inoltre riprendere una presenza dell’associazionismo cattolico, sia in ambito socio-culturale, politico e delle professioni».Come coinvolgere queste realtà che spesso sono svincolate dalle parrocchie?«Il Consiglio pastorale parrocchiale e forme aggregative diverse riuniti in momenti di incontro e di scambio per un giudizio sulla situazione storica presente. In questo modo possiamo rivitalizzare chi langue, penso alle realtà ricreative come i bar parrocchiali. Anche questi devono essere luoghi formativi. Anche nel campo della carità non si deve essere solo “buoni samaritani”, anche qui serve la formazione. La stessa cosa vale per una istituzione importantissima come la Misericordia. Ben venga che sia luogo aggregativo, ma anche formativo».Non tutti sono in grado di farsi in casa una adeguata formazione«I percorsi formativi possono essere in parrocchia, oppure offerti dagli uffici diocesani o dalle stesse associazioni a livello diocesano».Uno degli inviti del Piano pastorale è quello di concentrarsi sulla famiglia. Quanto fanno oggi le nostre parrocchie?«Molto. Però è evidente di come la famiglia sia il crocevia delle problematiche umane. Ma dobbiamo stare attenti a non ridurre tutto al problema della comunione ai divorziati risposati o al matrimonio gay. Ci sono altre questioni sotto i nostri occhi. C’è da trovare un senso e un sostegno verso chi non è in queste situazioni e vive la famiglia come deve essere. La Chiesa deve essere luogo dialogico per le famiglie e devo dire che qui non siamo all’anno zero, abbiamo una buona tradizione».