Lettere in redazione

La pericolosa ondata di antipolitica

Caro Direttore,provocano sconcerto le notizie apparse in quest’ultimo periodo negli organi d’informazione sui «costi e caste della politica». A quanti seguono con passione, interesse e fiducia le vicende politiche procurano più disagio che indignazione il riscontro di privilegi, palesi o meno, di cui possono beneficiare ministri, parlamentari, alti funzionari dello Stato, persino sindacalisti.

Ai redditi abbastanza elevati percepiti per lo svolgimento del loro mandato o incarico si aggiungono una serie di esclusivi vantaggi e opportunità economiche che determinano sbigottimento e incomprensione nell’opinione pubblica. Situazioni e fatti accentuati in parte da strumentali interventi che fanno apparire la politica molto diversa da quello che ci si aspetta.

Certo risulta difficile giustificare l’accesso ad importanti benefit e la facilità con la quale – alcuni noti personaggi – hanno potuto acquistare a condizioni di particolare convenienza beni immobili di valore per sé e per i propri familiari, mentre una normale famiglia deve affrontare grossi sacrifici per comprare un modesto appartamento ricorrendo a pesanti mutui per lungo tempo.

Non si vuole richiamarsi ad un moralismo di maniera, riguardo a questi inaccettabili comportamenti, più rispondenti a trarre profitto dalla politica anziché apportare il «meglio» dell’impegno personale.

Tali «condotte» se non riportate ad esprimere testimonianze virtuose e una limpida etica sociale possono generare il rischio di disarticolare valori e finalità su cui si fonda la nostra società costituzionale.

Arrigo CanzaniSesto Fiorentino (Fi)

L’ondata di antipolitica che percorre il nostro Paese e investe ormai tutti i partiti nasce certo dall’emergere quasi ogni giorno di privilegi che «la casta» – come oggi si dice – si attribuisce e conserva, ma direi soprattutto dalla sempre più evidente constatazione dell’incapacità dei politici di affrontare e risolvere sia i grandi problemi – primo tra tutti le necessarie riforme – che quelli, concretissimi, della gente comune. Tutto questo dà luogo a clamorose, e rumorose, forme di protesta, ma per lo più genera sfiducia, delusione, disinteresse, riflusso nel privato. E questi atteggiamenti, che non devono meravigliare, non sono certo meno preoccupanti. Meraviglia piuttosto che la classe politica non percepisca appieno il pericolo che questi stati d’animo possono rappresentare per il futuro dell’Italia.

>Eppure, nonostante le giuste motivazioni, credo sia necessario non cavalcare l’onda dell’antipolitica e reagire anche come cristiani, nella consapevolezza che «la presenza attiva e operosa, anche in condizioni difficili, nelle vicende sociali, civili e politiche, finalizzata al bene comune, è un aspetto irrinunciabile della nostra missione nel mondo».

Ma come uscire da questa situazione? Non certo affidandoci ad alchimie politiche che poco risolvono e meno interessano. Servono certo, come tu dici, caro Arrigo, «testimonianze virtuose e una limpida etica sociale», ma da sole non bastano, soprattutto se restano casi isolati che del resto – bisogna riconoscerlo – non mancano neppure oggi. Il fatto è che la politica ha perso da tempo la capacità di elaborare per l’Italia progetti grandi, che sappiano coinvolgere i cittadini e che rendano accettabili anche i necessari sacrifici.

Sarà capace l’attuale classe politica, magari in una ritrovata unità d’intenti, di vincere questa sfida? Ce lo auguriamo veramente, anche se le perplessità restano tutte.