Opinioni & Commenti

La Pira e il «colpo di remo» alla navigazione dell’umanità

di Mario Primiceriopresidente della Fondazione La Pira

A trent’anni dalla morte, quella di Giorgio La Pira è una testimonianza che non ha perso nulla della sua attualità. Le sue parole, i suoi gesti mantengono una forza impressionante: i principi che hanno ispirato la sua vita sono oggi più che mai validi e necessari. Le celebrazioni per il trentennale della morte, in questi giorni, hanno posto questa straordinaria figura di laico cristiano sotto una luce ancora più luminosa. La «scommessa» della sua vita, quella di vivere la politica come via per la santità, è un esempio sul quale misurare il comportamento di tutti i politici cristiani (o sedicenti tali). E in tanti in questi giorni hanno sottolineato che, oggi in modo particolare, ci sarebbe quanto mai bisogno di persone che, come lui, sapessero interpretare l’impegno politico come forma alta di carità, come modo privilegiato di servire il prossimo.

Il rischio, in questi casi, è di finire dicendo «erano altri tempi, erano figure che non ci sono più». Per i cristiani la speranza è una virtù teologale, la nostalgia no. Ricordare La Pira non vuol dire rimpiangere valori lontani, troppo alti, inarrivabili. Il «profetismo» di La Pira significava, sì,  saper guardare lontano, ma senza mai perdere di vista ciò che ci sta intorno. Il La Pira profeta non può mai essere distaccato dal La Pira ragioniere: un politico che non ha mai rinunciato ai propri principi, ma che sapeva confrontarsi con gli altri per dare concretezza alle proprie idee.

Ricordare oggi La Pira ci impone, soprattutto, una riflessione sui fondamenti etici della politica. Che non significa soltanto non essere politici corrotti o mascalzoni: questa è una condizione necessaria ma non sufficiente. Significa anche individuare valori e principi condivisi, dei fondamenti etici su cui ancorare la costruzione della società. Una ricerca da fare nel dialogo, senza paura di confrontarsi con gli altri: un’identità forte è anche un’identità che sa aprirsi. Sono gli animali senza scheletro, diceva La Pira, che hanno bisogno del guscio. E in un momento in cui si parla tanto di laicità, possiamo dire che La Pira è stato profondamente laico, proprio perché profondamente credente. Ai ragazzi con cui mi capita di parlare, dico spesso una cosa che il Professore diceva a noi: oggi il mondo si divide in due categorie, quelli che credono in qualcosa e quelli che non credono a niente. A quelli che non credono è difficile parlare: ma a chi crede, anche se «diversamente credente», dobbiamo chiedere di dirci le ragioni della sua speranza, ed essere pronti a spiegare le nostre. Nel dialogo, potremo chiarire meglio anche a noi stessi la nostra identità. Oggi la politica è di fronte a un bivio: o è il modo per dare concretezza alle speranze delle persone (e quindi è passione che è capace di appassionare), o finisce per chiudersi in tecnicismi fini a se stessi. Di fronte a questo però non basta limitarsi alla denuncia, non basta puntare il dito contro le spese della politica e i privilegi della «casta». Non basta dire che il nostro tempo ha ancora bisogno di profeti come La Pira. Bisogna che ognuno, come lui diceva, si rimbocchi le maniche per dare il suo «colpo di remo» nella navigazione dell’umanità sul fiume della storia, per contribuire con il suo mattone a «proporzionare le mura della città terrestre a quelle della Gerusalemme celeste».