Cultura & Società

La smania della fine del mondo

Carlo Lapucci

Ci sono idee fisse che non si smontano con nessuna acquisizione scientifica, prova contraria, smentita, ma continuano nei secoli sfidando ogni mutamento di mentalità, di ascesa del livello culturale e in forme diverse sopravvivono. Sono ad esempio le convinzioni che una volta gli uomini erano migliori, c’era più onestà, serietà. I governanti erano probi, il vino genuino, gli alimenti sani, le stoffe forti ed eterne; c’era più rispetto, educazione e, nonostante il generale analfabetismo, anche più cultura.

Un’altra costante è la presenza dei fissati sulla fine del mondo, i finimondisti, veri e propri profeti di sventura: coloro che godono nel prevedere in un futuro più prossimo possibile una catastrofe, meglio ancora la fine del mondo, e godono a descriverla nelle varie sofferenze, calamità, disastri, perdite e i lutti connessi all’evento.

Che il nostro mondo debba avere una fine è cosa intuitiva; come e quando è più difficile dire. Le varie dottrine religiose hanno ognuna una versione dell’esito finale. Queste visioni grandiose, ispirate, inserite in un credo religioso e in una visione della vita, del mondo, collegate all’umano e al divino, assumono valore attraverso la fede, dando a ciascun credente la visone completa del senso del Creato di cui fa parte e, sia pure in una dimensione mitologica, incardinano l’individuo nel tutto, il granello di polvere nel Cosmo. In questi casi sono cose serie soprattutto per chi ritiene la scrittura sia parola divina, ma se la profezia viene dalla bocca dei poveri uomini, si definisce in date precise, motivi e modalità diviene materia di cui si occupavano un tempo i fabbricanti di lunari.

La persistenza dei finimondistiL’affermarsi di uno strumento affidabile come la scienza non ha scoraggiato i finimondisti che, cambiati ambienti, cause, argomenti, si sono riciclati nel mondo contemporaneo, paradossalmente servendosi proprio della scienza che dovrebbe liberare la mente da conclusioni affrettate, calcoli errati e, soprattutto, da affermazioni che non hanno la convalida di una corretta applicazione del metodo scientifico. Una volta la fine del mondo veniva dal di fuori del nostro mondo, comunque da realtà molto lontane: dal cielo, spesso interpretando fenomeni naturali come interventi divini. Il motivo comune a molti popoli è il Diluvio Universale che si trova nell’Antico Testamento, nella mitologia pagana, e nelle altre grandi religioni anche lontane dalla nostra civiltà. La pioggia viene dal cielo ed è la volontà divina che apre le sue cateratte, per punire o redimere il mondo. A volte invece è il fuoco che cade a incenerire terre e città, come nel caso biblico di Sodoma e Gomorra. Il mare si solleva e inghiotte un mondo intero come l’Atlantide. Sulla base di simili schemi di tanto in tanto in passato si è sempre affacciato qualcuno a tirar fuori una imminente catastrofe, come fu allo scadere del primo millennio. L’anno MilleAll’avvicinarsi dell’Anno Mille dell’Era Cristiana si diffuse un terrore superstizioso causato da profezie di visionari secondo le quali con la scadenza del millennio sarebbe avvenuta la fine del mondo. Nessuna scrittura, nessun antico profeta aveva previsto una cosa simile, ma l’idea del mille come ciclo di anni compiuto aveva suggerito quest’idea, che ebbe anche implicazioni religiose, quale invito a farsi trovare con la coscienza in ordine. Mille e non più mille, si dice che fosse lo slogan ripetuto con penitenze, processioni di flagellanti e pellegrinaggi.

In realtà scorrendo le cronache di quel periodo non si trova traccia di tutti questi terrori, ma sì e no di apprensioni, dubbi attizzati da qualche predicatore e qua e là manifestazioni isteriche di folle più credule. Così il Libellus de Anticristo, scritto da Adson nel 954 ritiene ancora molto lontana la fine del mondo, anche se le guerre, le miserie, la fame e la peste che tormentavano quegli anni la facevano presagire vicina. Si pensava inoltre che i 10.000 anni di esistenza accordati al nostro pianeta stavano per spirare. I peccatori riscattavano i propri errori facendo donazioni a chiese e conventi; si conservano ancora atti legali di donazioni, beneficenze, testamenti, che portano la formula: appropinquante mundi termino: «Approssimandosi la fine del mondo…». La catastrofe finale doveva essere annunciata da segni spaventosi che un antico opuscolo indica in numero di 15.

Tuttavia anche allora si discuteva se si doveva intendere la data della fine del mondo come 1000 anni dopo l’Incarnazione, la Nascita o la Morte di Cristo, cosa che dava un po’ di respiro. Nel complesso, salvo fenomeni circoscritti, la paura dell’anno mille non fu quella che si crede oggi: il motivo piacque e venne amplificato fino all’esagerazione nei periodi successivi. All’avvicinarsi di qualche cifra tonda del calendario torna a fare capolino il finimondo che le varie sette hanno proclamato anche in anni a noi vicini. Ormai solo pochi si allarmano, tanto che nell’approssimarsi del 2000 nessuno ha preso iniziative, e forse ci sarebbe stato più da preoccuparsi che in passate occasioni.

L’età del mondoPer stabilire la data della fine del mondo bisognerebbe conoscerne l’età e la durata. L’uomo non si è fermato neppure davanti a queste due non trascurabili difficoltà. Secondo una credenza popolare diffusa in Italia si vuole che il Signore, dopo aver creato il mondo, abbia preso un pugno di polvere e, spargendola al vento, abbia detto: – Il mondo duri tanti secoli quanti sono i granelli di polvere che si stanno spargendo nel mondo –. La mano del Signore era immensa e i granelli di polvere innumerabili, tanto che ancora che sono passati tanti secoli, ancora non sono finiti. Nel linguaggio del mito la cosa è accettabile, ma gli uomini hanno bisogno di dati precisi che un tempo erano forniti dagli almanacchi: dati precisi, non sicuri. È sorprendente che non molti anni fa l’uomo della strada si giovava di queste notizie che riprendiamo dal Lunario 1850 Barba Nera, Astronomo degli Appnennini, In Fuligno, nella stamperia di Feliciano Campitelli, con approvazione [1849].Dell’epoche più considerabili del Mondo per l’intelligenza della storia sacra e profanaDalla Creazione del Mondo sino al presente sono passati anni passati Anni 5854Secondo il computo degli Ebrei 5610Secondo quello dei Greci 7946Secondo l’altro dei Moscoviti 7456Dal Diluvio Universale 4797Dalla Confusione o nascita delle lingue alla Torre di Babele 4533Dalla Fondazione di Roma 2302Dalla distruzione di Cartagine 2051Dall’Egira o fuga di Maometto, degli Arabi, Saraceni e Turchi 1227Dal ristabilimento dell’Impero d’Occidente sotto Carlo Magno 1050Dalle leggi di Licurgo che fece noto ai Greci Omero 2735Dalle leggi che Solone diede agli Ateniesi 2446Dalla venuta della Santa Casa in Loreto 556Dalla Nascita di Nostro Signor Gesù Cristo 1850Calcoli della durata  e della fine del mondoNonostante le fosche previsioni, il mondo allunga la sua vita. Nell’antichità gli s’accordava un’esistenza di poche migliaia di anni, quantità tuttavia che pareva sterminata; poi col tempo gl’indovini prendono coraggio e allungano progressivamente la vita del cosmo, difficile dire in base a quali considerazioni. Saggiamente le scritture sacre delle varie religioni, che pure trattano la cosa e la prevedono, non si sbilanciano con le date e si limitano a confuse visioni, ma scienziati e filosofi del passato furono più garibaldini e non si tirarono in dietro.Aristarco previde la fine di tutto per l’anno 2484 dalla sua creazione che è quanto dire vattelappesca. Erodoto 10800. Darete stabilì 5552 anni. Agostino Cipriano e Girolamo 6004. Dione 13984. Cassandro pensò bene di dare più spazio alla speranza: 1.800.000.Alcuni antichi filosofi ponevano come principio che il mondo dev’essere distrutto quando i cieli e gli astri saranno tornati al punto in cui erano al momento della creazione; ma qual è la durata di questa grande rivoluzione? Alcuni pensarono che occorressero 7777 anni, altri si sono pronunciati per 9977; e altri ancora 19.864.Nell’era volgare Bernardo di Turingia fissò la data per il 992, ma non se ne fece di nulla. Una congiunzione generale dei pianeti fece fissare la data per il settembre 1186. Per il 1198 si attese, insieme alla venuta dell’Anticristo, anche la fine del mondo, ma non si fece vedere nessuno. L’astrologo e alchimista Arnaldo da Villanova pensò di azzeccare la data col 1335.Per il 1524 fu previsto un nuovo diluvio universale dal matematico Stoffler secondo suoi precisi calcoli, dimostrando così che la matematica è veramente un’opinione. Il Regiomontano provò con il 1651. Nulla. Nel Seicento ancora un presbiteriano inglese pubblicò un opuscolo annunciante la distruzione di Roma pel 1666, e la fine del mondo per 45 anni dopo, cioè pel 1711, per questi gravi motivi : il numero della bestia dell’Apocalisse è il 1666; le lettere numerali che formano le parole Alexander episcopus – Romae (Alessandro VII, eletto nel l655), compongono addizionate lo stesso numero 1666.Nel Settecento, un erudito tentò di dare una spiegazione dell’Apocalisse: il numero della bestia segnava il 1810. Nessuno di preoccupò e alla scadenza nessuno verificò. Un altro della stessa epoca, con l’aiuto di calcoli complicati, stabilì che i Gentili si convertiranno nel 2436 e il combattimento di Goga e Magoga avverrà nel 3430. Giovanni Hilden l’attese per il 1715. L’inglese Wiston per l’anno dopo.L’Ottocento è tutto un pullulare di profeti locali che annunciano come imminentissima la fine e muovono sempre meno le preoccupazioni della gente. La profezia più curiosa è quella dell’abate Latour il quale, dopo un esaustivo studio dell’Apocalisse, nel 1868 previde che, essendo già nato l’Anticristo nel 1863 (ma si teneva ancora in incognito) la catastrofe generale sarebbe avvenuta necessariamente alle ore 7 e 3 minuti (antemeridiane) del 17 luglio 1921, sotto il pontificato di Pietro II che sarebbe stato anche l’ultimo della serie. Con la scienza le date si fanno più precise e la russa Krudner, amica dell’imperatore Alessandro prevede l’evento per il 13 gennaio 1919. La comparsa della Cometa di Encke avvalorò la profezia che mise a non pochi la tremarella. I finimondisti moderniNaturalmente oggi non si può più cadere in certe ingenuità se non si vuol diventare fenomeni da baraccone o burattini mediatici e, per soddisfare questa insopprimibile esigenza di prevedere catastrofi imminenti i sagaci finimondisti hanno preso altre strade, facendo partire la minaccia non più dall’esterno, ma dal mondo stesso e più precisamente dall’uomo, così si unisce alla prospettiva apocalittica anche quel bisogno di autoflagellazione, che un tempo si esprimeva in motivi di espiazione, confessione, perdono delle colpe e redenzione dai peccati e prendeva forma in processioni dei flagellanti, pellegrinaggi, penitenze e digiuni. Non solo, ma è implicito in questa colpa un grandioso potenziamento e una apoteosi dell’uomo che, una bomboletta dopo l’altra, seduto nel bagno, sarebbe capace di distruggere e porre fine all’Universo.Il catastrofismo vive comunque con qualche buona ragione: non siamo tanto sconsiderati da sottovalutare i pericoli dell’inquinamento dell’ambiente, della fabbrica d’ordigni dissennati capaci di immani distruzioni, di alterazioni irreversibili dell’equilibrio del pianeta, della distruzione delle specie animali, della deforestazione, di radiazioni o prodotti chimici dalle enormi capacità distruttive, e saremmo lieti che una mano benedetta riuscisse a fermare chi cammina in queste direzioni.Quello che non ha molto senso, anche perché ha gli stessi fondamenti delle vecchie cornacchie medievali e posteriori, è l’interpretazione di tali pericoli in senso catastrofico, talvolta per vendere giornali e fare audience o per pura voglia di fare il profeta di sventure o, peggio ancora, per servire certi interessi che si collegano tanto alla minimizzazione dei pericoli per favorire le industrie, quanto alla loro amplificazione ed esagerazione, per favorire altre industrie che lavorano nel campo della difesa della salute, dell’ambiente e fanno altre lodevoli attività. Così come si fa terrorismo sulle malattie per incanalare l’attenzione sull’uso di farmaci, vaccini, prevenzioni e sfruttamento del prossimo quando avrebbe più bisogno d’essere aiutato.Così restiamo perplessi di fronte a tanto accalorarsi su problemi dei quali l’uomo ha soltanto la presunzione di avere una conoscenza sufficiente per prevederne gli esiti e denunciarne la pericolosità. Leggiamo continuamente su giornali autorevolissime smentite di quanto si va proclamando come verità assoluta. Ricordo che prima della vecchia crisi del petrolio, quando si diffondeva l’automobile, i giornali erano pieni di studi, rilevazioni, proiezioni, dati certissimi e inoppugnabili sul fatto che nelle viscere della terra c’era il petrolio bastante in eterno. Con la crisi del petrolio gli stessi giornali proclamarono che il prezioso liquido era in via d’esaurimento e si fecero le domeniche a piedi. Poi le previsioni cambiarono ancora garantendo un’abbondanza rassicurante. Ora non si sa più a che punto siamo.Ci dicono comunque che il buco dell’ozono distruggerà la terra, ma c’è chi lo considera un fenomeno del tutto naturale legato a particolari condizioni delle zone polari. Però dalla valutazione dell’evento dipendono scelte di enorme costo e importanza nell’attività umana. Il nucleare, un tempo demonizzato e ritenuto assolutamente nefasto, oggi si presenta come meno pericoloso di altre produzioni di energia. La desertificazione è un disastro addebitato all’uomo, ma che molti considerano dipendente anche da cause che vanno ben al di là dell’attività umana. Così il cosiddetto riscaldamento del pianeta, lo scioglimento delle calotte polari.Se seriamente si prende in seria considerazione uno di questi gridi al lupo, ad esempio la previsione dell’aumento del livello del mare, la cosa implica di correre ai ripari riversando nella difesa risorse immense che potrebbero risolvere altri disagi dell’umanità. Sbagliare del tutto la previsione significa gettare tutto al vento, ma anche sbagliare di centimetri significa danni e spese inutili di livello astronomico. Per saperne di piùCredenze popolari sulla Fine del Mondo Secondo le credenze popolari il giorno della fine del mondo sarà preannunciato da diversi segni che sono conosciuti un po’ dovunque, ovvero propri di alcuni luoghi. (vedi Anno Mille).– Quando sarà completamente consumato il piede destro della statua di S. Pietro che si trova in fondo alla navata mediana del Tempio della Cristianità, ormai già consunto dai baci dei fedeli. – Sempre a Roma si vuole che si avvicini il Giudizio Universale quando sarà tornata completamente la doratura che riveste la statua di Marc’Aurelio a cavallo che si trova nella piazza del Campidoglio. – Quando saranno finiti i posti per i medaglioni che ritraggono la serie dei papi nella basilica di S. Paolo a Roma. – Quando cadrà la torre di Pisa. – Quando crollerà il Colosseo.– Quando si spegnerà 1’Etna.– Quando per quaranta anni di seguito non apparirà nel cielo l’arcobaleno: cesserà di piovere e il mondo sarà riarso.– Quando figlieranno gli orci (o gli ziri). – Quando figlieranno le mule. – Quando i fichi faranno i fiori.– Quando a primavera non torneranno più le rondini.– Quando per la carestia gli esseri umani cominceranno a divorarsi tra loro. –- Quando tornerà la cometa di Sodoma e Gomorra.Il tempo qualche secolo faUn bel documento, una sorta di diario: Zibaldone del P. Matteo Pinelli, Priore di Cerliano, pubblicato a cura di Don Sergio Pacciani e mia nel 1997 (Giampiero Pagnini Editore, Firenze – Pubblicazioni dell’Archivio Arcivescovile) raccoglie, insieme a notizie di cronaca e di storia, il resoconto dell’andamento meteorologico, mese per mese, degli anni dal 1606 al 1663. Con meraviglia vi si legge di diverse alluvioni di Firenze da parte dell’Arno, si andamenti climatici quantomeno stravaganti, davanti ai quali i nostri scienziati chi sa quali sventure avrebbero divinato.Per esempio, tra l’altro vi si legge: 1619: Cominciò a nevare a’ 5 di settembre e l’ultima neve venne a’ 19 Aprile.1628: Le stagioni di quest’anno furono stravaganti. Giugno fresco e talvolta freddo: messe neve a’ monti il dì 7.1638: Settembre bello sino a mezzo, poi pioggia spesso e neve a’ poggi all’ultimo.1639: Maggio pioggia desiderata 4 mesi; gran beneficio alle campagne. Poi neve sul 28 a’ poggi.1643: Aprile bello sul primo, poi vento freddo, neve spesso sino al fine.1647: Maggio fresco con acque temperate alle volte, un poco di neve a’ poggi altre volte. Giugno non caldo sino a mezzo, poi pioggia i dì e le notti intere e alle volte freddo con tempesta in Valdarno e neve a’ monti.1648: Maggio a’ 3 neve a’ monti.E così la neve in pieno aprile si trova nel 1658, 1661, 1662, 1663.