Cultura & Società

La XIII Biennale di Firenze: una fucina d’arte, creatività ed ecologia

L’ho girata tutta e mi sono stupita a vedere, oltre a tanti italiani ed europei, espositori dalla Cina, Tibet, India, Nepal, Iran, Azerbaijan, Hong Kong, Singapore, Giappone, Taiwan, Guatemala, Messico, Argentina, Brasile, Colombia, Canada, Usa, Madagascar, Israele, New Zealand, Australia ed altri paesi, ben 65 in tutto, che ho avuto l’impressione di fare il giro del mondo. Splendide le fotografie dei volti femminili della “Razza umana” di Oliviero Toscani, cui è stato consegnato uno dei tre premi alla carriera, attribuiti anche alla regina della moda inglese e opinionista Vivienne Westwood ed all’artista di grande talento Michelangelo Pistoletto.

Dal 23 al 31 ottobre è stato un susseguirsi di eventi e conferenze, a cominciare dall’inaugurazione presieduta del presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani, ed altre alte cariche cittadine.

Jacopo Celona, direttore generale della Florence Biennale ha dichiarato: “Anche per noi la pandemia è stata un problema, ce l’abbiamo fatta ma per un pelo perché ci abbiamo creduto e anche gli artisti. Sono stati proprio loro a dirci di continuare perché volevano partecipare, volevano che la Biennale ci fosse. La Cina e gli stati del Sud America, i colpiti dal covid, saranno presenti in percentuale minore rispetto alla scorse edizioni, ma comunque qualcuno è riuscito a venire”. Ha poi aggiunto: “Il segnale positivo e di voglia di rinascere è molto forte, infatti tutti i Paesi hanno già confermato il loro impegno per il 2023”.

Il tema di questa XIII edizione è stato “Eternal Feminine Eternal Change Concepts of Femininty in Contemporary Art and Design”, un argomento che investe il mondo policromo e multiforme della femminilità.

Fra gli eventi in programma quello più coinvolgente è stata la performance di Pistoletto e Angelo Savarese con la creazione nel padiglione Cavaniglia, del Terzo Paradiso “La bandiera del Mondo 1+1=3”. Bellissimo unire tutte le tele ad olio, con l’aiuto del pubblico, quando l’installazione è stata completata rappresentava un messaggio di pace per l’umanità.

Ho visto altri due magnifici Terzo Paradiso ad Assisi dove Pistoletto, con il Fai, aveva installato nel 2010 fuori dalle mura, nel “Bosco di San Francesco”, un monumentale Terzo Paradiso composto da un doppio filare di 160 ulivi. Poi sempre ad Assisi, a dicembre 2019, ho passeggiato nel “Bosco incantato”, un Terzo Paradiso allestito nella piazza principale, davanti al Tempio di Minerva, di epoca augustea, poi trasformato nella chiesa di Santa Maria sopra Minerva.

Era costituito da alberi di varie specie botaniche tipiche del territorio del monte Subasio, tra cui cipresso, acero, olivo, alloro, biancospino, che poi alla fine delle feste sarebbero stati piantati per il rimboschimento dei dintorni di Assisi, con vero spirito ecologista. Recentemente si è conclusa a Glasgow la Cop26, la conferenza sul clima, decisiva per il futuro del pianeta, per questo il messaggio dell’opera di Pistoletto per la salvaguardia del pianeta Terra è importante e così la descrive:

“Un’opera che è la fusione tra il primo ed il secondo Paradiso. Il primo è il Paradiso in cui la vita sulla terra è totalmente regolata dalla natura. Il secondo è il Paradiso artificiale, sviluppato dall’intelligenza umana attraverso un processo che ha raggiunto oggi proporzioni globalizzanti. Il progetto del Terzo Paradiso consiste nel condurre l’artificio, cioè la scienza, la tecnologia, l’arte, la cultura e la politica a restituire vita alla Terra. E’ il nuovo mito, che porta ognuno ad assumere una personale responsabilità in questo frangente epocale. Con il nuovo segno d’Infinito, si disegnano tre cerchi: quello centrale rappresenta il grembo generativo del Terzo Paradiso”.

Ma torniamo all’evento che aveva creato le maggiori aspettative: la conferenza con Pistoletto, Toscani e Westwood nel teatro del padiglione Spadolini, per dialogare con il pubblico su “arte e non solo”, che purtroppo ha avuto problemi di traduzione, con interventi troppo lunghi e quindi non perfettamente traducibili dall’interprete. Francamente ho trovato l’ottantenne Westwood invadente nei confronti degli altri due premiati alla carriera.

Oliviero Toscani ha dichiarato che: “Noi siamo una piccola minoranza in questo mondo civile e sono personalmente imbarazzato di appartenere alla razza umana”. Poi ha fatto alcuni esempi sugli effetti dell’immigrazione: “In Svizzera circa il 25% della popolazione è migratoria, Francia, Germania ed altri paesi nel secondo dopoguerra sono cresciuti tramite l’immigrazione. Parlando poi dell’istruzione ha affermato: “La democrazia parte dalla scuola. Sono qui che voglio vedere coraggio, entusiasmo, proposte, idee anche immorali”.

Westwood ha iniziato parlando del fatto che occorre comprare prodotti di qualità e cambiare completamente la nostra visione di vita. Poi ha proseguito elencando alcuni comportamenti necessari per concludere affermando che: “Bisogna guardare a un’economia che distribuisca equamente le ricchezze della terra”.

L’intervento di Pistoletto è partito dalla Cittadellarte, fondata negli anni ’90 a Biella sua città natale, che è una “fabbrica di cultura come tessuto sociale”. Ha richiamato al pubblico: “Il Manifesto del 1994, con l’impegno per mettere l’arte come movimento di pensiero, per rendere il mondo più sostenibile. Ma la Cittadellarte è un’università delle idee per una sostenibilità della vita del pianeta”. Poi rivolgendosi alla Westwood ha osservato che anche la moda deve essere sostenibile”.

E’ intervenuto Toscani per rispondere a Pistoletto: “Ho fondato a Treviso lo spazio Fabrica che accoglie giovani, che non abbiano più di 25 anni, di tutto il mondo per dargli la possibilità di fare esperienza nella comunicazione contemporanea”.

Vivienne Westwood ha subito replicato: “Dovete giovani cambiare il vostro modo di vivere, per tornare a uno stile di vita più semplice. Ritorniamo a leggere libri”.

Il fotografo Toscani ha insistito sul fatto che: “Diciamo tutti la stessa cosa, ma c’è un problema di comunicazione”.

Pistoletto ha fatto poi un intervento che ha suscitato il plauso del pubblico: “Ognuno di noi vede i problemi del mondo, ma non dobbiamo solo continuare a denunciare, occorre organizzarsi anche in piccoli gruppi attivi, per fare delle proposte concrete. Dobbiamo collaborare anche noi anziani, perché abbiamo esperienza, impegnarci per rigenerare il sistema di energia della terra. Noi abbiamo la ‘demopraxia’, per realizzare l’antico progetto della democrazia con la pratica e organizzare i cambiamenti. I giovani non devono fare tutto”.

Putroppo l’affollatissima conferenza è finita per i citati problemi di traduzione, dato che giustamente Pistoletto aveva espresso perplessità sulla non corretta traduzione dei suoi interventi. Sono riuscita a parlargli dopo la chiusura, lui nato a Biella è piemontese come me vercellese, mi sono complimentata per le sue opere. Abbiamo conversato sui due Terzo Paradiso realizzati ad Assisi. Davvero un grande maestro, aperto al dialogo, che a 88 anni ancora ha tanto da insegnare.

Parlando degli artisti che hanno esposto opere nel padiglione Spadolini, ho apprezzato gli stand di gioielli originali, quello di MuDeTo con divani, sedie, poltrone e oggetti d’arredo moderni, ma raffinati. Mi hanno colpito le innumerevoli figure e volti di donna, collegati al tema della Biennale, che ben rappresentano le culture dei diversi continenti. Purtoppo non posso citarli tutti, ma vale la pena acquistare il catalogo, edito da Mondadori, di ben seicento pagine, molto curato nei testi, ma soprattutto nella fedele riproduzione delle immagini.

Per la fotografia, di cui sono appassionata, ho già citato all’inizio la “Razza umana” di Toscani, ma ho trovato straordinarie anche le foto di Flora Borsi, ungherese, che ha vinto l’International Open Call Competition, Premio Fotografia. Uno dei suoi scatti di volti di donna, con su un lato uccelli ed altri animali, è stato scelto come immagine della biennale nei manifesti e cartelline per la stampa.

Il padiglione Cavaniglia, allestito da Fortunato D’Amico, curatore artistico indipendente, che collabora da anni con la Cittadellarte di Pistoletto, mi è piaciuto molto. D’Amico ha presentato un progetto nuovo e particolare, dal titolo “Eternal Feminine Eternal Change”, che come ho detto è stato il tema centrale della Biennale.

Al centro dell’esposizione il Terzo Paradiso “La bandiera del Mondo 1+1=3”, davvero bello e significativo. Fra le opere del padiglione si distinguono le problematiche legate all’universo femminile, ma anche alle differenze culturali e di genere. Ho visto le installazioni di oltre 60 artisti, selezionati dal curatore in chiave interdisciplinare e multiculturale, che hanno realizzato opere inerenti alle tematiche sociali, economiche ed ambientali, esplorate da diversi punti di vista. D’Amico nella scelta dei partecipanti all’esposizione ha collaborato con il Centro internazionale Antinoo per l’arte – Centro documentazione Marguerite Yourcenar e con la fondatrice dell’associazione, che ha sede a Roma, Laura Monachesi.

Sono stata felice di vedere che una delle prime socie la scultrice Paola Crema, scomparsa recentemente, è stata insignita dalla Biennale di Firenze del “Premio alla carriera in memoriam”. Splendida la sua opera in bronzo ‘Klefticò’, una fusione dell’uomo con le foglie di cui è ricoperto, che D’Amico nel catalogo ha definito: “Scultura che esprime nel linguaggio metamorfico dell’artista lo spirito sensuale di un riverberante aspetto umano nella Natura”.

Sullo sfondo si vede un albero in materiale tessile di Maria Francesca Rodi, che dialoga con le foglie di ‘Klefticò’. Mi piace il titolo scelto ‘Alberi siamo tutti’, perché dovremmo vedere gli alberi come fratelli, donati dalla Madre Terra, amarli e difenderli, perché loro sono per noi vitali e la deforestazione sta provocando danni irreparabili sul clima. La ‘Foresta’ di tronchi nodosi, alberi abbattuti e anneriti dal tempo o dai roghi, senza più le fronde, di Maria Cristina Carlini, è un triste presagio e un ammonimento.

Ho ammirato la sensibilità di D’amico che, a poca distanza, ha esposto: ‘Ecce Corpus’ (Ibridazioni), un’inquietante scultura del marito di Paola Crema, Roberto Fallani, architetto, designer e geniale artista. A metà fra il robot e l’essere umano, con lunghe gambe in metallo nero, che sono sovrastate da un corpo che sembra provenire dalla galassia. E’ tutto proteso in avanti, col ventre pronunciato, questa calva creatura sembra essere partorita da un gigantesco uovo, assemblato con pezzi di finta pelle, e un buco da cui fuoriesce un drappo rappresentante la placenta, opera di Andrea Cereda, dal titolo ‘Gestazione’. Mi chiedo se sarà questa la nostra trasformazione, fra duemila anni, se non salviamo con urgenza il sofferente pianeta Terra.

Laura Monachesi, del Centro internazionale Antinoo per l’arte – Centro documentazione Marguerite Yourcenar ha messo in contatto D’Amico con la prof.ssa Françoise Fiquet, dell’Università di Parma, una delle massime esperte mondiali della Yourcenar, che ha tenuto una conferenza di grande interesse sul tema: “La sensibilità ecologica di Marguerite Yourcenar”, in collegamento tematico con le opere del padiglione Cavaniglia. Pochi conoscono il grande impegno per il rispetto della natura e per la causa ecologica della scrittrice franco-belga, prima donna al mondo ad essere ammessa nella prestigiosa Académie Française nel 1980.

La Fiquet, che è stata presentata al pubblico da Fortunato d’Amico, nella relazione ha messo in evidenza come pochi mesi prima della morte, avvenuta il 17 dicembre 1987, la Yourcenar partecipò alla Quinta Conferenza di Diritto Costituzionale sul tema: “Il diritto alla qualità dell’ambiente: un diritto in divenire, un diritto da definire”, (Québec, settembre 1987). Fu il suo ultimo intervento pubblico in cui pronunciò una frase profetica: “Se l’umanità continua a violentare la terra, si troverà in estremo pericolo e forse ad un punto di non ritorno”.

Proseguendo nel suo intervento Françoise Fiquet ha posto l’attenzione su come, già a quell’epoca, la scrittrice fosse ben cosciente dello sfruttamento operato dall’uomo delle risorse della terra: “Ma si assiste oggi ad una accelerazione preoccupante del fenomeno, che viene evocata alla fine di Archivi del Nord, del 1977, in un passo che è una vera denuncia della follia umana”.

A distanza di quarantaquattro anni quello che la Yourcenar scrisse è da tenere bene a mente, sono affermazioni di una realtà agghiacciante, lei aveva previsto il tragico futuro in cui noi ora viviamo, lungimirante la professoressa Fiquet ad aver posto l’accento su questo brano di una scrittrice straordinaria:

 

“Centinaia di specie animali riuscite a sopravvivere fin dal tempo della giovinezza del mondo, in pochi anni saranno annientate per motivi di lucro o per semplice brutalità; l’uomo sradicherà i suoi propri polmoni, le grandi foreste verdi. L’acqua, l’aria, e lo strato protettivo di ozono, prodigi quasi unici che hanno permesso la vita sulla terra, saranno contaminati e dispersi. Si afferma che in certe epoche Shiva danzi sul mondo, abolendo le forme. Ciò che oggi danza sul mondo è la stupidità, la violenza e l’avidità dell’uomo”.

 

Ammiro profondamente la Yourcenar per queste sue profetiche parole, che devono far riflettere tutte le Nazioni, ma anche noi singolarmente e indurci a modificare i nostri stili di vita, rendendoli più sostenibili per il pianeta, prima che sia troppo tardi.