Vita Chiesa

L’altra metà del Concilio

Anche le donne sono state invitate al Concilio?» chiese una giovane teologa, Josefa Theresia Münch, durante una conferenza stampa per i giornalisti tedeschi alla vigilia del Vaticano II. «No, ma è confortante! Al Concilio Vaticano III le donne saranno certamente presenti!», rispose con una battuta il vescovo ausiliare di Limburg, Walter Kampe, direttore del centro stampa tedesco. E una vignetta apparsa sul quotidiano francese Le Monde rilanciò la domanda: «Dove sono le donne?».

A Concilio in corso, alcuni cardinali chiedevano pubblicamente di accogliere contributi femminili alla discussione e alla revisione dei documenti conciliari. Una proposta che creava però timori e apprensione in molti altri cardinali (che si opponevano richiamando il divieto paolino in 1Cor 14,34 «Le donne tacciano in assemblea»). Favorevole invece il cardinale belga Léon-Joseph Suenens che, rivolgendosi agli altri 2.500 padri conciliari, chiese: «Dov’è l’altra metà della Chiesa?». Insomma, le attese e le pressioni stavano lievitando. Infine, l’8 settembre del 1964, due anni dopo l’apertura del Concilio, avvenuta l’11 ottobre 1962, Papa Paolo VI (nel frattempo succeduto, nel 1963, a Giovanni XXIII che indisse il Vaticano II) annunciò ufficialmente la presenza di uditrici, mentre si apriva la terza delle quattro sessioni conciliari. Ma, pur citate nei saluti iniziali all’avvio dei lavori, le uditrici ancora non erano apparse. Superate burocrazie e ultime resistenze ecco che, due settimane dopo l’annuncio, il 25 ottobre del 1964 entrò in aula la prima donna uditrice, la francese Marie-Louise Monnet.Tra la terza e la quarta sessione conciliare, dal settembre 1964 all’agosto del 1965, le donne chiamate saranno in tutto 23: 10 religiose e 13 laiche, provenienti da 14 Nazioni, scelte prevalentemente secondo criteri di internazionalità e di rappresentanza. Tra le più conosciute, le laiche Rosemary Goldie, australiana, segretaria esecutiva del Comitato permanente dei congressi internazionali per l’apostolato dei laici, e l’italiana Alda Miceli, presidente del Centro Italiano Femminile (CIF) e presidente nazionale delle Missionarie della Regalità di Cristo, tra le figure più rappresentative del laicato cattolico italiano del XX° secolo. Ai lavori del Vaticano II parteciparono anche una ventina di esperte, tra le quali l’economista Barbara Ward e la pacifista Eileen Egan.

Nelle intenzioni di molti padri conciliari, la presenza delle donne uditrici doveva avere carattere perlopiù simbolico: non avevano diritto di parlare, dovendo rispettare l’ordine di tacere nelle assemblee generali (anche le esperte non potevano leggere le proprie relazioni, erano i vescovi a farlo). Invece, le 23 uditrici diedero contributi importanti, partecipando attivamente in varie commissioni dove si definivano gli schemi preparatori dei documenti conciliari (in particolare per la costituzione Gaudium et Spes, dove si legge che ogni genere di discriminazione è contrario al disegno di Dio), contribuendo al sorgere di una nuova stagione di promozione della donna nella Chiesa. Al termine del Concilio, l’8 dicembre 1965, Paolo VI inviò brevi messaggi a governanti, intellettuali, artisti, lavoratori, poveri, ammalati, giovani. Così si rivolse alle donne: «…l’ora è venuta, in cui la vocazione della donna si completa in pienezza…».

Pur non sempre evidente, pur sofferto e lento, il seme del cambiamento gettato al Concilio fu comunque irreversibile. Tra le conquiste rilevanti per le donne, frutto conciliare, spicca il loro accesso alle facoltà di Teologia (con conseguente arricchimento della riflessione teologica contemporanea, anche nel campo dell’esegesi biblica). L’americana Mary Daly alla fine degli anni Cinquanta, invece, dovette studiare in Svizzera, dove si laureò a Friburgo, perché negli Stati Uniti a quel tempo nessuna università concedeva il dottorato di teologia alle donne.

A quel coraggioso drappello di 23 «pioniere», che segnarono una pietra miliare nella storia della Chiesa cattolica, il Cif regionale toscano, con rete di associazioni laicali e patrocinio del Cesvot, ha dedicato il ben riuscito convegno «Ventitré donne al Concilio Vaticano II», che si è svolto sabato scorso al «Regina Mundi» di Calambrone (Pisa), moderato dalla giornalista Anita Leonetti e concluso con la celebrazione eucaristica presieduta dal Vescovo di Livorno Simone Giusti.

Numerose e ricche le relazioni: si sono succedute Maria Letizia Gaudenzi (presidente CIF Regione Toscana), Maria Pia Campanile Savatteri (presidente CIF nazionale), che ha tratteggiato la presenza della donna nella società e nella Chiesa; poi Barbara Pandolfi (docente di Teologia Dogmatica all’Istituto Niccolò Stenone di Pisa), che ha parlato su «Il Concilio Vaticano II e le donne», e Adriana Valerio (storica e teologa, docente di Storia del Cristianesimo e delle Chiese all’Università Federico II di Napoli), che ha presentato il suo libro «Madri del Concilio», pubblicato nel 2012 in occasione del 50° anniversario dell’inizio del Vaticano II.

Iniziativa meritoria quella del CIF, senza intenti di rivendicazione ma tendendo piuttosto a porre in giusta considerazione il contributo femminile al cammino della Chiesa, da conoscere e rilanciare, anche verificando come è progredito nel corso di questo mezzo secolo post conciliare.

Barbara Pandolfi ha definito «evento storico e profetico quella presenza delle donne al Vaticano II», citando alte figure di donne del passato che hanno inciso fortemente nella storia della Chiesa. Nel passato remoto come Caterina da Siena, nominata dottore della Chiesa proprio da Paolo VI, il Pontefice che durante il Concilio Vaticano II proclamò Maria Vergine «Madre della Chiesa»; e poi Santa Teresa d’Avila e Santa Teresa di Lisieux, solo per citarne alcune, per giungere nel XX° secolo a Edith Stein (proclamata santa e compatrona d’Europa da Papa Giovanni Paolo II) fino a Chiara Lubich. Dunque, evento storico perché dopo duemila anni le donne erano finalmente presenti in un evento istituzionale e in un luogo di decisione della Chiesa Cattolica quale è il Concilio. Profetico perché ha aperto al futuro il progredire del contributo delle donne al cammino ecclesiastico (nei decenni successivi, per esempio, le donne sono state chiamate a partecipare a varie commissioni pontificie).

Quegli squarci aperti al Vaticano II («la Chiesa come popolo di Dio non poteva non far spazio alla sapienza delle donne»), pur ampliando ambiti di partecipazione e riconoscendo valore e «genio femminile», non si sono ancora del tutto spalancati, ha annotato la Pandolfi, ma certo nelle donne è cresciuta la consapevolezza della propria dignità di persona. Superando l’appartenenza di genere (quello «specifico femminile» che rischia di escludere invece di includere), rifiutando di essere relegate nei ruoli tradizionali di figlie, spose e madri (o, per le religiose, quello di essere impegnate nei soli servizi di cura e assistenza), capaci invece di esprimere in pienezza talenti e capacità. E le 23 uditrici l’hanno dimostrato, in abiti neri e con il capo coperto in tutte le foto ufficiali.

Ecco le «madri conciliari» che hanno contribuito a rinnovare la Chiesa

Chi erano le 23 donne uditrici presenti al Vaticano II? Lo rivela, con rigore accademico quanto a fonti e citazioni, ma con godibile stile divulgativo, il bel libro della teologa e docente universitaria Adriana Valerio intitolato «Madri del Concilio» (Carocci Editore, già ristampato, e tradotto anche in portoghese), con prefazione di Marinella Perroni, presidente del Coordinamento Teologhe Italiane. Un titolo che, spiega l’autrice, si contrappone benevolmente al termine «padri conciliari» riferito ai partecipanti del grande evento ecclesiale. E per segnare, appunto, la grande novità storica senza precedenti costituita dalla presenza di quel piccolo, ma significativo, drappello femminile. Spiega Adriana Valerio: «Ho attinto a fonti, documenti, testimonianze, consultando l’Archivio Segreto Vaticano e il Pontificio Consiglio per i Laici, ma i risultati fondamentali sono giunti dai materiali delle congregazioni religiose e delle associazioni cui appartenevano le uditrici». Che erano esponenti di vertice, a livello nazionale e internazionale, di congregazioni e ordini religiosi e, tra le laiche, di associazioni e movimenti cattolici di rilievo, tra le quali due vedove di guerra.

I nomi. Uditrici religiose: Mary Luke Tobin (USA), Marie de la Croix Khouzam (Egitto), Marie Henriette Ghanem (Libano), Sabin de Valon (Francia), Juliana Thomas (Germania), Suzanne Guillemin (Francia), Cristina Estrada (Spagna), Costantina Baldinucci (Italia), Claudia Fiddish (USA), Jerome M. Chimy (Canada). Uditrici laiche: Pilar Belosillo (Spagna), Rosemary Goldie (Australia), Marie-Louise Monnet (Francia), Amalia Dematteis vedova Cordero Lanza di Montezemolo (Italia), Ida Marenghi Miceli vedova Grillo (Italia), Alda Miceli (Italia), Luz Marìa Lngoria con il marito José Alvarez Icaza Manero (Messico, ebbero 13 figli), Margarita Moyano Llerena (Argentina), Gertrud Ehrle (Germania), Hedwing von Skoda (Cecoslovacchia-Svizzera), Catherine McCarty (USA). L’olandese Anne Marie Roeloffzen e l’uruguaiana Gladys Parentelli sono viventi.