Dossier

L’avventura del Sinodo sulla famiglia, nello Spirito dell’unità

L’esperienza sinodale – alla quale ho avuto l’onore di prendere parte come esperto, fin dal suo inizio e in tutte le sue fasi – merita di essere inquadrata nel suo svolgimento almeno per sommi capi. Il percorso preparatorio. Quello appena conclusosi è stato un percorso sinodale durato due anni, lungo i quali la Chiesa intera ha camminato insieme alle famiglie di tutto il mondo: per rallegrarsi con coloro che sperimentano la gioia di vivere una riuscita esperienza familiare, e per infondere nuova fiducia e speranza in quelli che soffrono per le ferite del fallimento.

L’avventura del Sinodo sulla famiglia ha inizio l’8 ottobre 2013, quando Papa Francesco decide di convocare la III Assemblea Generale Straordinaria del Sinodo dei Vescovi su Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione. Considerata l’ampiezza e la complessità del tema, il Papa stabilisce un itinerario di lavoro in due tappe, che costituisce un’unità organica. Nell’Assemblea Generale Straordinaria dell’ottobre 2014, i Padri sinodali valuteranno e approfondiranno i dati, le testimonianze e i suggerimenti delle Chiese particolari, al fine di rispondere alle nuove sfide sulla famiglia. La XIV Assemblea Generale Ordinaria del 2015, maggiormente rappresentativa dell’episcopato, innestandosi sul precedente lavoro sinodale,  rifletterà ulteriormente sulle tematiche affrontate per individuare adeguate linee operative pastorali.

Nel novembre 2103, su decisione del Consiglio Ordinario del Sinodo, presieduto dal Papa, la Segreteria Generale inizia la preparazione con il l’invio del primo questionario, che è parte integrante del Documento Preparatorio. L’ampio riscontro ecclesiale, espresso dalle risposte pervenute dalle Chiese locali di tutto il mondo, viene raccolto nel primo Instrumentum Laboris pubblicato nel mese di giugno 2014. Frutto dell’Assemblea Straordinaria celebrata nell’ottobre successivo è la Relatio Synodi, votata ad ampia maggioranza (che non raggiunge però i due terzi in tre numeri), la quale, insieme all’omelia tenuta dal Papa nella Messa di apertura e il suo discorso conclusivo, costituisce il frutto del Sinodo. Alla Relatio Synodi viene poi allegato un secondo questionario ed inviata alle Conferenze episcopali come Lineamenta per l’Assemblea successiva.

Il periodo intersinodale è caratterizzato da una fervida attività di riflessione e di studio, di recezione ed approfondimento a livello mondiale, i cui risultati confluiscono nel successivo Instrumentum Laboris col titolo del Sinodo: La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo. Su questo testo base, approvato dal consiglio Ordinario del Sinodo, alla presenza del Papa, si svolgono i lavori sinodali, che si protraggono per tre settimane, ognuna dedicata ad una della tre parti del documento. Il Papa insiste che si tenga fermo questo testo – pur nella sua non perfetta linearità – proprio in quanto espressione del cammino percorso dai Padri sinodali e dalla Chiesa intera, e come tale necessario punto di partenza per un ulteriore confronto. 

All’interno di questo processo, il lavoro degli esperti – secondo le norme dell’Ordo Synodi Episcoporum – è quello di affiancare il Segretario Speciale nella redazione di tutti i documenti, che poi saranno letti dal Relatore Generale. La Relazione Finale viene quindi consegnata al Papa che decide come utilizzarla. Per tale ragione, oggi si attende l’intervento del Papa, che stabilirà come dare seguito ai risultati del Sinodo.Il clima dei lavori sinodali. Per ognuna delle tre settimane, gli interventi in aula e la discussione nei circoli minori hanno scandito i lavori dell’Assemblea Ordinaria. I 260 Padri presenti sono intervenuti in aula, ciascuno per tre minuti su un punto dell’Instrumentum Laboris, consegnando alla Segreteria il testo. Gli esperti hanno quindi sintetizzato i contributi pronunciati, mettendoli a disposizione dei tredici circoli minori, suddivisi per lingue (inglese, spagnolo e portoghese, francese, italiano, tedesco), dove i Padri si sono confrontati sui temi delle rispettive sezioni del documento, alla presenza di uditori, delegati fraterni ed esperti. Il Papa è stato sempre presente alle Congregazioni generali – con i Padri riuniti aula per gli interventi programmati e nell’ora di interventi liberi. La libera e franca discussione, gli apporti personali, la vivacità del confronto hanno caratterizzato il lavoro quotidiano: appassionato, faticoso, complesso. Gli emendamenti al testo base – detti «modi» – sono stati votati all’interno di ciascun circolo minore, condotto da un Moderatore e un Relatore eletti dal circolo stesso. La Commissione nominata dal Papa li ha esaminati e ha deciso quali accogliere. Alcuni esperti hanno redatto il testo, in tre fasi successive, fino a comporre il progetto di Relazione Finale che, dopo ulteriore discussione e gli emendamenti proposti in aula, è stato presentato all’assemblea per la votazione e poi consegnato al Papa, che ne ha deciso la pubblicazione immediata. Due fondamentali sensibilità hanno caratterizzato il clima dei lavori. Da una parte, il coraggio di rivolgersi al mondo con la fiducia nel Vangelo della famiglia, buona notizia per tutti, a partire dalle famiglie che hanno il dono di corrispondere fedelmente alla propria vocazione e missione. Ma anche buona notizia che valorizza  e discerne con cura ciò che di buono è presente in tre tipi di unioni più complesse: quelle incompiute, che sono le convivenze; quelle imperfette, dei matrimoni civili; quelle ferite, dei divorziati risposati. La questione delle persone con tendenza omosessuale non ha ricevuto grande attenzione, se non quando si è trattato di problematiche presenti all’interno delle famiglie. Dall’altra parte, vi è stata una sensibilità più cauta: concentrata sul profilo ideale di famiglia a cui tendere, timorosa di veder pregiudicata l’indissolubilità matrimoniale, preoccupata di una eventuale confusione nel popolo di Dio qualora non si ribadissero i confini dottrinali. Il documento che l’aula ha votato e approvato quasi all’unanimità (oltre i due terzi) ha raccolto il contributo di tutti, con un linguaggio nuovo, senza estremismi.Lo Spirito santo e l’unità della Chiesa. «Tanti di noi hanno sperimentato l’azione dello Spirito santo, che è il vero protagonista e artefice del sinodo». Sono le parole conclusive del discorso di Papa Francesco, al termine dei lavori dell’assemblea, che esprimono il senso intimo e profondo di questo avvenimento. Se non si fosse trattato di docilità all’opera dello Spirito, nello spazio protetto del sinodo, ove i Padri si sono confrontati in modo aperto e costruttivo, potrebbe apparire legittima qualsiasi interpretazione sociologica dei suoi risultati. Invece è davvero avvenuto ciò che il popolo di Dio – in preghiera costante, pubblica e silenziosa – ha domandato al Signore: la luce dello Spirito nella mente e nel cuore dei pastori. Chi di noi al Sinodo non ha ricevuto messaggi con il discreto e sofferto invito a fare il meglio possibile per le famiglie, e non solo per quelle ferite? Quante persone ci hanno assicurato la preghiera, invece di domandarcela, come di solito avviene? Questo è stato il vero Sinodo fuori dal Sinodo, non quello dei media. Grazie a questo affidamento allo Spirito, condiviso da sinodali e da fedeli, si affaccia per la Chiesa una nuova stagione di vita, vita disposta alla conversione, al perdono e alla riconciliazione, alla vigilia ormai del Giubileo straordinario della misericordia. La compagine sinodale ha dato testimonianza di unità dottrinale nella pluralità pastorale. Di questa sana prova di collegialità tutto il Popolo di Dio può rallegrarsi, riconoscendo nella stretta unione tra il Papa e i Vescovi il segno eloquente della comunione gerarchica, senza temere alcuna confusione. La famiglia cristiana costituita sacramentalmente da un uomo e una donna – che all’amore di Dio credono e affidano la loro unione fedele e feconda – ha ricevuto dai Padri sinodali la promessa di una rinnovata cura pastorale, unitaria nei contenuti e differenziata nelle situazioni. La Chiesa uscita dal Sinodo è maturata nell’unità attraverso la valorizzazione della pluralità, che non è minaccia, ma ricchezza. La garanzia dell’unità – lungi dalla limitazione della libertà e dal timore della dispersione – viene dalla comunione gerarchica che l’episcopato cattolico ha col Successore di Pietro e Vescovo di Roma.*Maurizio Gronchi, prete della diocesi di Pisa, è professore ordinario di cristologia alla Pontificia Università Urbaniana in Roma, consultore della Congregazione per la Dottrina della Fede e consultore del Sinodo dei Vescovi; ha partecipato come esperto ai due Sinodi sulla famiglia