Italia

Le centrali nucleari? «Migliori del carbone»

di Andrea Bernardini

L’idea di nuovi impianti nucleari non spaventa, ma anzi, galvanizza i radioprotezionisti italiani, la cui associazione, Airp, celebra in questi giorni il congresso a Pisa. I tecnici sono impegnati, in questi mesi, nello smantellamento delle vecchie centrali di prima generazione di Latina, Garigliano (Formia), Caorso (Piacenza), Trino Vercellese (Vercelli). «E certo – osserva Giorgio Curzio, docente di misure nucleari all’ateneo pisano – non ci spaventerebbero centrali di terza o quarta generazione».

Il convegno pisano ha messo insieme le competenze di fisici, medici del lavoro, biologi, igienisti, geologi, ingegneri, chimici, periti industriali, oggi impegnati in enti pubblici e privati quali l’Enea, l’Istituto superiore della sanità, le università, i Cnr, per rispondere a una domanda di base: come possiamo proteggerci dalle radiazioni naturali – del sole, delle stelle, della terra – o da quelle artificiali – emanate da dispositivi antincendio, linee elettriche, telefoni cellulari? Di più: da tutte quelle radiazioni ionizzanti, derivanti, ad esempio, da fissione nucleare? Riflettori puntati, ovviamente, soprattutto sugli impianti nucleari. Il Ministro Claudio Scajola ha annunciato che la costruzione di nuove centrali è una priorità del Governo.

Ma possiamo stare tranquilli per la nostra salute? «Oggi nel mondo ci sono centinaia di impianti nucleari che non danno alcun problema alla gente» dice a Toscana Oggi il professor Curzio. I detrattori del nucleare sostengono che gli impianti hanno però vita breve… «L’esperienza di paesi come la Svezia o la Germania ci insegna come si sia molto allungata l’aspettativa di vita delle centrali cosiddette di seconda generazione. Ed oggi si parla di impianti tecnologicamente assai più avanzati». Impianti sicuri? «Impianti intrensicamente stabili, cioè capaci di autocontrollo: se il loro funzionamento è irregolare, si spengono da soli».

Lo spettro di Cernobyl dunque può essere definitivamente allontanato? «La tragedia di Cernobyl si verificò per una catena di errori umani oggi irripetibili. E l’aggravante che all’interno di quell’impianto i tecnici fecero dei veri e propri esperimenti. Operando correttamente e condividendo – come si fa regolarmente in Europa – le tecnologie, quella storia non si ripeterà mai più». Già, ma quando si tratterà di smantellarli? Il professor Curzio ci illustra le attività di smantellamento oggi in corso in alcune ex centrali italiane: la carica radioattiva è lasciata decadere finché i singoli elementi possono essere stoccati in sicurezza. Conclude il professor Caresana, ricercatore al politecnico di Milano : «Un deposito radioattivo è assai più gestibile, ad esempio, di un impianto a carbone».

L’esempio più eclatante viene dalla Cina, dove ogni giorno viene inaugurato un nuovo impianto a carbone: «l’emissione di anidride carbonica è incessante e incontrollata. La gente vive con una cappa di fumo sulla città. Ma il Paese, che ha assoluto bisogno di energia per lo sviluppo, non può permettersi di considerare questo aspetto».

LA SCHEDA

Chi sono gli uomini che ci proteggono dalle radiazioniE’ l’8 febbraio del 1958 quando a Torino, nella sede della Società Editrice Minerva Medica si tiene il primo simposio dei radioprotezionisti italiani. La riunione è promossa da un gruppo di fisici e di medici che si interessano di protezione dalle radiazioni. L’incontro si conclude con la proposta di costituire una associazione di fisica sanitaria. L’Aifs nascerà pochi mesi dopo, il 7 giugno, a Pisa, dove sarà convocato un primo convegno di carattere scientifico. In quegli anni l’attenzione del pubblico era monopolizzata dalla bomba atomica, ma risentiva degli entusiasmi indotti dal programma degli Stati Uniti «atomi per la pace» (chi non ricorda le batterie Urania il cui nome deriva appunto da questa… euforia?) e dalle prospettive degli impieghi pacifici dell’energia nucleare e delle applicazioni della fisica nucleare nei settori della medicina, dell’industria e della ricerca. L’Italia si avviava a diventare il terzo paese del mondo per numero di impianti nucleari e per potenza elettrica nucleare installata, mentre le esperienze dirette del pubblico con le radiazioni si limitavano alle radiografie e alla terapia con radiazioni da sorgenti radioattive o con generatori di raggi X. Gli studiosi e i tecnici che utilizzavano questi strumenti avvertirono la necessità di condividere le conoscenze in nome della loro sicurezza e di quella degli utenti. Oggi il nucleare – e la sua sicurezza – sono tornati argomento di pubblico dibattito e, insieme ad esso, la presenza di radiazioni nelle più comuni esperienze quotidiane (un esempio su tutti: la telefonia). Nel frattempo il progresso scientifico ha fatto passi da gigante e la radioprotezione si è evoluta insieme all’introduzione di nuove tecnologie.