Italia

Le settimane sociali tornano in Toscana

Mille delegati, 65 vescovi, 160 diocesi rappresentate, 150 giornalisti accreditati, 180 volontari coinvolti, 32 relatori e sei sessioni di lavoro, un comitato scientifico organizzatore di 12 esperti. Questi i numeri della 45/a settimana sociale dei cattolici italiani ( i lavori in diretta), che si terrà dal 18 al 21 ottobre, a Pistoia e Pisa, a cento anni esatti dalla nascita di questo appuntamento dei cattolici italiani, il primo dei quali si svolse a Pistoia nel 1907. “Il bene comune oggi, un impegno che viene da lontano” è il titolo scelto per la 45/a Settimana, come hanno illustrato martedì 16 ottobre, in una conferenza stampa presso la Radio vaticana, il presidente del comitato scientifico e vescovo di Ivrea, mons. Arrigo Miglio, il presidente emerito della Corte Costituzionale Cesare Mirabelli e Stefano Zamagni, ordinario di Economia all’università di Bologna. Ecco la nostra sintesi dei lavori

“I laici cattolici – ha affermato mons. Miglio – vivono a pieno titolo il loro inserimento ecclesiale, ma anche lo status di cittadini del nostro Paese. Hanno una loro autonomia: i vescovi chiedono loro di essere fedeli ai valori fondamentali del cristianesimo, non solo perché la fede sia annunciata senza riduzionismi, in maniera intimistica, ma anche perché il Vangelo è salvezza per tutto l’uomo, e come tale implica un impegno non solo nel sociale, ma anche nel politico”.

Per Miglio, “quando i vescovi chiedono l’impegno per i principi non negoziabili lo fanno per salvaguardare la completezza del Vangelo, ma anche perché sono consapevoli che questi valori irrinunciabili sono a servizio del bene comune, della società”. “Il pluralismo politico e partitico è un fatto assodato – ha osservato ancora il vescovo -, e un’opportunità: quello in cui non ci ritroveremmo sarebbe un pluralismo etico, perché vorrebbe dire incitare ad una visione della vita che non è più quella del Vangelo”.

Zamagni ha esplicitato il concetto di bene comune, diverso dal “bene totale” (del liberalismo, incentrato sul singolo) o dal “bene collettivo” (del collettivismo, che tutela il bene di tutti ma trascura quello dei singoli). Un concetto che, ha ricordato, è stato in auge fino alla fine del ‘700 per poi scomparire, e che oggi puo’ “vivere un secondo rinascimento”. “Anche noi cattolici – ha affermato Zamagni – cominciamo a capire che l’unica via d’uscita è la prospettiva del bene comune, nella quale nessuno può essere lasciato indietro”. L’economista ha anche criticato l’identificazione tra sfera pubblica e sfera politica, approvando l’idea che il nuovo movimento di Savino Pezzotta voglia agire “nella sottosfera del civile, rivitalizzare la sfera civile, e non formare un nuovo partito”.

Mirabelli ha insistito sulla valenza condivisa dei valori della Costituzione italiana, ai quali i cattolici hanno dato il proprio contributo. “Il contributo dei cattolici – ha sottolineato – non è un atto di imposizione ma un contributo al dialogo, e neppure si può imporre loro una rinuncia ai propri principi, tanto che lo Stato prevede, in determinati casi, l’obiezione di coscienza; i valori della coscienza individuale comunque possono essere anche valori della coscienza collettiva”. (Giovanna Chirri – ANSA).

L’intuizione di Giuseppe TonioloNel centenario delle Settimane Sociali che si celebrerà a Pistoia e Pisa dal 18 al 21 ottobre, sul tema “Il bene comune oggi: un impegno che viene da lontano” abbiamo rivolto alcune domande su Giuseppe Toniolo (1845-1918), promotore della prima Settimana Sociale, all’arcivescovo DOMENICO SORRENTINO, vescovo di Assisi, studioso e postulatore della causa di beatificazione di Toniolo, che parlerà a Pistoia, durante la prossima Settimana Sociale, sulla sua figura.

Può dirci in breve chi fu Giuseppe Toniolo?

“È stato uno dei grandi artefici e protagonisti del movimento dei cattolici nel sociale, prima del loro ingresso nella politica. Fu l’apostolo della Rerum Novarum, grandemente stimato da Leone XIII. Professore di economia all’Università di Pisa, s’incaricò di far prendere coscienza ai cattolici italiani della gravità della questione sociale e dell’urgenza di porvi mano, superando una sensibilità approssimativa o di tipo semplicemente elemosiniero, andando alle radici della questione, comprendendone le dinamiche e formulando un programma. Si pose in ascolto dialettico delle istanze che venivano in quel momento dalle ideologie di stampo socialista e marxista e si preoccupò di far crescere all’interno del mondo cattolico una visione programmatica e un impegno effettivo che ebbe per lui un preciso slogan nell’espressione Democrazia cristiana, che allora non era ancora il partito politico. Diventò in questo modo il grande ideatore e stratega di una cultura sociale dei cattolici d’Italia”.

Ci ricorda alcune delle iniziative promosse da Toniolo?

“Sono molteplici le iniziative che egli prese: dalla fondazione di un’Unione cattolica degli studi sociali alla Rivista internazionale di scienze sociali fino all’ideazione del cosiddetto Programma di Milano, piattaforma dei cattolici di fronte al socialismo, che diventò poi il programma della Democraz ia cristiana, a cui si dedicarono soprattutto i giovani del movimento cattolico di cui il professore divenne l’ispiratore e il punto di riferimento. Fondò anche un’Associazione scientifica che il padre Gemelli riconoscerà come il germe della futura Università Cattolica. Venne poi l’iniziativa delle Settimane Sociali. Ultima idea della sua vita fu la proposta al Papa di un istituto internazionale di diritto per la pace”.

È attuale Toniolo?

“A parte qualche aspetto inevitabilmente datato, l’attualità è ben visibile in tutto quanto ho accennato: Toniolo dice ancora oggi l’importanza di una fede che non si chiuda nelle regioni dello spirito, ma che sia capace di farsi storia, attenzione concreta ai problemi che siamo chiamati ad affrontare anche sul versante della vita culturale, sociale, economica e politica. Ci dice che tutti questi problemi li possiamo affrontare da credenti nella misura in cui abbiamo la capacità di affondare le radici nella fede, nei valori evangelici, ma anche la capacità di mediarli in concreta programmazione e impegno storico”.

Al laicato di oggi Toniolo quali consegne dà?

“La consegna di un’attenzione alla storia, guardata sempre dalla prospettiva della fede, con la capacità di coglierne le dinamiche, di valutarle, di rimboccarsi poi le mani per dare risposte concrete che esprimano la capacità della testimonianza cristiana di farsi artefice di una cultura della solidarietà e protagonista della costruzione della civiltà dell’amore. Da non dimenticare che Toniolo è un laico a tutto tondo: sposo e padre, professore di Università, vive la sua fede e il suo cammino di santità nel mondo e attraverso le cose del mondo di cui si occupa alla luce della fede”.

Da Toniolo, dunque, un invito oggi ad un impegno per il bene comune?

“Sicuramente Toniolo ebbe un’idea molto chiara del bene comune e fece di questo concetto il perno del suo programma sociale. Ba sti ricordare che la stessa definizione della democrazia che egli diede ruota intorno al concetto di bene comune: la partecipazione al bene comune di tutte le forze sociali in cui gli individui si raccolgono in funzione, sottolineava, del vantaggio delle classi sociali più emarginate, più deboli e bisognose. Dunque, un modo di vedere la società che era totalmente centrato sul bene comune e sul vantaggio che in questo bene comune tocca a chi è più svantaggiato. Questo rimane del tutto attuale. Tocca a noi tradurlo in forme consone al nostro tempo”.

Attuale anche l’intuizione della Settimana Sociale…

“Toniolo volle la prima Settimana in un momento in cui l’impegno dei cattolici stava soffrendo di una certa stanchezza e si riprometteva dalla Settimana Sociale non solo qualche riflessione teorica, ma anche un rinnovato entusiasmo operativo. Credo che le Settimane Sociali possono adempiere anche oggi a questa funzione di risveglio delle nostre energie se riusciamo a renderle un luogo di confronto serio, un luogo di incontro costruttivo, di ideazione programmatica intelligente e lungimirante”.

A che punto è la causa di beatificazione di Giuseppe Toniolo?

“Dagli anni Settanta Toniolo è già venerabile. La Chiesa, infatti, ha riconosciuto la santità della sua vita. Adesso si aspetta il segno dal Cielo, il miracolo. In queste settimane nella diocesi di Vittorio Veneto, dove riposa a Pieve di Soligo il corpo di Toniolo, è stato istituito un tribunale per l’istruttoria su una grazia che sembra avere i contorni del miracolo. Se questo risponderà a verità nell’esame che se ne farà poi nella Congregazione per le cause dei santi, avremmo il miracolo che consentirà al Santo Padre di iscrivere Toniolo nell’albo dei beati.

a cura di Gigliola Alfaro La sintesi dei lavori