Opinioni & Commenti

«Le sfide della neonatologia alla bioetica», un convegno squilibrato e indifferente sui valori

di Enrico Rossiassessore regionale al Diritto alla salute

I principi che sostengono la politica sanitaria (universalità, presa in carico, equità) e le azioni che ogni giorno si compiono nelle strutture e nei servizi sanitari qualificano la Toscana, nei fatti e non a parole, come regione della vita. Per noi non ci sono dubbi: chi nasce ha diritto alla cura e all’assistenza.

In questi giorni, nell’ambito di un convegno dedicato ai temi della bioetica e della neonatologia, si è sviluppata una discussione intorno a temi delicati e profondi. La casistica oggetto di attenzione, quella dei neonati gravemente prematuri, è ben presente, nelle sue dimensioni e nelle sue caratteristiche, al servizio sanitario regionale. Per saperne di più e monitorarne l’evoluzione abbiamo creato un apposito Archivio regionale, unico nel suo genere in Italia.

I neonatologi toscani mettono quotidianamente in atto la loro professionalità in scienza e coscienza. Supportano le capacità vitali di questi bambini, valutano caso per caso, insieme ai genitori, l’approccio più idoneo evitando l’accanimento terapeutico. È il modo giusto per riconoscere, con amore e rispetto, il diritto di cui i bambini godono come persone dal momento della nascita. Se già non fosse la chiara affermazione dell’articolo con cui inizia il nostro Codice civile, questa sarebbe per noi una considerazione intuitiva, quasi istintiva. Importanti interventi sanitari vengono effettuati anche nella vita intrauterina, correggendo malformazioni e difetti congeniti. Proprio al Meyer, grazie alla professionalità di una equipe multidisciplinare e ad una buona organizzazione del servizio, si evita ormai per il 75% di questi casi il ricorso all’interruzione terapeutica di gravidanza. È testimonianza di rispetto per la vita anche sostituire, come stiamo facendo in Toscana, il ricorso all’amniocentesi con altre pratiche diagnostiche meno invasive e meno rischiose per il feto. Grazie a tutto questo oggi centinaia di bambini vivono nella nostra regione.

Certamente è bene che la comunità scientifica discuta liberamente e in modo approfondito su ogni questione. Temo tuttavia un corto circuito intellettuale, che si innesca in una società del benessere che pensa molto a se stessa, e si divide, senza alzare lo sguardo ai fatti grandi e terribili che hanno il torto di non accadere nel recinto del nostro orticello.

Affinché i toni del dibattito che si sta accendendo in questi giorni non siano il segno di uno smarrimento culturale e di valori, aggravato da strumentalizzazioni, penso che occorra allargare l’orizzonte. È questo infatti il primo compito della politica, di una politica davvero responsabile che non mira a dividere ma che cerca soluzioni. La Toscana è per la vita e ne difende il diritto affermando il diritto alla salute e prendendosi cura dei bambini prematuri che nascono nei suoi ospedali ma anche di quelli, ad esempio, che muoiono di tifo in tanti paesi del mondo. Sono 600 mila all’anno le vittime di questa patologia e la Toscana finanzierà uno studio importante per produrre un vaccino capace di salvarle. Anche loro sono persone.

Da tutto ciò la mia decisione di non partecipare al convegno di Firenze, poiché a una lettura attenta del programma mi è parso troppo squilibrato negli orientamenti e tale da correre il rischio di un indifferentismo valoriale che non può caratterizzare le istituzioni pubbliche. C’è chi si è meravigliato della mia posizione e mi ha attaccato direttamente sulla stampa. Ritengo invece che avere ascoltato e interpretato le sollecitazioni di alti esponenti del mondo cattolico, per quanto io non sia credente, sia un fatto positivo, per l’ufficio di amministrazione e di rappresentanza che ricopro temporaneamente come assessore regionale per il diritto alla salute. Con Jurgen Habermas ritengo infatti che tra religione e politica l’obiettivo debba essere quello di una «convivenza riflessivamente illuminata» e che, su temi determinati, le religioni possano «influenzare la formazione pubblica della opinione e della volontà, fornendo contributi che risultano ogni volta importanti». E del resto, su questioni complesse e spesso conflittuali come quelle inerenti i problemi bioetici, «non possiamo mai sapere quale partito disponga delle giuste intuizioni morali».

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