Papa Leone XIV

Leone XIV: “fermare la guerra in Ucraina e a Gaza”

Finale a sorpresa per l’udienza generale di oggi. Dopo il baciamano con le persone presenti sul sagrato, Leone XIV è sceso a piedi lungo i gradini che separano la sua postazione alla prima fila delle transenne, per salutare ancora una volta i fedeli

Leone XIV (Foto Vatican Media - Sir)

“In questi giorni il mio pensiero va spesso al popolo ucraino, colpito da nuovi gravi attacchi contro civili e infrastrutture”. Lo ha detto il Papa, al termine della catechesi dell’udienza di oggi, salutando i fedeli di lingua italiana. “Assicuro la mia vicinanza e la mia preghiera per tutte le vittime, in particolare per i bambini e le famiglie”, ha proseguito Leone XIV: “Rinnovo con forza l’appello a fermare la guerra e a sostenere ogni iniziativa di dialogo e di pace. Chiedo a tutti di unirsi nella preghiera per la pace in Ucraina e ovunque si soffre per la guerra”.

“Dalla Striscia di Gaza si leva sempre più intenso al cielo il pianto delle mamme e dei papà che stringono a sé i corpi senza vita dei bambini e che sono continuamente costretti a spostarsi alla ricerca di un po’ di cibo e di un riparo più sicuro dai bombardamenti”. A lanciare il grido d’allarme è stato il Papa, al termine dell’udienza di oggi, durante i saluti ai fedeli di lingua italiana. “Ai responsabili rinnovo il mio appello”, ha detto Leone XIV: “Cessate il fuoco, siano liberati tutti gli ostaggi, si rispetti integralmente il diritto umanitario. Maria, Regina della pace, prega per noi”.

Bagno di folla anche per la seconda udienza generale di Leone XIV in piazza San Pietro. Complice forse anche il sole che splende sulla Capitale, le file di fedeli erano lunghe da tutti i punti accesso alla piazza, con le persone in paziente attesa di poter passare i varchi e di vivere un momento di incontro con il nuovo Pontefice. Il Papa è arrivato sulla papamobile scoperta circa un quarto d’ora prima dell’inizio previsto dell’appuntamento del mercoledì, da lui spostato in avanti di un’ora, rispetto al suo predecessore. Il Papa è apparso sorridente e rilassato, fermandosi volentieri per salutare e accarezzare, lungo il tragitto, i molti bambini che i solerti uomini della Gendarmeria Vaticana gli hanno porto, tra i quali uno molto piccolo che indossava una tiara pontificia di cartone. A fare da coreografia, i canti, gli applausi e lo slogan “W il Papa” scandito a più riprese dalla folla.

“La mancanza di speranza è dovuta al fatto che ci fissiamo su un certo modo rigido e chiuso di vedere le cose”

“La mancanza di speranza, a volte, è dovuta al fatto che ci fissiamo su un certo modo rigido e chiuso di vedere le cose, e le parabole ci aiutano a guardarle da un altro punto di vista”. Il Papa ha introdotto così  la parabola del samaritano, che noi chiamiamo “buono”, ma che nel testo evangelico “è semplicemente una persona” “La vita è fatta di incontri, e in questi incontri veniamo fuori per quello che siamo”, ha osservato durante la catechesi dell’udienza generale in piazza San Pietro: “Ci troviamo davanti all’altro, davanti alla sua fragilità e alla sua debolezza e possiamo decidere cosa fare: prendercene cura o fare finta di niente”. “Gesù racconta una parabola che è un cammino per trasformare quella domanda, per passare dal chi mi vuole bene? al chi ha voluto bene?”, ha spiegato Leone XIV: “La prima è una domanda immatura, la seconda è la domanda dell’adulto che ha compreso il senso della sua vita. La prima domanda è quella che pronunciamo quando ci mettiamo nell’angolo e aspettiamo, la seconda è quella che ci spinge a metterci in cammino”. La parabola che Gesù racconta ha, infatti, come scenario “proprio una strada, ed è una strada difficile e impervia, come la vita”: “È la strada percorsa da un uomo che scende da Gerusalemme, la città sul monte, a Gerico, la città sotto il livello del mare. È un’immagine che già prelude a ciò che potrebbe succedere: accade infatti che quell’uomo viene assalito, bastonato, derubato e lasciato mezzo morto”. “È l’esperienza che capita quando le situazioni, le persone, a volte persino quelli di cui ci siamo fidati, ci tolgono tutto e ci lasciano in mezzo alla strada”, ha attualizzato il Pontefice.

“Prima di essere credenti, siamo chiamati a essere umani”

“Prima di essere credenti, siamo chiamati a essere umani”. Ne è convinto il Papa, che commentando nella catechesi dell’udienza di oggi, in piazza San Pietro, la parabola del samaritano, ha affermato che “prima che una questione religiosa, la compassione è una questione di umanità!”. Il riferimento di Leone XIV è al sacerdote e il levita, che scendono per la stessa strada del protagonista della parabola: “Sono persone che prestano servizio nel Tempio di Gerusalemme, che abitano nello spazio sacro. Eppure, la pratica del culto non porta automaticamente ad essere compassionevoli”. “Possiamo immaginare che, dopo essere rimasti a lungo a Gerusalemme, quel sacerdote e quel levita abbiano fretta di tornare a casa”, l’ipotesi di papa Leone, secondo il quale “è proprio la fretta, così presente nella nostra vita, che molte volte ci impedisce di provare compassione. Chi pensa che il proprio viaggio debba avere la priorità, non è disposto a fermarsi per un altro”.

“L’altro non è un pacco da consegnare, ma qualcuno di cui prendersi cura”

Un uomo che “appartiene a un popolo disprezzato”, ma che “effettivamente è capace di fermarsi”. E’ l’identikit del samaritano, tracciato dal Papa nella catechesi dell’udienza di oggi in piazza San Pietro. “Il testo non precisa la direzione, ma dice solo che era in viaggio”, ha osservato Leone XIV: “La religiosità qui non c’entra. Questo samaritano si ferma semplicemente perché è un uomo davanti a un altro uomo che ha bisogno di aiuto”. “La compassione si esprime attraverso gesti concreti”, ha spiegato il Pontefice: “il samaritano si fa vicino, perché se vuoi aiutare qualcuno non puoi pensare di tenerti a distanza, ti devi coinvolgere, sporcare, forse contaminare; gli fascia le ferite dopo averle pulite con olio e vino; lo carica sulla sua cavalcatura, cioè se ne fa carico, perché si aiuta veramente se si è disposti a sentire il peso del dolore dell’altro; lo porta in un albergo dove spende dei soldi, due denari, più o meno due giornate di lavoro; e si impegna a tornare ed eventualmente a pagare ancora, perché l’altro non è un pacco da consegnare, ma qualcuno di cui prendersi cura”. “Quando anche noi saremo capaci di interrompere il nostro viaggio e di avere compassione?”, si è chiesto papa Leone: “Quando avremo capito che quell’uomo ferito lungo la strada rappresenta ognuno di noi. E allora la memoria di tutte le volte in cui Gesù si è fermato per prendersi cura di noi ci renderà più capaci di compassione. Preghiamo, dunque, affinché possiamo crescere in umanità, così che le nostre relazioni siano più vere e più ricche di compassione. Chiediamo al Cuore di Cristo la grazia di avere sempre di più i suoi stessi sentimenti”.

Finale a sorpresa per l’udienza generale di oggi. Dopo il baciamano con le persone presenti sul sagrato, Leone XIV è sceso a piedi lungo i gradini che separano la sua postazione alla prima fila delle transenne, per salutare ancora una volta i fedeli, dopo il consueto giro iniziale in papamobile prima della catechesi. Il “fuori programma” del Pontefice è stato molto gradito dalla folla, che si è subito diretta verso il settore scelto dal Santo Padre per il supplemento di saluti.