Papa Leone XIV

Leone XIV: “scegliere la via della pace”

Leone XIV ha concluso l'udienza di oggi con un appello a curare "le lacerazioni provocate dalle sanguinose azioni degli ultimi giorni"

Papa Leone XIV (foto Calvarese/Sir)

“Continuiamo a seguire con attenzione e con speranza gli sviluppi della situazione in Iran, Israele e Palestina”. Lo ha assicurato Leone XIV, al termine dell’udienza di oggi, l’ultima prima della pausa estiva a Castel Gandolfo “Le parole del profeta Isaia – ha proseguito  durante i saluti ai fedeli di lingua italiana – risuonano più che mai urgenti: ‘Una nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione, non impareranno più l’arte della guerra’”. “Si ascolti questa voce che viene dall’Altissimo”, l’appello di Papa Leone:

“Si curino le lacerazioni provocate dalle sanguinose azioni degli ultimi giorni, si respinga ogni logica di prepotenza e di vendetta e si scelga con determinazione la via del dialogo, della diplomazia e della pace”.

Subito prima, il riferimento al “vile attentato terroristico” contro la comunità greco-ortodossa nella chiesa di Mar Elias a Damasco: “Affidiamo le vittime alla misericordia di Dio ed eleviamo le nostre preghiere per i feriti e i familiari”, le parole di Leone XIV:

“Ai cristiani del Medio Oriente dico: vi sono vicino, tutta la Chiesa vi è vicina”. Secondo il Pontefice, “questo tragico avvenimento richiama la profonda fragilità che ancora segna la Siria, dopo anni di conflitti e instabilità”. “È quindi fondamentale che la comunità internazionale non distolga lo sguardo da questo Paese, ma continui a offrirgli sostegno attraverso gesti di solidarietà e con un rinnovato impegno per la pace e la riconciliazione”.

Al centro della catechesi, una ragazza, una donna e un padre, che ci insegnano qualcosa di importante sulla vita, sulla malattia e sulla morte.

“Una malattia molto diffusa nel nostro tempo è la fatica di vivere:

la realtà ci sembra troppo complessa, pesante, difficile da affrontare. E allora ci spegniamo, ci addormentiamo, nell’illusione che al risveglio le cose saranno diverse”, il primo affresco del Papa, a commento di due guarigioni di Gesù: quella dell’emorroissa e quella figlia di Giaro.  “Ma la realtà va affrontata, e insieme con Gesù possiamo farlo bene”, la proposta di Leone XIV, secondo il quale

”a volte ci sentiamo bloccati dal giudizio di coloro che pretendono di mettere etichette sugli altri”.

Nel Vangelo di Marco, ha raccontato il Pontefice, “si intrecciano due storie: quella di una ragazza di dodici anni, che è a letto malata e sta per morire; e quella di una donna, che, proprio da dodici anni, ha perdite di sangue e cerca Gesù per poter guarire”. Tra queste due figure femminili, l’evangelista colloca il personaggio del padre della ragazza, che “non rimane in casa a lamentarsi per la malattia della figlia, ma esce e chiede aiuto”: “Benché sia il capo della sinagoga, non avanza pretese in ragione della sua posizione sociale. Quando c’è da attendere non perde la pazienza e aspetta. E quando vengono a dirgli che sua figlia è morta ed è inutile disturbare il Maestro, lui continua ad avere fede e a sperare”. “A volte anche noi possiamo essere vittime del giudizio degli altri, che pretendono di metterci addosso un abito che non è il nostro. E allora stiamo male e non riusciamo a venirne fuori”, l’analisi del Pontefice.  “Questa donna – le parole riferite all’emorroissa – con grande coraggio ha preso la decisione che cambia la sua vita: tutti continuavano a dirle di rimanere a distanza, di non farsi vedere. L’avevano condannata a rimanere nascosta e isolata”. “Quella donna imbocca la via della salvezza quando germoglia in lei la fede che Gesù può guarirla: allora trova la forza di uscire e di andare a cercarlo”, ha proseguito Leone XIV: ”Vuole arrivare a toccare almeno la sua veste. Intorno a Gesù c’era tanta folla, e dunque tante persone lo toccavano, eppure a loro non succede niente. Quando invece questa donna tocca Gesù, viene guarita”. “Ogni volta che facciamo un atto di fede indirizzato a Gesù, si stabilisce un contatto con Lui e immediatamente esce da Lui la sua grazia”, il commento sulla scorta di Sant’Agostino: “A volte noi non ce ne accorgiamo, ma in modo segreto e reale la grazia ci raggiunge e da dentro piano piano trasforma la vita”.

“Forse anche oggi tante persone si accostano a Gesù in modo superficiale, senza credere veramente nella sua potenza. Calpestiamo la superficie delle nostre chiese, ma forse il cuore è altrove”,

la denuncia. L’emorroissa, invece, donna “silenziosa e anonima, vince le sue paure, toccando il cuore di Gesù con le sue mani considerate impure a causa della malattia. Ed ecco che subito si sente guarita”. Gesù, infatti, “non solo guarisce da ogni malattia, ma risveglia anche dalla morte. “Per Dio, che è Vita eterna, la morte del corpo è come un sonno”, ha spiegato il Pontefice: “La morte vera è quella dell’anima: di questa dobbiamo avere paura!”.  

Gesù, dopo aver risuscitato la figlia di Giairo, dice ai genitori di darle da mangiare, ha ricordato il Papa: oltre ad essere segno della “vicinanza di Gesù alla nostra umanità”, questo imperativo ci interroga in un senso più profondo: “quando i nostri ragazzi sono in crisi e hanno bisogno di un nutrimento spirituale, sappiamo darglielo?

E come possiamo se noi stessi non ci nutriamo del Vangelo?”. “Nella vita ci sono momenti di delusione e di scoraggiamento, e c’è anche l’esperienza della morte”, ha concluso Papa Leone: “Impariamo da quella donna, da quel padre: andiamo da Gesù: Lui può guarirci, può farci rinascere. Lui è la nostra speranza!”.