Opinioni & Commenti

L’episcopato di Antonelli e l’attesa del successore

di Alberto Migone

Da sabato scorso la notizia è ufficiale: il cardinale Ennio Antonelli lascia Firenze e va a Roma, chiamato dalla fiducia del Papa a presiedere il Pontificio Consiglio per la famiglia. È un incarico di grande prestigio ma soprattutto di grande responsabilità. La famiglia infatti «cellula base della Chiesa e della società» richiede la massima attenzione in un tempo in cui «essa è fortemente apprezzata a livello di ideali ed è in cima alle aspirazioni del popolo, ma è anche in grandi difficoltà, è minacciata, è in crisi».

Antonelli porta in questo incarico sensibilità ed esperienza: nei suoi anni fiorentini sono stati tanti gli interventi e le iniziative al riguardo: dal triennio pastorale incentrato sulla famiglia alle ben sei lettere pasquali alle famiglie; particolarmente apprezzata quella del 2007, Famiglia e società, diffusa anche in altre diocesi italiane.

È possibile tracciare già un bilancio definitivo di un episcopato, tutto sommato breve? Credo di no, anche se a mio parere la visita pastorale è stata il momento forte. L’Arcivescovo ha saputo trovare una sintonia immediata, e direi affettuosa, con la gente alla quale ha parlato sempre con chiarezza ma senza durezze: questo del resto ha caratterizzato in ogni circostanza il suo modo d’essere.

Al momento del commiato, almeno in me, prevale però il ricordo personale, parziale certo, ma carico di riconoscenza.

I miei incontri con Antonelli sono diventati frequenti da quando il 3 ottobre 2006 è stato eletto presidente della Conferenza episcopale toscana. Incontri – l’ultimo il 21 maggio scorso – per così dire di lavoro per una dovuta informazione-confronto sui problemi del Settimanale. Li definirei approfonditi e sereni, anche quando investivano il modo di condurre il giornale. Ed esigevano risposte che sono sempre state chiare e rassicuranti, date con gli occhi, oltre che con le parole: questo per me è stato importante perché nei nostri ambienti le parole possono essere anche di circostanza.

Firenze attende ora il successore che troverà una Diocesi ricca di iniziative e di potenzialità, ma indubbiamente ferita e lacerata dalla vicenda di Don Cantini, i cui abusi sessuali su ragazze della sua parrocchia sono stati definiti da Antonelli «misfatti oggettivamente gravi che meritano riprovazione e condanna e che fanno soffrire prima di tutto le vittime, ma con loro la Chiesa e il Vescovo». Sono fatti che emergono da un lontano passato, ma che hanno finito per toccare profondamente anche il presente. C’è quindi da ricostruire un tessuto di comunione, soprattutto tra il clero. Per questo la scelta del nuovo Vescovo dovrà essere saggia e lungimirante, attenta soprattutto alle necessità vere della Diocesi.

A tutta la comunità cristiana è ora chiesta un’attesa orante, lontana dalle dietrologie e dalle chiacchiere, che spesso nascono all’ombra dei campanili e che tanto hanno contribuito ad ampliare le ferite.

L’atteggiamento del credente è questo, quando i tempi sono difficili.