Cultura & Società

Libertà e comunità: De Siervo ai giovani dell’Opera La Pira, «l’equilibrio tra diritti inviolabili e doveri inderogabili»

Un’occasione per ritrovarsi in un luogo che è come casa, dedicando spazio alla cura delle relazioni e condividendo momenti comunitari e di riflessione nella semplicità, seppur arricchita dalla specificità di oltre cinquanta tra ragazze e ragazzi e dalla volontà comune di misurarsi col tema proposto, riassunto in «Libertà e Comunità». Uno sguardo al tema dei diritti e dei doveri all’interno della comunità e sulle responsabilità individuali rapportate alla comunità. La naturale continuazione di un percorso portato avanti nel corso dell’attività invernale dell’associazione che da sempre si dedica all’educazione e alla formazione dei giovani.

Tra i momenti più significativi, i partecipanti hanno avuto modo di incontrare e dialogare col prof. Ugo De Siervo, presidente emerito della Corte costituzionale, a partire dal concetto di persona. Nel tentativo di dare sostanza alla «comunità» e ai tratti che caratterizzano la libertà della persona al suo interno. Un concetto eccezionalmente moderno nella sua applicazione, ricostruito attraverso un percorso storico che conduce sino all’attualità, nei suoi legami col potere e la piena coscienza di sé, a lungo esclusiva di pochi soggetti nelle società. «Non è possibile che nella vita individuale di ciascuno di noi e nella vita collettiva, si intenda la libertà come pretendere di fare tutto ciò che mi è possibile fare, perché porta a dei danni gravissimi, pagati da altri», ammonisce De Siervo. Al contrario la parola compromesso non va intesa nel senso deteriore, ma nella sua etimologia latina: «È una grande promessa in comune». Come lo è la nostra Costituzione: un nuovo e straordinario «patto di convivenza» per il contesto storico nel quale è scritta. Per renderla viva oggi occorrono le persone e i soggetti social: «Finché le persone pensano troppo ai loro affari e poco agli interessi collettivi, molte cose non funzioneranno bene». I cittadini e i gruppi sociali devono ricreare sistemi politici più seri e funzionali, meno ripiegati sulla soddisfazione degli interessi dei loro dirigenti e più attenti ai problemi collettivi che stanno crescendo e cambiando.

Lo sono ad esempio i fenomeni di regressione nel rapporto tra cittadino e stato e la marginalità politica che ne deriva. E allargando il campo i problemi che – spiega De Siervo – si sono manifestati per la riemersione di logiche imperiali che ne portano con sé altri maggiori: «la nuova creazione degli imperi e la legittimazione dell’uso delle armi atomiche». È dunque vitale riappropriarsi di soggetti che impongono regole fondate sulla convivenza tra i diversi. Per questa ragione la libertà – la possibilità di ciascun gruppo o di ciascuna persona di operare – deve essere bilanciata. Mediante i diritti inviolabili e i doveri inderogabili di solidarietà. Occorre che ci si renda conto tutti, persone e gruppi sociali, che ci sono delle necessarie interdipendenze e che per far funzionare le cose occorre a volte sacrificarsi, apparentemente, o limitarsi nell’esercizio delle libertà. «Non è possibile che funzioni nessun sistema costituzionale ove si intenda le libertà come libertà assolute. Ed è un grande rischio attuale», ha chiosato il giurista.

L’art.2 (dovere di solidarietà) – insieme all’art. 1 (principio democratico) e all’art. 3 (principio di eguaglianza) – richiamano i cardini fondamentali: centralità della persona, pluralismo e solidarietà. La solidarietà è un concetto complesso che presuppone il rendersi conto che le proprie azioni pesano anche sugli altri. Accettare le regole nell’interesse di altri soggetti o della collettività tutta. Se non si accettano le regole del gioco si rischia per sé e si fa rischiare il sistema, senza contare che si va incontro a sanzioni. E di fronte all’ingiustizia e alla marginalizzazione dei ceti sociali, uno dei grandi compiti di chi ama la democrazia è essere attento e parimenti formare gli altri a esserlo. Abbiamo bisogno di società più vivaci e partecipi perché questo può ridurre la possibilità di abusi. D’altronde – come efficacemente sintetizzato nella riflessione della domenica che ha tirato le fila – «il bene comune non è una sommatoria, ma il prodotto di una funzione tra vari termini. Basta che uno sia zero per annullare l’intera equazione».