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Libia, mons. Martinelli: «Fate cessare le bombe»

Le parole pronunciate domenica 7 agosto da papa Benedetto XVI per la pace in Libia e in Siria sono arrivate dritte nel cuore di mons. Giovanni Martinelli, vicario apostolico di Tripoli. “Il mio pensiero va anche alla Libia – aveva detto il Papa subito dopo l’Angelus-, dove la forza delle armi non ha risolto la situazione. Esorto gli Organismi internazionali e quanti hanno responsabilità politiche e militari a rilanciare con convinzione e risolutezza la ricerca di un piano di pace per il Paese, attraverso il negoziato ed il dialogo costruttivo”. Abbiamo raggiunto telefonicamente mons. Giovanni Martinelli.

Come è risuonato in Libia l’appello di pace per la Libia lanciato ieri dal papa?“Sono parole che ci danno ancora la possibilità di credere nella pace. Il Papa già per ben tre volte ha chiesto la tregua in Libia e questa volta l’ha chiesta nello stesso tempo anche per un altro Paese arabo martoriato come la Siria. Io ci credo a queste parole perché sono le parole che possono essere veramente fermento di speranza per un Paese che non sa più dove orientarsi. Noi abbiamo questa certezza, che la pace passa attraverso la riconciliazione. Sappiamo che la riconciliazione è sempre più difficile in questo Paese musulmano ma sappiamo anche che siamo nel periodo del Ramadan e siamo convinti che il seme della fede nel Dio Grande e Misericordioso possa essere la gioia di ritrovarsi insieme a pregare per la pace”. Il Papa si è rivolto alla comunità internazionale. Quale ruolo può svolgere?“Guardi, la prima cosa è quella di far cessare le bombe. Questa è la prima cosa di cui uno deve convincersi. Non è la bomba che può aiutare la società locale, la Libia a ritrovare la pace. Non è la bomba che può aiutare una patria a vincere sull’altra. E la comunità internazionale deve poter convincere questi autori di guerra a far stop e aiutare quindi le diverse fazioni interne a riconciliarsi. E’ questa l’unica parte importante e civile che dobbiamo assolutamente invocare. Non c’è possibilità di pace se non c’è possibilità di far cessare le bombe e quindi avviarci ad un dialogo fruttuoso tra le diverse parti. Credo sia un cammino necessario altrimenti la guerra continuerà all’infinito e anche le vittime e le sofferenze di questa popolazione proseguiranno senza fine. Io prego, io mi auguro che la comunità internazionale si dissoci e inviti chi butta le bombe a ritrovare la via della ragionevolezza”. Come è la situazione a Tripoli? Cosa stanno provocando le bombe?“Provocano disperazione, la gente è scoraggiata, non ha voglia di ricominciare. E’ una situazione difficile da descrivere. E’ la voglia profonda di farla finita. La gente, i libici, sono un popolo beduino orgoglioso. Non deve essere umiliato ma aiutato a trovare la pace nella dignità del proprio Paese e della propria civiltà”.