Lettere in redazione

L’Onu, la conferenza sul razzismo e il Vaticano

Caro Direttore,quanto è successo nei giorni scorsi a Ginevra dimostra tutte le difficoltà e ambiguità dell’Onu. Com’è possibile che si permetta al presidente di uno stato che viola costantemente i diritti umani e che minaccia la pace e la stabilità del Medio Oriente di fare una simile «sceneggiata»? Forse è bene ricordare che in quella sede, dove si doveva discutere di iniziative contro il razzismo, il presidente iraniano Ahmadinejad ha avuto la sfrontatezza di criticare l’istituzione di «un governo razzista» in Medio Oriente dopo il 1945, alludendo chiaramente a Israele: «Dopo la fine della Seconda guerra mondiale – ha detto – gli alleati sono ricorsi all’aggressione militare per privare della terra un’intera nazione, sotto il pretesto della sofferenza degli ebrei. Hanno inviato immigrati dall’Europa, dagli Stati Uniti e dal mondo dell’Olocausto per stabilire un governo razzista nella Palestina occupata». Bene hanno fatto i rappresentanti di molti Paesi europei ad abbandonare l’aula, ma avrebbero fatto meglio a seguire l’esempio di Stati Uniti e Israele che all’assemblea non sono neanche andati. Quello che non capisco è l’atteggiamento del Vaticano, il cui rappresentante è sempre rimasto in aula e anche il Papa ha definito la conferenza «un’iniziativa importante» e ha esplicitamente citato il documento di Durban. Lettera firmataGrosseto

Che l’Onu porti in sé delle contraddizioni e delle ambiguità è un fatto innegabile, ma anche… inevitabile. Perché l’Onu è come il grande «condominio» dei popoli della terra e non può che rispecchiare le ambiguità e le contraddizioni degli stati che ne sono membri. Ma non ci sono alternative. Fuori dall’Onu c’è solo la legge del più forte. Magari sarebbe necessario che i «condomini» più importanti (e che quindi hanno maggiori responsabilità) ne rafforzassero il prestigio e ne garantissero il funzionamento.

Quanto alla «Conferenza sul razzismo, la discriminazione razziale e la xenofobia», promossa dalle Nazioni Unite a Ginevra e meglio conosciuta come «Durban 2», penso invece che chi ha deciso di disertarla abbia sbagliato, perché gli assenti hanno sempre torto. Certo, di fronte alle parole inaccettabili di Ahmadinejad ci stava anche la protesta clamorosa di abbandonare l’aula, ma in un contesto come quello, il vero dissenso lo si mostra intervenendo e partecipando ai lavori. In questo il Vaticano ha dato una «lezione» a tutti, come ha riconosciuto anche l’ex ambasciatore Sergio Romano, un osservatore attento e competente di politica internazionale e non certo accusabile di essere filo-papale. La S. Sede, infatti, parla e dialoga con tutti, senza per questo mai cedere sui principi non negoziabili. Alle conferenze internazionali partecipa sempre e portando il suo contributo, anche se poi magari non ratifica le convenzioni, come è successo con quella sui diritti delle persone con disabilità perché ha ritenuto che alcune espressioni usate in quel testo possano legittimare il ricorso all’aborto verso feti potenzialmente disabili.

Per quanto riguarda invece la Conferenza di Ginevra, bisogna aggiungere, come ha affermato mons. Silvano Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede a Ginevra, che il testo approvato costituisce «un passo avanti nella lotta al razzismo» ed è questo il motivo «per cui molti paesi sono rimasti e hanno unito gli sforzi per un risultato che rispondesse alla necessità di eliminare vecchie e nuove manifestazioni di razzismo». In pratica, si sono fatti passi avanti importanti rispetto al testo approvato a Durban nel settembre 2001, dove si additava soltanto Israele come paese «razzista». Tra le novità, ha spiegato ancora mons. Tomasi c’è la condanna  «dell’antisemitismo, l’islamofobia e la cristianofobia. Si dice che la Shoah non dev’essere dimenticata. È stata cancellata la “diffamazione religiosa”, affermando il diritto di ogni singola persona alla libertà di pensiero». Naturalmente – ha fatto notare la S. Sede – «interventi come quello del Presidente iraniano non vanno nella giusta direzione, poiché anche se non ha negato l’Olocausto o il diritto all’esistenza di Israele, ha avuto espressioni estremiste e inaccettabili». Dichiarazioni «che la Santa Sede deplora e rigetta» perché «non contribuiscono al dialogo, provocano conflitti inaccettabili e non possono mai essere accettate o condivise».

Alberto Migone