Cet Notizie

Maltempo: vescovo Manetti, “come 57 anni fa si levano in terra toscana le stesse grida dolorose”

Il vescovo di Fiesole ha presieduta nella Basilica di S. Croce a Firenze la celebrazione della Messa in occasione del riconoscimento ministeriale per la prima vittima dell'alluvione del 1966

Il vescovo di Fiesole Stefano Manetti alla cerimonia del 57° dell'alluvione di Firenze (foto Franco Mariani g.c.)

Mons. Stefano Manetti, vescovo di Fiesole, ha presieduta nella Basilica di S. Croce a Firenze la celebrazione della Messa in occasione del riconoscimento ministeriale per la prima vittima – in ordine cronologico – della devastante alluvione del 1966. Si tratta di Mario Maggi di Castel San Niccolò che il 4 novembre si trovava per lavoro a Firenze. La Messa è stata celebrata da mons. Manetti perché il comune di Castel San Niccolò rientra nel territorio della diocesi fiesolana.

“La storia ci insegna chiaramente – ha detto il vescovo Manetti – che la giusta percezione di sé non si può avere se non ponendo il proprio ‘io’ nella cornice del noi: non potrò avere la vera percezione di me se non considerandomi in mezzo agli altri e in favore degli altri.

Ce lo ha insegnato l’alluvione del 66: insieme alla tragedia immane, le acque vorticose non hanno travolto soltanto le strade e i monumenti, stravolto la vita di che perse il lavoro, la casa e, purtroppo, un familiare; i vortici dell’Arno travolsero anche gli animi muovendoli in una gigantesca ondata di solidarietà che, insieme alla irriducibile ironia fiorentina, fornì l’impressionante quantità di energia morale che rese possibile il superamento del trauma e la ricostruzione.

Tra le acque limacciose si approfondirono i rapporti umani, si scoprirono in ciascuno nuove risorse spirituali, fiorirono esempi di generosità,  di altruismo, di abnegazione, si scoprirono i lati buoni che ogni persona porta comunque in sé, si superarono barriere psicologiche”.

E qui si colloca oggi l’altra “parabola”, quella “raccontata da Lina Maggi, figlia di colui che è stato riconosciuto come la prima vittima, in ordine cronologico, dell’alluvione: Mario Maggi”, aggiunge mons. Manetti: “Il suo nome non era stato inserito tra le vittime. Lina si è rivolta all’Associazione Firenze Promuove e al suo presidente e storico dell’alluvione, il giornalista Franco Mariani, che con grande impegno si è occupato della cosa, sostenuta, Lina, fortemente dal suo  Sindaco, Antonio Fani, fino al raggiungimento del decreto del ministero dell’interno” che recita: 

“Maggi Mario, nato il 25/07/1922 a Castel S. Niccolò (AR) e ivi residente – Nelle prime ore del 4 novembre il Maggi, dipendente di una ditta edile che lavorava a Pratolino, perdeva la vita in un incidente stradale causato da una frana mentre, a bordo di un camion, assieme ad un collega percorreva la via Bolognese nei pressi del torrente Mugnone, anch’esso esondato. Sbalzato fuori dal mezzo il Maggi veniva travolto e trascinato via dal fango. Il suo corpo fu identificato dopo 4 giorni dai parenti dopo che era stato registrato senza nome all’obitorio in quanto giunto completamente nudo, spogliato dalla furia dell’acqua”.

E poi il vescovo ha fatto un richiamo alla situazione attuale che vede molte famiglie in difficoltà a causa della grave ondata di maltempo che ha colpito il territorio. 

Paradossalmente proprio nella stessa data di 57 anni fa, si levano in terra toscana le stesse grida dolorose di chi ha perso casa e beni, tante persone, tante famiglie precipitate improvvisamente nell’indigenza alle quali ci facciamo vicini 

con la volontà e la decisione di porli al centro per una questione di giustizia e anche di convenienza, per dire così, perché nel reintegrare chi ha perso tutto nelle condizioni in cui si trovava prima della tragedia, ne trae beneficio tutta la comunità. 

La storia vissuta 57 anni fa ce lo ha insegnato: dedicarsi con tutte le energie e senso di responsabilità a chi è diventato povero, fa scaturire a favore di tutti risorse inaspettate“, ha concluso il vescovo Manetti.