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Mediterraneo, Minniti: “L’invasione dell’Ucraina è la riaffermazione di un approccio imperiale della Russia”

Nel suo intervento in seno al Convegno Mediterraneo Frontiera di Pace Marco Minniti, presidente della Fondazione MedOr ha tracciato un itinerario per il futuro assetto del Mediterraneo in relazione ai flussi migratori a partire dal rapporto tra Europa e Nord Africa. in prima battuta si è soffermato tuttavia sulla guerra in Ucraina. “C’è qualcosa di sconvolgente che sta accadendo in Ucraina - ha affermato - è una cosa che cambia la storia, uno spartiacque nello sviluppo dell’Europa e nel suo rapporto con il Mediterraneo allargato. Nella riaffermazione di un approccio imperiale della Russia, c’è una connessione evidente tra l’Europa e quello che avviene nel Nord Africa”.

Uno dei primi effetti della guerra, ha notato Minniti, è che “potranno esserci centinaia di migliaia di profughi che lasciano quella terra. Quando vediamo le enormi file di macchine di cittadini che lasciano Kiev sembravano immagini di 80 anni fa. E’ evidente che il mondo e l’Europa non possono non farsi carico di quella crisi umanitaria”. Di qui l’impellenza di riflettere sul fenomeno migratorio. “Il cuore dell’Europa è il Mediterraneo e le migrazioni non sono un’emergenza, ma un dato strutturale. Tutto questo mentre l’Europa invecchia e la sponda sud del Medietrraneo cresce molto da un punto di vista demografico. Nel frattempo fra 5-10-20 anni alcune parti del mondo potrebbero diventare non più ospitali per l’uomo a causa dei cambiamenti climatici e alcune zone potrebbero essere sommerse. Il tutto mentre viviamo un altro fattore positivo, ovvero che una parte delle nuove generazioni si sentono cittadini del mondo, interconnessi e liberi di muoversi. Per tutti questi motivi c’è necessità di politiche strutturali, una volta avremmo detto di un cambio di paradigma”.

Per questo non basta l’azione di un singolo paese, ma il soggetto protagonista “non può che essere l’Europa”. “C’è bisogno di una forza che abbia le capacità di mettere in campo risorse umane, economiche e di visione. Il futuro dell’Europa si giocherà nei prossimi anni in Africa. Se l’Africa starà male, l’Europa starà male e se starà bene anche l’Europa starà bene. Non possono essere costruiti muri, che sono stati costruiti per essere abbattuti e portano alla guerra. L’Europa non può accettare che l’immigrazione venga usata come un’arma geopolitica. A novembre dello scorso anno abbiamo visto la drammatica vicenda di migliaia di migranti bloccati nei boschi al confine tra Polonia e Bielorussia. Li abbiamo lasciati soli. Lì è venuta fuori tutta la fragilità dell’Europa, che non può rincorrere gli eventi.

Quindi Minniti individua i pilastri su cui costruire un nuovo paradigma in grado di gestire i flussi migratori. “L’Europa deve dotarsi si di un grande piano di investimento verso i paesi di partenza e transito dei flussi migratori. Negli ultimi anni ha investito 6 miliardi nel rapporto con la Turchia, è possibile pensare che una cifra analoga possa essere indirizzata verso il Nord Africa e che servano per la sua stabilizzazione democratica, lo sviluppo, la sicurezza sanitaria?!”. Vanno pertanto costruiti accordi bilaterali tra i paesi di transito e di partenza. “Se ci sono persone che scappano devono essere gestite dalle democrazie europee, non dai trafficanti. Servono corridoi umanitari, seguendo il principio di dignità, d’intesa con le Nazioni Unite e l’Unione Africana”. Per questo “I centri di detenzione vanno svuotati” e “vanno costruiti canali legali per l’immigrazione economica, costruendo rapporti bilaterali con i paesi di partenza, gestendoli dalle ambasciate e non dai trafficanti. Servono canali legali e cambiare le legislazioni di vari paesi europei”, a partire dall’Italia che ha “una legge di 20 anni fa, di un’altra epoca”. La cornice per questi interventi dovrebbe prevedere “un intervento diretto delle Nazioni Unite” e “i centri di detenzione devono diventare centri di accoglienza gestiti dalle nazioni unite. è possibile? sì. Si chiama diplomazia esigente”. ”Abbiamo bisogno che tutto questo abbia una unica cabina di regia, un piano di investimento dell’Europa, delle Nazioniunite e dell’Unione Africana. Sono cose difficilissime? No”.

“Il Mediterraneo deve tornare il centro del mondo e della civiltà, sarà in futuro sempre più decisivo per la sicurezza e stabilità e la crescita sostenibile del Pianeta”.