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Migranti: accolte a Montevarchi due famiglie afghane in fuga dai talebani

Sono state accolte grazie ai corridoi umanitari della Cei: il progetto in diocesi di Fiesole è coordinato dalla Caritas e gestito dalla Fondazione Giovanni Paolo II. In totale sono 14 persone

Afghani accolti in diocesi di Fiesole

Un mazzo di fiori per accogliere la madre che non vedeva da due anni. È una delle scene commoventi ed emozionanti che si è trovato a vivere Stefano Ermini della Fondazione «Giovanni Paolo II» martedì 1º agosto all’aeroporto di Fiumicino mentre accoglieva un gruppo di 22 profughi afgani, grazie al programma dei «corridoi umanitari» realizzati da Caritas per conto della Conferenza Episcopale Italiana. Quattordici dei cittadini afghani arrivati hanno poi preso la strada di Montevarchi accompagnati proprio da Ermini. Gli altri otto sono invece andati a Belluno-Feltre, Vigevano, Cremona e Novara.

«I profughi sono ospitati a Villa Pettini e in un appartamento a Montevarchi – spiega Ermini -. Sono due famiglie, molto numerose. Una è composta da padre, madre e sei figli di cui cinque femmine e un maschio. L’altra da 4 figli (due maschi e due femmine) e i genitori. La scena più commovente all’arrivo in aeroporto è stato quando una di queste due famiglie ha riabbracciato un figlio che era fuggito nel 2021 e lavora da due anni a Milano. Il giovane è arrivato con un mazzo di fiori per la madre: appena di sono visti c’è stato un lungo ed emozionante abbraccio».

I figli che compongono delle due famiglie hanno un’età compresa tra i 7 e i 27 anni. «L’ente capofila del progetto – conclude Ermini – è la Caritas diocesana mentre la Fondazione Giovanni Paolo II è l’ente gestore: con questo siamo già al quarto progetto di corridoio umanitario a partire dal 2021».

«Accogliere persone in difficoltà che vengono in mezzo a noi attraverso i corridoi umanitari è uno delle modalità con cui la Caritas diocesana di Fiesole cerca di rispondere alle nuove sfide del nostro tempo», commenta don Paolo Tarchi, direttore della Caritas diocesana di Fiesole.

I nuclei familiari arrivati il 1º agosto a Fiumicino si aggiungono ai circa 200 già arrivati nell’ambito dell’ultimo protocollo stipulato con il Governo Italiano per un totale di 300 rifugiati afgani che si trovano in Paesi di transito, come il Pakistan e la Turchia. In quei Paesi è possibile contare sull’appoggio di partner attivi in loco e della Chiesa locale per tutta una serie di iniziative logistiche e organizzative necessarie alla realizzazione di tutte le attività previste.

«Lo strumento dei “corridoi umanitari” – ricorda don Marco Pagniello, Direttore di Caritas Italiana -, interamente finanziato dalla Conferenza Episcopale Italiana e realizzato in coordinamento con le Diocesi italiane, ha permesso fino ad oggi la fuoriuscita da contesti di guerra e di grave violazione dei diritti umani a richiedenti asilo, rifugiati e persone vulnerabili che altrimenti non avrebbero mai potuto raggiungere in sicurezza il territorio europeo».

A essi si sono poi aggiunti più di recente i «corridoi universitari» – che danno il supporto necessario a completare gli studi e a favorire l’integrazione dei giovani rifugiati nella vita universitaria – e i «corridoi lavorativi», nati con l’obiettivo è di trasferire in Italia un certo numero di beneficiari individuati in Paesi terzi sulla base dei criteri previsti dai protocolli nazionali siglati con il Governo italiano, puntando sulla valorizzazione delle competenze professionali che permettono di poter essere inseriti in modo efficace nel mondo del lavoro presso aziende operanti in Italia.

Dall’inizio del programma dei Corridoi umanitari ad oggi sono state accolte dalla Chiesa in Italia 1.146 persone (di cui 400 minori), provenienti prevalentemente da Eritrea, Somalia, Repubblica Centrafricana, Sud Sudan, Sudan, Siria, Iraq, Afghanistan, Yemen. Un ulteriore protocollo, appena firmato con i Ministeri competenti, è incentrato nuovamente sull’Africa e sulla Giordania. Si tratta infatti di Paesi che continuano ad avere un grande bisogno di essere sostenuti nel gestire in modo rispettoso dei diritti umani i flussi migratori.

«Un progetto, quello dei corridoi umanitari, che non è risolutivo di una questione complessa come quella delle migrazioni, che richiede politiche lungimiranti a livello nazionale e globale, ma che vuole essere segno di un’attenzione della Chiesa italiana, di un impegno all’accoglienza, alla protezione e all’integrazione che non viene meno e della necessità che tutti, ognuno a seconda delle sue responsabilità, facciano la propria parte», conclude don Pagniello.