Italia
Migranti: Caritas, “tendenza all’arretramento dei diritti dei minori”
De Marco (Caritas), “nella conversione del Decreto Immigrazione si tenga conto della sentenza Cedu che condanna l’Italia”
La sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) che nei giorni scorsi ha condannato l’Italia per detenzione illegale di minori stranieri nell’hotspot di Taranto “è importante perché interviene in un quadro in cui il governo italiano sta cambiando in peggio quelle che erano già norme non osservate. L’Italia è stata condannata perché la legge italiana non è stata rispettata. Eppure in questo momento il governo pensa di andare nello stesso senso che la Cedu invece stronca. Speriamo che nella conversione attuale del decreto legge Immigrazione si consideri l’impatto di questa sentenza, che non è in linea con i principi stabiliti dalla Corte europea dei diritti dell’uomo”.
Lo afferma al Sir Manuela De Marco, dell’Ufficio immigrazione di Caritas italiana. La Cedu ha condannato l’Italia per avere detenuto illegalmente nell’ hotspot di Taranto diversi minori stranieri non accompagnati (art. 5, parr. 1, 2 e 4 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo), per avere utilizzato trattamenti inumani e degradanti nel predisporre le loro misure di accoglienza (art. 3 della Convenzione), per non avere nominato un tutore né avere fornito loro alcuna informazione sulla possibilità di contrastare in giudizio tale condizione (art. 13 della Convenzione, in relazione all’art. 3).
Il Governo italiano sarà tenuto, altresì, a risarcire i ricorrenti per il danno loro causato. Dopo una sentenza di questo tipo l’Italia viene messa sotto osservazione da parte di un organismo fatto dai governi degli Stati membri per adeguarsi alle sentenze, “è un monitoraggio politico”, spiega De Marco.
“La Cedu ha condannato l’Italia per avere trattenuto minori nell’hotspot laddove non possono essere trattenuti ma accolti – ricorda -. L’hotspot è un luogo chiuso dove i minori non possono uscire, vanno invece collocati in centri di prima accoglienza o nelle strutture regionali accreditate”.
Purtroppo i centri di prima accoglienza gestiti dal ministero dell’interno “sono sempre sottostimati come posti a disposizione, quindi si cercano soluzioni che non sono rispettose dei diritti dei minori e non seguono i percorsi specifici di presa in carico. Chi vince gli appalti è vincolato dal rispetto della normativa ma spesso ci si giustifica dicendo che in condizioni di eccezionali flussi tutto è lecito”.
Le associazioni presenti nel Tavolo per i minori stranieri coordinato da Save the Children, compresa la Caritas, sono state molto critiche sul Decreto Immigrazione in discussione in Parlamento, che prevede, tra l’altro la promiscuità tra i minori sopra i 16 anni e procedure sull’accertamento dell’età che possono ridurre le garanzie in loro favore: “Abbiamo fatto diverse audizioni invitando il governo ad essere rispettoso di quanto previsto dalla stessa Cedu, che vieta la detenzione dei minori nell’hotspot, a cercare soluzioni che siano rispettose dei diritti dei minori e a non arretrare su questo perché è già intervenuta una condanna. Figurarsi se si va in senso contrario”.
De Marco conferma che “c’è il rischio che le sentenze non vengano ascoltate” anche se in passato “raramente l’Italia non ha cercato di adeguarsi, perché sono indicazioni politiche serie che vengono dall’Europa”.
Le sentenze Cedu “valgono anche ai fini dell’impugnativa dei provvedimenti successivi ma non hanno la stessa efficacia delle sentenze della Corte di Cassazione o soprattutto della Corte Costituzionale, che eliminano dall’ordinamento giuridico una norma se incostituzionalmente illegittima”.
“C’è una preoccupante tendenza all’arretramento dei diritti dei minori, nonostante la legge Zampa e nonostante il fatto che le risorse europee potrebbero essere spese per potenziare questi centri e realizzarli secondo i crismi della legge – conclude De Marco –. È anche un problema di allocazione di risorse, che segue una volontà politica che però non tutela i diritti”.