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MIGRAZIONI ASIA-ITALIA: IN ITALIA 767 MILA ASIATICI, TRA CRISI E IMPRENDITORIA

In Italia, all’inizio del 2011, erano 767mila gli asiatici residenti (tra di essi 130mila i cattolici), pari al 16,8% del totale degli stranieri. La presenza di immigrati asiatici in Italia è aumentata di oltre 6 volte rispetto al 1991 (120mila) e quasi triplicata rispetto al 2000 (265mila). E’ quanto emerge dal volume «Asia-Italia. Scenari migratori», curato da Idos e realizzato al termine di un viaggio di studio nelle Filippine (gennaio 2012) promosso e finanziato dalla Caritas e dalla Fondazione Migrantes, che sarà presentato oggi pomeriggio a Roma. In Italia nella graduatoria dei primi 20 Paesi per numero di cittadini residenti all’inizio del 2011, 6 sono Paesi asiatici: la Cina (210mila, quarta nella graduatoria generale), le Filippine (134mila), l’India (121mila), il Bangladesh (82mila), lo Sri Lanka (81mila) e il Pakistan (76mila). «Negli ultimi anni – si legge nel volume – si evidenziano dei ritmi di crescita notevolmente più sostenuti rispetto alle altre collettività straniere». Un terzo della domande di regolarizzazione del 2009 (quasi 100mila) erano di asiatici.

In questa fase di crisi il mercato, da una parte, «continua a offrire agli immigrati asiatici discrete possibilità di inserimento, soprattutto in agricoltura e nel settore domestico – osservano i curatori del volume -, dall’altra, provoca l‘espulsione di quote consistenti di occupati, per i quali la perdita del lavoro può condurre a quella del permesso di soggiorno. Una diffusa strategia di resistenza alla crisi è l’iniziativa imprenditoriale, che però non coinvolge tutte le collettività allo stesso modo». Si distinguono per una rilevante partecipazione al settore gli indiani (1.792 titolari di impresa), i pakistani (5.072), i bangladesi (9.838 titolari) e specialmente i cinesi, attivi tanto nella manifattura che nel commercio (33.593). Per favorire gli scambi tra le diverse collettività, e tra queste e gli italiani, superando la tentazione di una «chiusura etnica», i curatori del volume ricordano il «ruolo fondamentale» che spetta ad aggregazioni come la chiesa cattolica e le altre comunità religiose, i partiti, i sindacati, le associazioni, i gruppi di volontariato. (Sir)