Toscana

MILITARE UCCISO IN AFGHANISTAN: MONS. PELVI, NELLA CONFUSIONE UN MODELLO DI STABILITÀ

“C’è uno stato di smarrimento che fa tornare prepotente la domanda se vale la pena. Ma dobbiamo superare questo stato d’animo e andare oltre con il coraggio della preghiera e della fede. Guardiamo al di là di noi stessi e aggrappiamoci con tutte le forze alla speranza che è la guarigione del mondo”. Così l’arcivescovo ordinario militare per l’Italia, mons. Vincenzo Pelvi, commenta al SIR la notizia della morte, avvenuta oggi a Bala Murghab in Afghanistan, del caporal maggiore scelto Luca Sanna, originario di Oristano. Salgono così a 36 le vittime del contingente italiano in Afghanistan. “La nostra nazione, che vive in una situazione di grande confusione e in un caos di riferimenti solidi, vede nei militari un modello di stabilità, di futuro e di fiducia – afferma il vescovo castrense – ringraziamo Dio dell’esempio che arriva da questi giovani meravigliosi che non pensano a loro stessi e che rifuggono da stili di vita effimeri e dediti solo all’immagine e all’esteriorità. I nostri militari vivono in fondo una vera umanità poiché vogliono contribuire a guarire il mondo dall’egoismo, dall’odio, dalle ingiustizie e in questo senso sono ricchi di umanità poiché fanno crescere nel bene coloro che sono più deboli senza chiedere nulla. Sono umanamente ricchi poiché crescono personalmente nella gratuità”. “Sono proprio questi nostri giovani – aggiunge mons. Pelvi – che stanno realizzando l’unità d’Italia riversando nel cuore dei popoli l’italianità che è, offerta, gratuità, accoglienza e solidarietà. Riversando questi nostri valori nel cuore dei popoli in difficoltà, c’è una ricaduta positiva sulla crescita morale e spirituale dell’Italia”. Mons. Pelvi invita anche a “superare i tentennamenti che si registrano in situazioni tragiche e sofferte come queste, ritiro o non ritiro”, e i relativi “schemi ideologici e politici per dare il primato all’amore”. “La morte di questo soldato – dichiara l’arcivescovo – ribadisce l’autenticità umana del militare. I nostri militari sono dei credenti e l’avvenire in cui progettano la loro vita è sempre quella della bontà di Dio. E penso a Matteo Miotto, l’ultimo nostro caduto, nella sua mimetica è stata trovata l’immagine di un presepe dono ricevuto dal cappellano dopo la confessione fatta per Natale. Un ragazzo morto con il presepe nella mimetica. Come si fa a parlare dei nostri ragazzi come di guerrafondai? Sono persone da ammirare ed amare. L’istituzione militare è un punto forte di fiducia del nostro Paese”.