Vita Chiesa

«Misericordia tua», a Calci una casa dove i carcerati possono provare a iniziare una nuova vita

Scrive Gaffon Romeo, 40 anni, gli ultimi dodici dei quali trascorsi nelle carceri di mezza Italia. Poesie. O, più semplicemente, «pensieri in versi» per usare le sue parole. «Ho cominciato dietro le sbarre – racconta -: lì c’è molto tempo e anche, spesso, il bisogno di guardarsi dentro e fare i conti con la propria storia». E legge: «Mi piacciono le autobiografie, le storie vere, prediligo le testimonianze di chi è riuscito a cambiare la propria vita, a dargli un senso quando sembrava non averla più». E  costruisce orologi con materiali di scarto, trasportati dal mare: un tronco strappato dal vento, una lastra di ferro levigata dalle onde. Ridà senso e forma alle cose buttate. Ha cominciato a Pianosa, il «carcere aperto» dell’arcipelago toscano. Con la sua vita, invece, ha iniziato prima: «Oltre al crimine che ho commesso in sé, aver soppresso una vita, privato dei figli del loro padre e una moglie del marito, la cosa più brutta è stato il castello di bugie che mi ero costruito: sapevo benissimo ciò che avevo fatto, ma lo negavo, non ho ammesso subito le mie responsabilità. Fino a che un giorno, dopo un colloquio con un educatore e con il comandante della polizia penitenziaria, tornato in cella mi sono guardato allo specchio e non ce l’ho più fatta. Non potevo e dovevo più mentire: così chiesi un nuovo incontro e dissi tutto».

C’è Jasmine nella vita di Gaffon. Si sono conosciuti venti anni fa in Romania, si sono sposati e non si sono più lasciati, nonostante tutto. E c’è Vittorio, un omone dalle mani grandi e il sorriso buono. Di cognome fa Cerri e a Pisa è un’istituzione: 33 anni spesi dentro le carceri della Toscana, come direttore, diciotto dei quali alla guida di quello della sua città. Oggi è in pensione ed è il coordinatore di «Misericordia Tua», la casa d’accoglienza per carcerati in permesso ed ex detenuti di Calci, l’opera segno della Chiesa pisana per l’Anno Giubilare della Misericordia. Lo fa come volontario, a titolo totalmente gratuito: «Che ci faccio ancora qui, con i detenuti? Non saprei dove altro potrei essere: non sarei l’uomo che sono senza i “miei ragazzi”».

È lì, in quella canonica della parrocchia di Sant’Andrea a Lama, frazione di Calci, abbandonata da venti anni e ristrutturata con fondi Cei otto per mille e un finanziamento della Fondazione Pisa, che le vite di Vittorio e Gaffon si sono incrociate nuovamente dopo quella prima volta nel 2014 a Pianosa, dove il primo fu mandato a riaprire una struttura penitenziaria dismessa e il secondo era uno dei trenta detenuti in regime di lavoro esterno.

«Misericordia Tua» si estende su due piani: salotto e cucina a piano terra, le quattro camere e i bagni al primo. E’ stata inaugurata qualche mese fa anche se il primo inquilino è stato proprio Gaffon, arrivato a metà maggio in permesso premio. «In autunno spero di tornare e rimanere più a lungo, magari espiando qui il resto della pena» dice timidamente. Perché Gaffon, nonostante i quattro abbonati per buona condotta, di anni deve ancora scontarne dodici. E da Calci è convinto si possa ripartire.

La casa, invece, è stata ristrutturata anche grazie alle mani sapienti di Marius, 39 anni, pure lui rumeno, stessa condanna di Gaffon. Ha lavorato come operaio specializzato per la ditta che ha eseguito tutti gli interventi con un contratto a termine che, da gennaio, è stato trasformato in uno indeterminato. È semilibero: quando non lavora, vive qualche centinaio di metri più su, nella parrocchia di Castelmaggiore, stesso comune, con i padri Marfi Pavanello, Elio Della Zuanna e Oliviero Cattani, la comunità dehoniana responsabile anche della cappellania carceraria della diocesi di Pisa e che si occupa pure dell’assistenza pastorale e spirituale delle persone accolte a «Misericordia Tua». «Fino alle 22 – dice – poi- torno in carcere e per uscire la mattina: vengo dai padri, mi cambio e vado al lavoro».

Gaffon, invece, potrebbe occuparsi di rimettere a coltura il piccolo oliveto e la vigna accanto alla canonica di Sant’Andrea a Lama: «Sarebbe l’ideale per lui, date le competenze che ha acquisito a Pianosa» dice Vittorio Cerri. E intanto progetta un libro sulla sua storia. Un capitolo sarà dedicato al perdono: «Tante volte ho pensato di chiederlo ai familiari della vittima, o quanto meno di fargli sapere che sono consapevole del male che ho fatto e che ne soffro ogni giorno. Non l’ho fatto per non aggiungere ulteriore sofferenza a quella che ho già provocato. Lo chiedo ogni giorno a Dio e penso di averlo ricevuto: solo lui sa cosa provo davvero».