Vita Chiesa

«Morire con dignità» non vuol dire eutanasia

DI DON FRANCESCO SENSINIAnche il papa ha parlato di «coloro che desiderano morire con dignità». Detto così sembrerebbe una concessione alla eutanasia. «Finalmente la Chiesa si aggiorna»; «Sta al passo con i tempi»; «Viene incontro alla cultura moderna»; «Finalmente cade un tabù»: questi alcuni commenti.Ma siamo di nuovo di fronte a chi guarda con un solo occhio e ascolta con un solo orecchio. Benedetto XVI , in un discorso rivolto al nuovo ambasciatore del Belgio, ha parlato in realtà delle cure palliative che oggi, grazie al cammino della scienza, permettono all’uomo di affrontare il dolore con più speranza. Ma la forza del suo discorso sta nell’aver ricordato che l’essere umano ha una tale dignità che non gli permette di ridursi e di essere ridotto semplicemente a oggetto di ricerca e di sperimentazione. E oggi le nuove legislazioni che rimettono in causa la vita umana dal suo concepimento alla sua fine naturale, in realtà strumentalizzano l’uomo. Questa concezione dell’uomo, che la Chiesa eredita dalla vita di Gesù, la porta ha riconoscere nel gesto di chi dà la vita per gli altri, il segno più grande di amore. E i santi sono uomini e donne che hanno amato. Ma accanto a questa visione dell’uomo ce ne almeno un’altra diametralmente opposta. Mi riferisco alla proposta di Rifondazione comunista di intitolare la sede del proprio ufficio di presidenza a Palazzo Madama a Carlo Giuliani, il giovane morto durante gli scontri del luglio 2001 a Genova «simbolo della spinta ad incrinare un intero sistema». Io purtroppo consideravo Giuliani un giovane che ha perso la vita nel tentativo di linciare tre giovani carabinieri di leva, già feriti nel corso di un aggressione. Ho visto con un solo occhio? Ho ascoltato con un solo orecchio?

«È un errore unire Islam e terrorismo». Voglio fare lo sforzo di condividere queste parole del vice presidente della Commissione europea Frattini. Ma posso unire «islam e inferiorità della donna»? E non perché, a Milano, due giorni fa, un tunisino musulmano ha maltrattato la moglie cattolica giudicata «troppo libera» nelle sue abitudini. Quanti altri maltrattamenti avvengono nelle famiglie indipendentemente dalla religione! Mi riferisco piuttosto alle affermazioni dell’ayatollah Shirazi. Ho cercato notizie su questo ayatollah. Nasser Makarem Shirazi, iraniano, è un Marja-e Taqlid, cioè fonte di imitazione, una qualifica che compete a pochissimi religiosi sciiti e che può emanare decreti anche sulle questioni quotidiane. Ha emesso questa fatwa, cioè un decreto religioso in cui afferma: «Il Corano prescrive di cercare prima di convincere la donna disobbediente ad adeguarsi con le buone maniere e i consigli, poi negandole il rapporto sessuale e, infine, con la punizione fisica». Dialogo tra religioni? Non scomodiamo nessuna divinità, qui si tratta semplicemente di dialogare sui diritti umani.