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Myanmar: terremoto e guerra devastano Mandalay

La Chiesa apre conventi e lancia l’allarme umanitario

Myanmar, distesa di tende nel post terremoto (Foto arcidiocesi Mandalay)

“Nella regione di Sagaing ci sono conflitti da un paio d’anni. Il governo controlla le città e i paesi circostanti. Le aree remote sono controllate da altre forze”. “Siamo spiritualmente consolati dall’appello lanciato da Papa Leone XIV domenica scorsa all’Angelus. Ma per attuare il ‘percorso del dialogo inclusivo’ è necessaria un’autentica sincerità da parte di tutti gli attori coinvolti, soprattutto di quelli più forti. Il termine ‘inclusivo’ si riferisce alle numerose divisioni di forze o gruppi diversi”. E’ una voce dell’arcidiocesi di Mandalay che chiede di rimanere anonima, a commentare al Sir le parole di Papa Leone e a raccontare cosa sta succedendo nella regione di Mandalay che comprende parti delle regioni di Sagaing e Magway, drammaticamente esposte sia ai conflitti in atto sia alle conseguenze del terremoto del 28 marzo. Alle macerie del sisma che qui ha avuto il suo epicentro, è purtroppo la guerra a devastare la vita della popolazione. “In queste regioni – racconta la fonte al Sir -, le persone sono sempre attente alle notizie e alle comunicazioni per la propria sicurezza. I bambini possono andare a scuola ma solo quando è sicuro. Non ci sono ospedali, ma alcune cliniche e dispensari sono aperti temporaneamente. I giovani cercano di emigrare all’estero o di imbracciare le armi”.

Sanità e sicurezza sono attualmente i bisogni umanitari più critici e urgenti: assistenza sanitaria per anziani, bambini e donne incinte e rifugi sicuri per tutte le fasce di popolazione.

La Chiesa locale ha deciso di condividere le condizioni di vita della popolazione e di aprire le porte di chiese e conventi. Ci sono ancora vittime del terremoto che trovano rifugio in edifici ecclesiastici. Sono state allestite tende temporanee all’interno del complesso della Chiesa di San Michele a Mandalay. Anche i sacerdoti e i religiosi devono dormire fuori dalla loro residenza abituale. Nel complesso della Casa Arcivescovile, per esempio, sono stati predisposti dei letti per i sacerdoti e il personale. “Sacerdoti e religiosi ascoltano le persone, le consolano e pregano per loro. Si rivolgono a noi non solo i cattolici, ma anche seguaci di altre fedi”. “Alcuni di noi – fa sapere l’arcidiocesi – stanno distribuendo aiuti umanitari alle vittime del terremoto. Altri sono incaricati della riparazione degli edifici ecclesiastici danneggiati. Altri ancora sono responsabili della gestione della squadra di soccorso d’emergenza”. Tutte le attività sono svolte con il permesso delle autorità locali e dei leader religiosi.

La vita scorre tra scosse di assestamento quasi quotidiane e piogge persistenti. Al 15 maggio scorso, si sono registrate 174 scosse di assestamento, con scosse successive rilevate a Nay Pyi Taw, Mandalay, Sagaing e nello Stato Shan, con magnitudo compresa tra 3.0 e 5.5 sulla scala Richter. Oltre all’attività sismica in corso, Mandalay ha subito oltre tre settimane di forti piogge e tempeste. E tra piogge persistenti e scosse di assestamento, alcuni edifici già indeboliti dal terremoto sono crollati, causando ulteriori difficoltà alle comunità colpite. Il 17 maggio, un padre e un figlio che alloggiavano in un campo di soccorso per il terremoto a Mandalay hanno perso la vita in seguito alla caduta di un albero sulla loro tenda.

Ci sono ancora molte persone costrette a passare la notte all’aperto o in rifugi di fortuna. Molte case sono state danneggiate o distrutte dal recente terremoto, costringendo le famiglie a dormire all’aperto per sicurezza. A Mandalay e dintorni, le persone utilizzano teloni, tende o strutture di bambù per proteggersi dalle intemperie. L’accesso ad acqua pulita, servizi igienici e beni di prima necessità rimangono limitati e gli aiuti locali faticano a soddisfare i bisogni urgenti delle comunità colpite. C’è anche forte preoccupazione per l’arrivo del monsone che renderà probabilmente ancora più difficile la situazione per le vittime del terremoto. I loro rifugi di fortuna, spesso fatti di teloni o bambù, non saranno in grado di resistere a forti piogge e forti venti. “Temiamo – scrivono dall’arcidiocesi di Mandalay – che le inondazioni e le cattive condizioni igieniche aumenteranno il rischio di malattie trasmesse dall’acqua, soprattutto per bambini e anziani”.

“Senza un supporto urgente per fornire rifugi più resistenti e migliorare l’igiene, la loro sicurezza e il loro benessere saranno seriamente minacciati durante la stagione delle piogge”.