Vita Chiesa

Nel suono delle campane c’è la vita delle comunità

A partire dal V secolo le basiliche cristiane cominciano ad essere dotate di campanili. I più antichi, come quello di S. Apollinare Nuovo a Ravenna (VI sec.) sono di forma cilindrica. Verso la metà dell’VIII secolo il papa Stefano II ne costruì uno a S. Pietro, ma in quell’epoca se ne trova uno un po’ dappertutto. Le campane, sostituendo in Occidente l’uso della raganella o della simandra care ai monaci orientali, che conosceranno anche l’uso delle campane a partire dal X sec., aggiungono un supplemento di festività alla liturgia.Da questo tempo in poi la campana o le campane diventano componenti essenziali della storia segnando i momenti belli e tristi della vita di ogni paese e comunità e scandendo il tempo che scorre inesorabile, ma che  avvicina sempre più l’uomo all’incontro con Dio.

Nel recente decreto sull’uso delle campane il Vescovo di Volterra, cita, a tale proposito, il Manzoni in quelle belle pagine che descrivono la conversione dell’Innominato e le campane che suonano nella valle diventano stimolo e invito ad andare anche lui ad incontrare il personaggio che viene annunciato con le dolci melodie che si spargono per tutta la valle.

Ma esiste un altro episodio nei «Promessi sposi» dove le campane sono protagoniste di salvezza per quel «povero curato» assediato da Renzo e Lucia che a tutti i costi volevano diventare marito e moglie. «Correte Ambrogio! Aiuto! Gente in casa»…Ambrogio «trovo su due piedi un espediente per dar più aiuto di quello che gli si chiedeva, senza mettersi lui nel tafferuglio, quale si fosse. Dà di piglio alle brache…corre al campanile, afferra la corda della più grossa di due campanette che c’erano e suona a martello» salvando cosi don Abbondio disturbato nelle sue letture filosofiche.

Tanti sono gli avvenimenti lieti e tristi della storia, della nostra storia, che sono segnati dalla presenza delle campane. Ognuno di noi potrebbe raccontarne una senza dimenticare che ogni singola campana ha la sua storia e la sua ragione d’essere; basta salire sui campanili e leggere le belle scritte latine di dedica con le immagine fuse sull’esterno delle campane.

Martedì 21 febbraio, ultimo giorno di carnevale, sono rimasto in piedi fino alla mezzanotte perché dovevo suonare la campana che segnava l’inizio della Quaresima, tra l’altro è la campana più grossa detta anche «campanone» quella che deve essere suonata in queste circostanze, il suono è durato circa un minuto. Non ho ricevuto nessuna telefonata ne al momento ne la mattina seguente, al massimo ho saputo che qualcuno ha pensato che si fosse sballato l’orologio. Tutti i giorni, sempre lo stesso «campanone», suona alle 7 di mattina, a mezzogiorno, e alle 7 di sera e quando raramente si guasta l’impianto alla gente manca questo suono, specialmente quello della mattina. Ai tre campanili funzionanti va aggiunto il cosiddetto «orologio di piazza» di proprietà comunale che batte le ore e le mezzore  con ritardo o anticipo evocando i personaggi di Peppone e don Camillo. Sto parlando di un Comune del sud della Toscana che ha una popolazione che oscilla intorno alle quattromila novecento persone delle quali circa il dieci per cento non italiano e buona parte anche non cristiano.

Per quanto riguarda la storia delle campane, in uno dei tre campanili è inserita e ancora in funzione una delle campane più antiche risalente al tredicesimo secolo e in un altro campanile e stato posizionata nel 1965 una campana donata  a ricordo dei caduti delle due grandi guerre e fino a pochi anni fa ogni 4 novembre suonava cento tocchi per ricordare alla comunità il sacrificio dei propri fratelle morti per la patria. Aldilà di suoni prolungati durante le processioni, ogni suono che annuncia la liturgia festiva e feriale e che scandisce il tempo che scorre ha la durata di due minuti.

Questo è ciò che avviene nella mia comunità dove nessuno si è mai lamentato per il momento del suono della campane; ma non dappertutto è cosi. Sicuramente occorre disciplinare l’uso delle campane ma non credo che si debba smettere di suonarle, non per niente siamo la patria di Pier Capponi!

Come il Vicerè in fuga da Milano in rivolta, di manzoniana memoria, diceva al cocchiere che lo portava fuori dalla mischia: «Adelante Pedro, con judicio!» anche noi parroci e pastori diciamoci: suoniamo sì ma con giudizio e moderazione. I tempi di don Camillo e Peppone, se anche ci sono stati, ormai sono finiti. Rispettiamoci ma non ci facciamo annientare, forse i cristiani non sono più maggioranza, ma hanno fatto e fanno la storia di questo paese anche con il suono delle campane.

Don Fabrizio Ilari Parroco di Sarteano (Siena) e incaricato regionale per la liturgia della Conferenza Episcopale Toscana Le norme del vescovo di Volterra: come, quando e perché suonarleIl Vescovo di Volterra Alberto Silvani ha stabilito, attraverso un decreto, i tempi e la durata del suono delle campane. Un documento che non si limita a indicare quando e quanto suonare le campane per «chiamare» i fedeli alle celebrazioni liturgiche, ma soprattutto sottolinea come il suono delle campane scandisca i vari momenti della vita della comunità.

«Da tempo immemorabile – scrive mons. Silvani – gli orologi dei campanili scandiscono il tempo della vita cittadina e l’uso delle campane accompagna gli episodi lieti o tristi della comunità cristiana. La campana chiama a raccolta, avvisa di un incendio, saluta la nascita cristiana delle persone, amplifica la gioia per la celebrazione dei matrimoni, accompagna al cimitero i nostri morti. Ma l’uso più comune delle campane è quello di allietare le celebrazioni liturgiche: non si tratta solo di chiamare i fedeli, ma di contribuire al clima di festa».

Il testo del Vescovo cita anche una pagina dei Promessi sposi, nel capitolo che racconta la notte insonne dell’Innominato. Una veglia accompagnata dal suono delle campane che annunciavano la visita pastorale del cardinale Borromeo: «e si scampanava più per allegria, che per avvertir la gente», scrive Manzoni.

«L’uso delle campane – scrive il vescovo Silvani, anche in risposta alle possibili polemiche di chi si ritiene disturbato – rientra nell’ambito della libertà religiosa, secondo la concezione propria della Chiesa cattolica e gli accordi da essa stipulati con la Repubblica italiana. Come tale, la Chiesa intende tutelarlo e disciplinarlo, con attenzione alle odierne condizioni sociali e nel rispetto delle leggi civili e vigenti in Italia».

Il decreto serve quindi a «una regolamentazione del suono delle campane che ne salvaguardi le caratteristiche tipicamente religiose nel rispetto delle attuali esigenze della popolazione». Si parla di campane, ma le norme valgono ovviamente anche per gli altoparlanti che trasmettono suoni registrati.

Tra le norme stabilite, la limitazione dell’uso delle campane a tre scopi fondamentali: «indicare le celebrazioni liturgiche e le altre manifestazioni di preghiera e di pietà popolare», «scandire i momenti più importanti della vita della comunità cristiana (feste, lutti, ecc.)» e infine «richiamare al mattino, a mezzogiorno e alla sera il saluto a Maria». Altri utilizzi avranno bisogno di autorizzazioni particolari.

Gli orari consentiti vanno dalle 7 alle 20 nei giorni feriali, dalle 7,30 alle 20,30 nei giorni festivi; fanno eccezione la Veglia pasquale e la Notte di Natale. La durata del suono per l’avviso delle celebrazioni liturgiche «non deve mai superare i due minuti di orologio»; solo nelle grandi solennità si può arrivare a 3-4 minuti. La durata del suono per altri scopi (per l’Angelus o in occasione della morte di un fedele, ecc.) non deve superare i 30 secondi.

Il decreto parla anche dell’intensità del suono, che deve essere regolata in modo tale che le campane mantengano «la funzione di segno (siano quindi percepibili da parte dei fedeli), ma non siano fonte di disturbo per chi ha necessità di riposo o per particolari categorie di ammalati».