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Nell’era dei social la nostalgia per una comunità in carne ed ossa

Già dal titolo scelto, «Siamo membra gli uni degli altri (Ef 4,25). Dalle social network communities alla comunità umana», si intravede la dimensione personalistica che mai Francesco abbandona, convinto com’è, che tutti abbiano bisogno di vivere in relazione e di specchiarsi nello sguardo dell’altro.

Ecco perché a qualcuno può apparire severo il giudizio del Papa sui «legami deboli» che si creano nei social, sulla tendenza alla costruzione identitaria in una contrapposizione rancorosa con l’altro da sé, sulla diffusione digitale dell’individualismo sfrenato che sfocia nel narcisismo. Ma questa, diciamo la verità, è solo una constatazione della realtà , con la quale, come suggerisce il Papa, non si può scendere a patti in nome di un’idea. Ma anche la realtà delle cose può essere cambiata se viene in soccorso il Vangelo. Ed è quello che propone il Papa evocando la metafora paolina del corpo e delle membra. Cioè della relazione umana fondata sulla comunione e sull’alterità.

Una relazione che evoca l’incontro, il dialogo, la comprensione delle ragioni dell’altro. Una relazione che non spinge la singola persona a sbattere in faccia all’interlocutore di turno la propria identità, quasi fosse un’arma contundente. Dunque, una relazione capace di compassione. Il messaggio del Papa offre, inoltre, una splendida suggestione: «Noi portiamo sempre nel cuore la nostalgia di vivere in comunione, di appartenere a una comunità».

Ecco una vera consolazione per tutti noi frequentatori dei social: se nel nostro cuore ci sarà ancora un lampo di nostalgia per una comunità in carne e ossa, di sguardi e sorrisi ricambiati, di mani che si intrecciano e che accarezzano, di cuori che soccorrono… allora non tutto sarà perduto per la nostra vita di relazione. Una vita buona, liberante e inclusiva. Nella quale l’onda digitale non si infrange sul nostro io, ma come tanti ruscelli va a dissetare i nostri «amici». Tutti i nostri «amici», non solo quelli dei social.