Volontariato

Carcere: riscatto di un giovane detenuto con Seconda Chance

Il progetto apre le porte alla rinascita attraverso il lavoro, offrendo ai detenuti concrete opportunità di formazione e inserimento lavorativo. La testimonianza di D. racconta un percorso di riscatto fatto di impegno e speranza dopo la reclusione a Prato

carcere (foto archivio Agensir)

Di lavoro si vive, di lavoro si rinasce: nella voce di D., giovane detenuto della casa circondariale di Prato, il germoglio della speranza si schiude in una delle strade maestre della riabilitazione: il lavoro. La detenzione da sola non è sufficiente a scongiurare la recidiva, pertanto il progetto «Seconda Chance» crea opportunità di lavoro e di apprendimento o, per dirlo in altre parole, di riscatto. Allora gli spazi del carcere si trasformano in imprese, luoghi di formazione e le sue porte si aprono per consentire ai detenuti un reinserimento nel tessuto civile e sociale della comunità.

«Sono infinitamente grato – spiega D. – a Seconda Chance, ma sono anche consapevole che la luce del cambiamento si può trovare nei miei occhi». Impegno, dedizione e tenacia: nel percorso di questo giovane detenuto la prima tappa di riscatto è stata l’acquisizione del diploma, ottenuto con il massimo dei voti. «Alcuni compagni suggerivano di rivolgermi a delle associazioni che potessero offrire delle opportunità lavorative. Inizialmente ho accantonato l’idea, non pensavo di essere così fortunato». Ma il destino e la sua buona condotta hanno concesso il diritto a rifiorire: «Un mio amico mi propone nuovamente di cercare lavoro e proprio in quel giorno avrei dovuto fare una videochiamata con la mia famiglia. Così gli chiedo di fare una ricerca su internet e mandarmi gli indirizzi mail delle associazioni che si occupavano di ciò: una di questa era «Seconda Chance». Torno in cella e mi convinco a scrivere un testo da inviare». Le parole e la storia di D. avevano i requisiti giusti per gettare le basi verso un futuro migliore: «Rimasi sbalordito dalla risposta di Flavia Filippi (presidente nazionale di «Seconda Chance»). Mi disse che la referente del progetto era Sara Benvenuti, la professoressa con cui ero già entrato in contatto nella saletta universitaria del carcere, che frequentavo come uditore». Di lì a poco, Sara e D. si incontrano: emerge un confronto fatto di buona volontà, solerzia e disponibilità. «Le raccontai – ricorda D. – che a tredici anni feci un’esperienza come carrozziere. Non mi sarebbe dispiaciuto riprovare con questo mestiere».

È stato infatti organizzato un colloquio con un carrozziere, della durata di circa due ore, in cui il futuro datore di lavoro ha subito trovato in D. un degno collaboratore: «Mi ha detto che mi avrebbe assunto il giorno successivo». Dopo aver conseguito le necessarie autorizzazioni, D. inizia a respirare boccate di normalità. Sveglia alle quattro del mattino, due treni, due autobus e tanta determinazione.

Il datore di lavoro ha superato la barriera del passato di D., focalizzandosi sul presente e valutando solo la sua volontà di rimboccarsi le maniche. Il traguardo del riscatto può essere raggiunto percorrendo la via della cooperazione: «La loro fiducia mi trasmette molta positività e speranza».

«Mi sono sentito accolto. – spiegia D. – Per me è una seconda famiglia». Nella carrozzeria nessun pregiudizio, nessuno stereotipo, questa diviene in tal senso un contesto rappresentativo per favorire inclusione sociale e speranza ai detenuti. È quanto promuove e auspica il progetto «Seconda Chance». Oltre alla difficoltà di superare lo stigma del pregiudicato, spesso il percorso penitenziario conduce a un impoverimento della professionalità, proprio la mancanza di opportunità concrete di reinserimento ha determinato in Italia una percentuale di recidiva del 70%. Affinché la detenzione non si traduca in una macchia indelebile ma sia una cicatrice che scompare, «Seconda Chance» fa conoscere alle imprese la legge Smuraglia (193/2000) che offre agevolazioni a chi assume, anche part time o a tempo determinato, detenuti ammessi al lavoro esterno. Assume dunque il ruolo di ponte tra il carcere e la realtà lavorativa esterna: dopo aver illustrato i principi della legge, qualora l’impresa sia disponibile, «Seconda Chance» si interfaccia con l’area educativa, al fine di individuare le persone più meritevoli. Vi è anche la possibilità per l’azienda di esternalizzare parte delle loro attività all’interno degli istituti. Infine l’impegno del progetto verte anche sul fronte della formazione, con l’introduzione di corsi di vario tipo. Nel carcere femminile di Sollicciano sono stati offerti corsi da estetiste, in quello maschile vi è la possibilità di prendere la patente per il muletto o apprendere abilità culinarie con chef stellati.