Firenze
Omelia San Giovanni: Gambelli, “diventare artigiani di pace”
Pubblichiamo il testo dell'omelia proclamata stamattina in Cattedrale dall'Arcivescovo di Firenze, mons. Gherardo Gambelli nella Solennità di San Giovanni Battista, patrono della città

Celebriamo la Solennità della Natività di San Giovanni Battista, patrono della nostra città, all’interno dell’anno giubilare e ci affidiamo alla sua intercessione perché ci aiuti a crescere in quella speranza che non delude perché fondata sulla fede in Gesù Cristo nostro salvatore. Giovanni Battista, che ha indicato il Messia presente nel mondo, ci aiuta ancora oggi a scrutare i segni dei tempi e a interpretarli alla luce del Vangelo, a riconoscere il Signore presente nella nostra storia difficile, a preparare ed affrettare il suo ritorno nella gloria, proprio come ci ricorda San Pietro nella sua Seconda Lettera: “Dato che tutte queste cose dovranno finire in questo modo, quale deve essere la vostra vita nella santità della condotta e nelle preghiere, mentre aspettate e affrettate la venuta del giorno di Dio, nel quale i cieli in fiamme si dissolveranno e gli elementi incendiati fonderanno! Noi, infatti, secondo la sua promessa, aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova, nei quali abita la giustizia” (2 Pt 3,11-13).
Possiamo riflettere sul testo del Vangelo di oggi soffermandoci a considerare le parole e le azioni dei tre protagonisti principali del racconto: il mutismo di Zaccaria, il no di Elisabetta e la crescita di Giovanni.
Dietro la figura di Zaccaria, ed in particolare dietro il suo mutismo, possiamo scorgere la sterilità di un culto che non coinvolge la vita. Il capitolo primo del Vangelo di Luca ci presenta Zaccaria come un uomo giusto e irreprensibile nell’osservanza di tutte le leggi e le prescrizioni del Signore. Il suo mutismo, più che una punizione di Dio per non aver creduto alla parola dell’angelo Gabriele, vuole essere un segno per lui e per le persone affidate alla sua cura, del rischio di vivere una fede chiusa nelle sacrestie, nelle tradizioni e nelle abitudini. Zaccaria è muto perché è sordo, tanto è vero che i parenti devono rivolgersi a lui con cenni per sapere come voleva che si chiamasse suo figlio.
Anche noi, spesso, siamo sordi alla Parola di Dio e proprio per questo siamo muti, incapaci di parlare, specialmente quando si tratta di difendere la dignità dell’uomo, fatto a immagine e somiglianza di Dio, nel rispetto del valore della vita umana dal suo concepimento fino alla sua fine naturale. Vengono in mente le celebri parole di Martin Luther King: “Non ho paura della cattiveria dei malvagi, ma del silenzio degli onesti”.
Giovanni Battista, proprio ritirandosi in regioni deserte, ha saputo mettersi in ascolto della Parola di Dio e vivere la docilità all’azione dello Spirito Santo, di cui era stato colmato fin dal seno di sua madre. Si tratta di mettersi in ascolto sincero gli uni degli altri e dello Spirito Santo, come ha ricordato recentemente Papa Leone nell’incontro con i vescovi italiani: “Perché solo dove c’è ascolto può nascere comunione, e solo dove c’è comunione la verità diventa credibile. Vi incoraggio a continuare su questa strada!”.
L’evangelista Luca è molto attento al ruolo delle donne nella storia della salvezza, tra le quali in particolare Maria ed Elisabetta. Di quest’ultima mette in luce soprattutto il coraggio di pronunciare un “no” che blocca la decisione dei parenti di mettere al bambino il nome del padre.
Sappiamo che nel mondo biblico il nome indica l’identità della persona. Giovanni non sarà un sacerdote come suo padre Zaccaria, ma un profeta: “Egli camminerà innanzi a lui con lo spirito e la potenza di Elia, per ricondurre i cuori dei padri verso i figli e i ribelli alla saggezza dei giusti e preparare al Signore un popolo ben disposto”. Così si era espresso l’angelo Gabriele nel tempio di Gerusalemme, facendo eco alle parole del profeta Malachia, di cui cita però solo la prima parte del v. 24 del capitolo 3. Si parla di una conversione dei padri verso i figli, mentre si omette quella dei figli verso i padri. Tutti certamente abbiamo bisogno di conversione, ma c’è un’urgenza che riguarda in particolare gli adulti, riguardo alla loro responsabilità di non ipotecare il futuro delle nuove generazioni. Elisabetta dice quel no che difende il figlio, aiutandolo a compiere quello che Dio si aspetta da lui e non quello che gli uomini si aspettavano da lui, per compensare semmai certe loro frustrazioni.
Proprio nel rispetto reciproco all’interno della famiglia possiamo diventare artigiani di pace nel mondo, seguendo la bella esortazione di Papa Leone: “Ogni comunità diventi una casa della pace, dove si impara a disinnescare l’ostilità attraverso il dialogo, dove si pratica la giustizia e si custodisce il perdono. La pace non è un’utopia spirituale: è una via umile, fatta di gesti quotidiani, che intreccia pazienza e coraggio, ascolto e azione”.
Nella parte finale del Vangelo si presenta il processo di crescita del bambino (“il bambino cresceva e si fortificava”) facendo ricorso a un verbo che Luca riprenderà negli Atti degli Apostoli a proposito della crescita della Parola di Dio: “La parola di Dio cresceva e si diffondeva” (At 12,24). È interessante questo modo di esprimersi, in cui si mette in evidenza la dimensione dell’umiltà: è la parola e non la comunità cristiana a stare al centro dell’attenzione. Proprio come nella vita di Giovanni è stato il Cristo e non la sua persona a dover crescere: “Ora questa mia gioia è piena. Lui deve crescere; io, invece, diminuire” (Gv 3,29-30).
Quando il deserto d’Egitto era la dimora di quei santi uomini chiamati i Padri del deserto, una donna malata di cancro al seno partì alla ricerca di uno di loro, un certo abba Longino, perché aveva la fama di essere un grande santo e un mirabile guaritore. Mentre la donna camminava sulla riva del mare, si imbatté proprio in Longino che stava raccogliendo legna da bruciare, ma non sapeva che era lui. Per questo gli chiese: «Per favore, padre, potrebbe indicarmi dove si trova la casa di abba Longino?». Longino rispose: «Perché cercate questo vecchio truffatore? Non andate da lui, vi farà solo del male». E poi disse: «Qual è il suo problema?». La donna gli spiegò di cosa si trattava. Il padre allora pregò per lei, la benedisse e la congedò dicendo: «Va’ in pace ora e Dio ti farà sicuramente guarire. Longino non avrebbe mai potuto darti alcun aiuto». La donna se ne andò fiduciosa di poter essere guarita. Il miracolo effettivamente si compì e prima della fine del mese ritrovò la salute. Poi visse per lunghi anni e morì senza mai sapere che era stato Longino a guarirla.
Aiutaci Signore a credere che si è più beati nel dare che nel ricevere e che si è ancora più beati nel dare senza che nessuno lo sappia. La gioia di San Giovanni sia anche la nostra nel vedere la crescita della tua Parola, nel lasciarci trasformare dalla tua grazia per essere strumenti efficaci di pace nel mondo, per vincere il male con il bene.