Cultura & Società

Opera La Pira, dal campo internazionale appello per la pace

Si è concluso il "Campo Internazionale 2023" organizzato come ogni anno dall'Opera per la gioventù Giorgio La Pira presso il Villaggio La Vela di Castiglione della Pescaia.

campo internazionale Opera La Pira 2023

Vi hanno partecipato un gruppo di quasi 200 giovani provenienti da otto paesi tra Europa, Medio Oriente e Africa, in rappresentanza delle tre religioni abramitiche. Presente anche una delegazione dei Giovani musulmani italiani.
Uniti dalla volontà comune di un cambiamento positivo i giovani hanno intrapreso un percorso di dialogo con l’obiettivo di affrontare le sfide che affliggono la regione mediterranea: “Un mare, molte culture: costruire ponti di pace attraverso il Mediterraneo” il tema del campo.
Ispirati dalla perdurante eredità del professor La Pira e della sua immagine del Mediterraneo come “grande lago di Tiberiade” i giovani hanno intrapreso un’esperienza di vita unica, incentrata su una forte proposta di vita comunitaria alla ricerca di una possibile “identità mediterranea”.
A conclusione hanno redatto il documento finale allegato.
Alcuni ospiti hanno potuto incontrare il Santo Padre a margine dell’udienza generale di mercoledì 9 agosto; hanno visitato il campo l’arcivescovo di Firenze, card. Giuseppe Betori, ed il vescovo di Grosseto mons. Giovanni Roncari.
Nel percorso di riflessione i giovani sono stati aiutati da docenti e testimoni di rilievo, tra cui il prof. Romano Prodi, già presidente del Consiglio dei Ministri e della Commissione Europea, e la prof.ssa Laura Zanfrini, professore ordinario di Sociologia delle migrazioni e della convivenza interetnica presso l’Università Cattolica di Milano, tra i maggiori esperti italiani di migrazioni internazionali.

Campo Internazionale 2023 – Documento finale
Da culla di antiche civiltà e culture a punto focale di numerose sfide contemporanee, la
regione del Mediterraneo ha sempre avuto un ruolo significativo nel plasmare il nostro
mondo e il suo equilibrio geopolitico. Negli ultimi anni, tale regione si è trovata ad
affrontare una serie di questioni urgenti: conflitti, crisi umanitarie e instabilità
socio-economica. In questo contesto è sempre più evidente la necessità, non più
rimandabile, di individuare prospettive nuove per risolvere tali questioni con un approccio
collaborativo.
Dal 10 al 20 agosto, un gruppo di quasi 200 giovani provenienti da otto paesi tra Europa,
Medio Oriente e Africa – che rappresentano la diversità delle tre religioni abramitiche – si è
riunito al Villaggio “La Vela”. Uniti dalla volontà comune di un cambiamento positivo,
abbiamo intrapreso un viaggio di discussione e dialogo, con l’obiettivo di affrontare le sfide
che affliggono la regione mediterranea.
Ispirati dalla perdurante eredità del professor La Pira, che credeva ardentemente nella
coesistenza pacifica di individui di diversa estrazione culturale e nazionalità, abbiamo
intrapreso un’esperienza di vita unica, incentrata sul tema “Un mare, molte culture:
costruire ponti di pace attraverso il Mediterraneo”. Il nostro intento era quello di riflettere
sulle caratteristiche dell’identità mediterranea e di capire se la nostra generazione si sente
ancora inclusa in una “comunità mediterranea”, non solo per la vicinanza geografica, ma
anche per storia, cultura, obiettivi e interessi condivisi.
Crediamo che questa comunità non si costruisca solo con scambi accademici, trattati
politici e dibattiti teorici, ma anche attraverso la condivisione di momenti di quotidianità,
come divertimento, cibo, preghiere e discussioni.
Per questo motivo, durante il nostro soggiorno al campo, giovani adulti provenienti da
diversi angoli del mondo si sono riuniti, impegnandosi a vivere una moltitudine di
esperienze che ci hanno unito e posto in relazione gli uni con gli altri. Dalla preparazione
di pasti di culture diverse all’impegno in giochi e preghiere condivise, abbiamo creato un
senso di unione. Più che semplici attività, queste interazioni sono servite come base per
instaurare conversazioni che hanno attraversato i confini, in termini di argomenti e
nazionalità, permettendoci di comprendere la prospettiva degli altri.
Il nostro viaggio verso la costruzione di una vera comunità mediterranea ha comportato
anche discussioni e confronti: in proposito, riconoscere le nostre identità, le nostre origini e
i nostri punti di vista è stato altrettanto cruciale. Infatti, ci siamo resi conto che non
possiamo essere una comunità senza prima essere consapevoli delle nostre individualità
ed essere capaci di apprezzarle.
Per questo motivo abbiamo approfondito il concetto di identità – l’intricata rete di elementi
che danno forma a chi siamo. Attraverso queste discussioni, abbiamo esplorato
collettivamente cosa significhi veramente essere un individuo all’interno di una comunità
più ampia, studiando insieme le tre dimensioni che compongono la nostra identità: quello
ambientale, quello selettivo e quello integrativo. Queste rappresentano, rispettivamente,
dove e con chi siamo cresciuti, le nostre scelte personali e il modo in cui comunichiamo
noi stessi.
Le nostre conversazioni hanno rivelato notevoli somiglianze nella percezione dell’identità.
Nonostante i diversi background, abbiamo scoperto gli aspetti universali di tale concetto.
Approfondendo queste tre dimensioni, abbiamo compreso le complessità che ci
definiscono come individui, capendo che essere consapevoli della nostra complessità e
della nostra dinamicità ci rende capaci di comprendere gli altri e di relazionarci con loro.
Cosa definisce una comunità? Con questa domanda fondamentale, e attraverso un
dialogo aperto, abbiamo svelato i molteplici elementi che ne costituiscono una: dai valori e
dagli obiettivi condivisi al sostegno e all’impegno reciproco, abbiamo cercato
collettivamente di cogliere l’essenza di ciò che lega gli individui.
È emerso chiaramente che la costruzione di una comunità richiede un delicato equilibrio di
compromessi e impegno. Abbiamo riconosciuto che per crearne una che rifletta veramente
tutti noi, dobbiamo essere disposti a fare concessioni e a dare priorità agli obiettivi comuni
rispetto alle preferenze personali.
Viviamo in un mondo multiculturale, ma pensiamo che non sia sufficiente per considerarlo
una vera comunità. Le persone che coesistono nella stessa area geografica senza
interagire non formano una comunità solida, come invece fanno le persone che scelgono
di vivere insieme rispettando e celebrando le proprie ricchezze e diversità.
Mentre immaginavamo la comunità ideale, sono emerse domande sui diritti individuali che
dovrebbero essere garantiti all’interno di una comunità e sui valori fondamentali che ne
dovrebbero costituire la base. Sappiamo che dobbiamo costruire ponti per collegare le
diverse comunità e promuovere un senso di fratellanza globale.
Durante queste discussioni, ci siamo posti un’altra domanda: il concetto di comunità che
abbiamo definito può essere applicato alla regione del Mediterraneo?
Considerando l’importanza storica dell’area, la diversità culturale e le sfide geopolitiche,
abbiamo scoperto una realtà impegnativa: molti di noi non si sentivano veramente parte di
questa comunità. Abbiamo cercato di elencare i punti in comune tra noi membri, ma
abbiamo faticato a trovare un filo conduttore. Questo ci ha portato a chiederci perché
mancasse un senso di appartenenza a tale comunità e cosa potevamo fare in merito.
Abbiamo cercato di superare la distanza percepita concentrandoci sulla ricerca di princìpi
e valori comuni come il rispetto, la giustizia, l’uguaglianza, il compromesso e la solidarietà
attiva.
Un’altra questione che abbiamo affrontato ha riguardato il come colmare il divario tra la
parte settentrionale e quella meridionale del Mediterraneo. Abbiamo scoperto che i timori
di contaminazione culturale non erano così forti come i timori legati alla divisione delle
nostre ricchezze con gli altri, in quanto sentivamo che un gruppo proveniente da un Paese
con una situazione economica peggiore della nostra sarebbe diventato un peso.
Riconoscendo ciò, abbiamo visto l’importanza di comprendere la storia, le storie e la
cultura delle altre comunità.
Se storicamente il Mediterraneo è stato un centro di scambi commerciali e culturali, oggi
sembra essere diventato una frontiera. Come nuove generazioni, riconosciamo l’esigenza
di farci avanti con una mentalità diversa, radicata nella costruzione della speranza e della
cooperazione.
Al riguardo, è emersa come fattore unificante la condivisione di momenti spirituali tra
religioni diverse, facendo luce su aspetti storici della comunità mediterranea che sono
rimasti sopiti o sono addirittura divisivi nella nostra vita quotidiana.
Al Campo Internazionale, ci siamo immersi in arricchenti dialoghi interreligiosi, all’interno
delle rispettive tradizioni abramitiche. Purtroppo, oggi, alcuni abusano della religione come
strumento di divisione, mettendo in pericolo l’unità umana. È fondamentale assumere una
posizione risoluta contro questo uso improprio, perché tutti gli uomini di buona volontà non
diffondano mai l’odio, in particolare sotto la copertura della religione. Al contrario, questa
può essere una forza unificante a livello istituzionale e sociale.
Ci siamo resi conto che questo campo poteva essere il punto di partenza per la creazione
di questa comunità mediterranea: abbracciare l’essenza dell’essere umano, nonostante le
nostre differenze, è diventata una pietra d’angolo su cui costruire.
Questo campo ha rappresentato un’opportunità unica per entrare in contatto con persone
che altrimenti non avremmo mai incontrato, e ha il potere di formare i cittadini del nostro
mondo coltivando una mentalità di unità e cooperazione.
Vivere insieme come una comunità durante il campo ci ha permesso di imparare lezioni
preziose: siamo usciti dalla nostra routine, acquisendo nuove prospettive e intuizioni.
Tornando alla nostra vita quotidiana, dobbiamo portare avanti le responsabilità che
abbiamo scoperto: coltivando infatti i legami che abbiamo creato, possiamo fare in modo
che l’impatto di questo campo continui anche dopo la sua conclusione.
Non possiamo permettere che il nostro viaggio finisca qui. Abbiamo il dovere di portare il
processo iniziato nel campo nelle nostre comunità locali. Come semi piantati nei nostri
cuori, gli ideali e i valori che abbiamo abbracciato devono attecchire e fiorire nei nostri
paesi.
Mentre riflettiamo sul tempo trascorso insieme, ricordiamoci che il cambiamento inizia
anche da noi. Applicando le lezioni di unità, comprensione e cooperazione, possiamo
contribuire a un futuro più luminoso per noi stessi e per le generazioni a venire.