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P. Faltas: “A Gaza si muore di fame, di caldo, sotto le bombe”

Intervista al vicario della Custodia di Terra Santa in occasione del viaggio di solidarietà che i vescovi della Toscana stanno facendo in questi giorni tra Gerusalemme, Betlemme e Gerico: «È la situazione più disumana che io abbia mai visto»

Padre Ibrahim Faltas

«È la situazione più disumana che io abbia mai visto». Padre Ibrahim Faltas, vicario della Custodia di Terra Santa, non usa mezzi termini per descrivere la crisi che attanaglia il popolo palestinese — cristiani e musulmani insieme — in questo tempo segnato dalla guerra, dall’isolamento e dalla disperazione.

Sono parole forti, quelle che pronuncia durante il viaggio di solidarietà dei vescovi toscani in Terra Santa, che in questi giorni sta rappresentando un raro spiraglio di luce per una popolazione stremata. Lo incontriamo a Casanova, la pensione dei pellegrini a Gerusalemme riaperta per l’occasione perché era chiusa dal 7 ottobre 2023, giorno dell’attacco terroristico di Hamas a Israele e della successiva rappresaglia israeliana. «Io sono qui da 36 anni. Ho vissuto la prima Intifada, la seconda, l’assedio alla Natività. Ma una situazione così, mai. Da 20 mesi non vedevamo nessuno, e ora sono arrivati undici vescovi, un cardinale, sacerdoti, laici… è una grande gioia per noi», dice con emozione.

Ma la gioia dell’incontro non cancella la sofferenza. Gaza, in particolare, è l’epicentro di una catastrofe umanitaria: «Ci sono oltre 180 mila tra morti e feriti. E a questi si aggiungono le persone sotto le macerie, i bambini orfani, la gente che muore di fame, di sete, di caldo. La maggior parte delle vittime sono civili: donne, bambini, anziani, disabili. Non hanno colpa. Sono solo nati a Gaza».

Anche in Cisgiordania la tensione è costante: «Ogni giorno ci sono scontri, arresti, case distrutte. Oggi a Nablus ci sono stati decine di feriti. E intanto, anche i nostri cristiani stanno male. Vivono di turismo, ma da 20 mesi il turismo è fermo. Non lavorano, non hanno entrate, non hanno nulla».

Padre Faltas lancia un allarme che va oltre l’emergenza economica. Tocca il cuore stesso della presenza cristiana in Terra Santa: «Tanti se ne stanno andando. Solo a Betlemme, 175 famiglie cristiane sono emigrate. Parliamo di più di 600 persone. Se continua così, cosa ci resterà? Chi rimarrà?».

Il suo appello è rivolto con forza alla comunità internazionale: «Da 70 anni chiediamo aiuto, da 70 anni chiediamo un intervento. Eppure, niente. Continuano a dirci che la soluzione è “due popoli, due stati”. Ma chi la realizza? Quando fissano una data? Quando si impegnano davvero? Le parole non bastano più».

Padre Faltas è chiaro: il conflitto non ha vincitori. «Anche il popolo israeliano ha sofferto. Anche lì ci sono stati morti, famiglie distrutte, innocenti uccisi. Nessuno sta bene, né israeliani, né palestinesi, né cristiani, né musulmani, né ebrei. Tutti stanno soffrendo».

Ma nonostante tutto, la sua voce non si spegne nella disperazione. Rimane salda, radicata in una fede concreta e operosa. «La visita dei vescovi toscani ha riacceso la speranza. È importante che il mondo venga a vedere, a incontrare le persone, a capire cosa accade davvero. Solo così si può costruire qualcosa. Non con le parole, ma con la vicinanza, con la presenza».

E conclude, quasi come una preghiera rivolta al mondo: «Fino a quando, ci domandiamo. Fino a quando durerà questa sofferenza? È tempo di fermarsi, di ascoltare, di agire. È tempo di ridare dignità a ogni essere umano. Qui, ora».