Vita Chiesa

Papa Francesco: in aereo, «se l’umanità non cambia, continueranno miserie, tragedie e guerre»

«Se l’umanità non cambia, continueranno le miserie, le tragedie, le guerre, i bambini che muoiono di fame, l’ingiustizia», ha detto il Papa, durante l’ampia conversazione, a braccio, con i giornalisti nel volo di ritorno dal viaggio in Africa. «L’80% della ricchezza del mondo è nelle mani del 17% della popolazione», ha ricordato Francesco: «È un sistema economico dove al centro c’è il denaro, il dio denaro. Io ricordo una volta che ho trovato un grande ambasciatore, parlava francese, lui. E mi ha detto questa frase – non era cattolico – e mi ha detto: ‘Nous sommes tombés dans l’idolatrie de l’argent’. E se le cose continuano così, il mondo continuerà così». Ascoltando le testimonianza dei giovani a Kangemi, ha detto il Papa, «ho sentito dolore. E io penso come la gente non se ne accorge … Un grande dolore. Ieri per esempio, sono andato all’ospedale infantile: l’unico pediatrico di Bangui o del Paese! E in terapia intensiva non hanno gli strumenti per l’ossigeno. C’erano tanti bambini malnutriti: tanti. Lì. E la dottoressa mi ha detto: ‘Ma, questi, nella maggioranza moriranno perché hanno la malaria, forte, e sono malnutriti’. l’idolatria è quando un uomo o una donna perdono la carta d’identità di essere figlio di Dio e preferisce cercarsi un dio a propria misura».

«Se le cose vanno bene credo che il prossimo viaggio sarà in Messico». Papa Francesco ha risposto così alla domanda di un giornalista:  «Ancora le date non sono precise», ha poi puntualizzato. Tornerà in Africa? «Ma, non so: io sono anziano, i viaggi sono pesanti», la risposta. Interpellato sui momenti per lui più memorabili del suo undicesimo viaggio africano, il Papa ha risposto: «Quella folla, quella gioia, quella capacità di festeggiare, di far festa con lo stomaco vuoto … Ma per me l’Africa è stata una sorpresa. Io ho pensato: ‘Dio ci sorprende, ma anche l’Africa ci sorprende!’. E … tanti momenti! Ma, la folla: la folla! Si sentono visitati. Hanno un senso dell’accoglienza molto grande. Io ho visto, nelle tre Nazioni, che avevano questo senso dell’accoglienza, perché erano felici di sentirsi visitati». Ogni Paese, poi, ha la sua identità, ha detto Francesco fotografando ognuna delle tre tappe: «Il Kenya è un po’ più moderno, sviluppato; l’Uganda ha l’identità dei martiri: il popolo ugandese, sia cattolico che anglicano, venera i martiri, la memoria dei martiri è la sua carta di identità.  E la Repubblica Centrafricana ha la voglia di pace, di riconciliazione, di perdono. Loro normalmente hanno vissuto fino a quattro anni fa, cattolici, protestanti, islamici, come fratelli; sono andato in moschea, ho pregato in moschea, anche l’imam è salito sulla papamobile per fare il giro nel piccolo stadio … piccoli gesti che faccio … è quello che vogliono, vogliono la pace «cercano la pace, tra loro, la riconciliazione: niente odio».

«La stampa libera, laica e anche confessionale» deve essere «professionale»:  il primo imperativo è che «le notizie non vengano manipolate», perché «la denuncia delle ingiustizie, delle corruzioni, è un bel lavoro». Conversando in aereo con i giornalisti il Papa non si è sottratto alle domande su Vatileaks2: «La stampa professionale deve dire tutto, senza cadere nei tre peccati più comuni», ha ammonito Francesco: «la disinformazione – dire la metà e non dire l’altra metà -, la calunnia – la stampa non professionale, quando non c’è professionalità, sporca l’altro con verità o senza verità – e la diffamazione, che è dire cose che tolgono la fama di una persona con cose che in questo momento non fanno male a niente, forse cose del passato».  Sono questi, per il Papa, «i tre difetti che attentano alla professionalità della stampa. Ma abbiamo bisogno di professionalità, il giusto: la cosa è così, la cosa è così, la cosa è così. E sulla corruzione, vedere bene i dati e dirli, sì: c’è corruzione qui, per questo, per questo, per questo … Poi, un giornalista che sia un professionista vero, se sbaglia chiede scusa: eh, credevo, ma poi mi sono accorto di no; e così le cose vanno benissimo. Eh, è molto importante!».

«Io credo che sia stato fatto un errore». È la risposta del Papa alle domande dei giornalisti sulle nomine di monsignor Vallejo Balda e Francesca Immacolata Chaouqui.  «Vallejo Balda – ha precisato Francesco – è entrato per la carica che aveva e che l’ha avuta fino adesso. Lui era segretario della Prefettura degli Affari economici: lui è entrato. E poi, come è entrata lei, non sono sicuro ma credo di non sbagliare se dico – ma non sono sicuro – che sia stato lui a presentarla come una donna che conosceva il mondo dei rapporti commerciali. E così hanno lavorato; quando è finito il lavoro i membri di quella commissione che si chiamava Cosea sono rimasti in alcuni posti, in Vaticano. Vallejo Balda, lo stesso. E la signora Chaouqui non è rimasta in Vaticano perché è entrata per la Commissione e poi non è rimasta. Alcuni dicono che si è arrabbiata di questo, ma i giudici ci diranno la verità sulle intenzioni, come l’hanno fatto».  «Per me non è stata una sorpresa, non mi ha tolto il sonno perché propriamente hanno fatto vedere il lavoro che si è incominciato con la Commissione di Cardinali – il C9 – di cercare la corruzione e cose che non vanno. E qui voglio dire una cosa: niente Vallejo Balda e Chaouqui ma tutti, tutto». Il primo a denunciare la corruzione è stato l’allora cardinale Ratzinger «tredici giorni prima della morte di San Giovanni Paolo II», in quella Via Crucis in cui ha parlato delle «sporcizie della Chiesa», ha ricordato Francesco: «È da quel tempo che c’è nell’aria del Vaticano corruzione».

«Il fondamentalismo è una malattia che c’è in tutte le religioni», ha puntualizzato il Papa. «Noi cattolici ne abbiamo alcuni – ha proseguito –  che si credono con la verità assoluta e vanno avanti sporcando gli altri con la calunnia, con la diffamazione e fanno male: fanno male. E questo lo dico perché è la mia Chiesa: anche noi, tutti! E si deve combattere». «Il fondamentalismo religioso non è religioso», ha ammonito il Papa: «Perché? Perché manca Dio. È idolatrico, come è idolatrico il denaro». Alla domanda se tra i compiti di sacerdoti, vescovi e cardinali rientri anche «fare politica», il Papa ha risposto: « Fare politica nel senso di convincere questa gente che ha questa tendenza, è una politica che dobbiamo fare noi leader religiosi. Ma il fondamentalismo che finisce sempre in una tragedia o in reati, è una cosa cattiva ma viene in tutte le religioni un pezzetto». «Faccia il prete, il pastore, l’imam, il rabbino: questa è la sua vocazione», ha precisato ancora il Papa a proposito del ruolo dei sacerdoti: «Ma si fa una politica indiretta, con la predica dei valori, dei valori veri, e uno dei valori più grandi è la fratellanza tra noi». «Siamo tutti figli di Dio, abbiamo lo stesso Padre», ha ribadito Francesco: «E in questo senso, si deve fare una politica di unità, di riconciliazione… una parola che non mi piace, ma devo usarla: di ‘tolleranza’; ma non solo tolleranza: convivenza, amicizia!».

«La prevenzione è fondamentale», ma «il profilattico non è l’unico mezzo per fermare l’epidemia». Così ha risposto ad una domanda sulla diffusione dell’Aids. Riguardo al consentire l’uso del profilattico al fine di prevenire ulteriori contagi, Francesco ha risposto: «È uno dei metodi, e la morale della Chiesa si trova in questo punto davanti a una perplessità. È il quinto o è il sesto comandamento? Difendere la vita o che il rapporto sessuale sia aperto alla vita?». Ma per Francesco «il problema è più grande»: «La malnutrizione, lo sfruttamento delle persone, il lavoro schiavo, la mancanza di acqua potabile: quelli sono i problemi. Non parliamo se si può usare tale cerotto o tale altro per una piccola ferita. La grande ferita è l’ingiustizia sociale, l’ingiustizia dell’ambiente, l’ingiustizia che ho detto, dello sfruttamento e la malnutrizione». «A me non piace scendere a riflessioni così casistiche, quando la gente muore per mancanza di acqua e di fame, di habitat», ha proseguito Francesco: «Quando tutti saranno guariti o quando non ci saranno queste malattie tragiche che causa l’uomo, sia per ingiustizia sociale, sia per guadagnare più soldi: pensi al traffico delle armi. Perché si continuano a fabbricare armi e trafficare le armi? Le guerre sono il motivo di mortalità più grande. Io direi di non pensare se è lecito o non è lecito guarire il sabato; io dirò all’umanità: fate giustizia, e quando tutti saranno guariti, quando non ci sarà ingiustizia in questo mondo, possiamo parlare del sabato».

«La guerre vengono per ambizione: le guerre – parlo delle guerre non per difendersi giustamente da un aggressore ingiusto – ma le guerre: le guerre sono una industria!». Ha esclamato il Papa, interrogato dai giornalisti sul volo di ritorno dall’Africa in merito alla possibile escalation nei rapporti tra Russia e Turchia: «Nella storia abbiamo visto tante volte che un Paese, il bilancio non va bene: ‘Ma, facciamo una guerra’, e finisce lo sbilancio», le parole di Francesco: «La guerra è un affare: un affare di armi. I terroristi, loro fanno le armi? Sì forse una piccolina. Chi dà loro per fare la guerra? C’è lì tutta una rete di interessi … dove ci sono i soldi, dietro, o il potere. Il potere imperiale o il potere congiunturale … Ma noi, da anni stiamo in guerra e ogni volta di più: i pezzi sono meno pezzi e più grandi, no?». «E guerre sono un peccato e sono contro l’umanità, distruggono l’umanità, sono la causa di sfruttamenti, di traffico di persone, ma tante cose …», il monito del Papa.  «Si deve fermare», il suo imperativo: «Alle Nazioni Unite, due volte ho detto questa parola, sia qui in Kenya che a New York: ‘Che il vostro lavoro non sia un nominalismo dichiarazionista, che sia effettivo: che si faccia la pace!’. Fanno tante cose: qui in Africa ho visto come lavorano i caschi blu … Ma questo non è sufficiente. Le guerre non sono di Dio. Dio è il Dio della pace. Dio ha fatto il mondo, ha fatto tutto bello, tutto bello e poi, secondo il racconto biblico, un fratello ammazza un altro: la prima guerra. La prima guerra mondiale: tra fratelli».

Con l’Islam «sai può dialogare: loro hanno valori. Tanti valori. Loro hanno tanti valori e questi valori sono costruttivi», ha assicurato il Papa, conversando con i giornalisti. «Anche io – ha testimoniato – ho l’esperienza di amicizia con un islamico: è un dirigente mondiale… Ma possiamo parlare: lui ha i suoi valori, io i miei. Lui prega, io prego… Ma tanti valori… La preghiera, per esempio. Il digiuno: valori religiosi».  «Non si può cancellare una religione perché ci sono alcuni gruppi – o molti gruppi – in un certo momento della storia, di fondamentalisti», ha ammonito Francesco: «È vero, le guerre fra religioni sempre ci sono state, nella storia, sempre. Anche noi dobbiamo chiedere perdono: Caterina de’ Medici non era una santa, e quella guerra dei Trent’anni, quella Notte di San Bartolomeo». «Dobbiamo chiedere perdono anche noi degli estremismi fondamentalisti per le guerre di religione», l’invito del Papa: «Ma loro hanno valori, con loro si può dialogare. Dappertutto c’è gente con valori, religiosa. Ma quante guerre, non solo di religione, abbiamo fatto noi cristiani? Il Sacco di Roma non l’hanno fatto i musulmani».

«L’Africa è vittima». Il Papa ha risposto così all’ultima domanda, fatta da un giornalista keniano sull’Africa lacerata dalle guerre. «L’Africa sempre è stata sfruttata da altre potenze», ha proseguito Francesco: «Dall’Africa andavano in America, gli schiavi che erano venduti». «Ci sono potenze che solo cercano di prendere le grandi ricchezze dell’Africa», la denuncia del Papa: «non so, è il continente più ricco, forse… Ma non pensano ad aiutare a crescere il Paese, che possa lavorare, che tutti abbiano lavoro… lo sfruttamento… ». «L’Africa è un martire», ha concluso Francesco: «È martire dello sfruttamento nella storia. Quelli che dicono che dall’Africa vengono tutte le calamità e tutte le guerre,