Vita Chiesa
Papa Francesco, udienza, la ricchezza è buona solo se ha dimensione sociale
«La ricchezza del mondo oggi è nelle mani della minoranza, di pochi, e la povertà, anzi la miseria e la sofferenza, di tanti, della maggioranza». Lo ha denunciato, a braccio, il Papa, che ha dedicato l’udienza di oggi al settimo comandamento, «Non rubare». «Non esiste cultura in cui furto e prevaricazione dei beni siano leciti; la sensibilità umana, infatti, è molto suscettibile sulla difesa del possesso», ha fatto notare Francesco, soffermandosi su «una lettura più ampia di questa Parola, focalizzando il tema della proprietà dei beni alla luce della sapienza cristiana».
«Il mondo è ricco di risorse per assicurare a tutti i beni primari. Eppure molti vivono in una scandalosa indigenza e le risorse, usate senza criterio, si vanno deteriorando. Ma il mondo è uno solo! L’umanità è una sola!», l’appello del Papa, che ha fatto riferimento alla destinazione universale dei beni, così come è definita nel Catechismo della Chiesa cattolica: «All’inizio, Dio ha affidato la terra e le sue risorse alla gestione comune dell’umanità, affinché se ne prendesse cura, la dominasse con il suo lavoro e ne godesse i frutti. I beni della creazione sono destinati a tutto il genere umano». E ancora: «La destinazione universale dei beni rimane primaria, anche se la promozione del bene comune esige il rispetto della proprietà privata, del diritto ad essa e del suo esercizio». «La Provvidenza, però, non ha disposto un mondo ‘in serie’, ci sono differenze, condizioni diverse, così si può vivere provvedendo gli uni agli altri», la tesi di Francesco: «Il mondo è ricco di risorse per assicurare a tutti i beni primari».
«Ogni ricchezza, per essere buona, deve avere una dimensione sociale», ha detto, a braccio, il Papa. «Se sulla terra c’è la fame non è perché manca il cibo!», ha esclamato Francesco: «Anzi, per le esigenze del mercato si arriva a volte a distruggerlo. Si butta». «Ciò che manca è una libera e lungimirante imprenditoria, che assicuri un’adeguata produzione, e un’impostazione solidale, che assicuri un’equa distribuzione», la tesi di Francesco, che a questo proposito ha citato ancora una volta il Catechismo della Chiesa cattolica: «L’uomo, usando dei beni creati, deve considerare le cose esteriori che legittimamente possiede, non solo come proprie, ma anche come comuni, nel senso che possano giovare non unicamente a lui, ma anche agli altri». «Ogni ricchezza, per essere buona, deve avere una dimensione sociale», ha commentato.
«Nessuno è padrone assoluto dei beni, è un amministratore dei beni», ha detto, ancora a braccio, il Papa. «La proprietà di un bene fa di colui che lo possiede un amministratore della Provvidenza», ha spiegato: «Il possesso è una responsabilità – io sono ricco, questa è una responsabilità che tu hai – e ogni bene sottratto alla logica della Provvidenza di Dio è tradito nel suo senso più profondo». «Ciò che possiedo veramente è ciò che so donare», la tesi del Papa: «Questa è la misura per valutare come io riesco ad avere le ricchezze, se riesco bene o male. Questa parola è importante. Se io posso donare, sono aperto, sono ricco, non solo in quello che io possiedo ma anche nella generosità, ho il dovere di darla perché tutti partecipino». «Se non riesco a donare qualcosa è perché quella cosa mi possiede, sono schiavo, ha potere su di me e ne sono schiavo», il monito di Francesco, secondo il quale «il possesso dei beni è un’occasione per moltiplicarli con creatività e usarli con generosità, e così crescere nella carità e nella libertà».
«Quello che ci fa ricchi non sono i beni ma l’amore». Ne è convinto il Papa, che ha concluso l’udienza di oggi, dedicata al settimo comandamento, ricordando che «mentre l’umanità si affanna per avere di più, Dio la redime facendosi povero: quell’Uomo Crocifisso ha pagato per tutti un riscatto inestimabile da parte di Dio Padre, ricco di misericordia». «Tante volte abbiamo sentito quello che il popolo di Dio dice: il diavolo entra dalle tasche», ha aggiunto a braccio tracciando una sorta di fenomenologia della ricchezza usata male: «Prima viene il denaro, l’amore al denaro, l’affanno di possedere. Poi la vanità: ‘Ah, io sono ricco’, e mi vanto di quello. E alla fine l’orgoglio e la superbia. Questo è il modo di agire del diavolo in noi, ma la porta d’entrata sono le tasche».
«Non rubare», ha sintetizzato Francesco, «vuol dire: ama con i tuoi beni, approfitta dei tuoi mezzi per amare come puoi. Allora la tua vita diventa buona e il possesso diventa veramente un dono. Perché la vita non è il tempo per possedere ma per amare»
I saluti. «Dopodomani celebreremo la dedicazione della basilica lateranense, la cattedrale del vescovo di Roma, la cattedrale del Papa». Lo ha detto il Papa, salutando al termine dell’udienza di oggi i pellegrini di lingua italiana: «Pregate per me, affinché confermi sempre i fratelli nella fede», l’invito ai 12mila presenti oggi in piazza San Pietro. Poco prima, salutando i fedeli polacchi, Francesco ha ricordato il 100° anniversario dell’indipendenza della Polonia: «Auguro che il popolo polacco – le sue parole – possa vivere il dono della libertà nella pace e nella prosperità, costruendo per la patria un felice futuro, nell’unione basata sull’eredità spirituale degli avi e sull’amore fraterno».