Lettere in redazione

Papa in Africa, viaggio oscurato da una frase

Caro Direttore,alcuni giornalisti hanno definito questo Papa poco «politicamente corretto» che con le sue prese di posizioni suscita vivaci polemiche e allo stesso tempo profonde riflessioni. Ne dà prova anche il New York Times che dopo aver inizialmente criticato Benedetto XVI, ha succesivamente riconosciuto che la scienza medica conferma che la distribuzione a vasto raggio dei preservativi in Africa non ha dato i risultati sperati, mentre invece l’insistenza sulla fedeltà coniugale e sui rischi di certi comportamenti sessuali sono probabilmente il maggior contributo.

Lucio Skola

Caro Direttore,sorprende che a Washington, capitale del paese più avanzato del mondo, dove non mancano certo l’informazione e tantomeno i preservativi, il tasso di epidemia di aids è più alto che in alcuni paesi africani. Da questo si deduce che è urgente e necessaria una campagna per cambiare stile di vita e di costume come suggerisce la Chiesa. Sorge il dubbio che le polemiche e il polverone montato sulla frase del Papa non sia dovuto tanto al tema del profilattico o dell’aids. Il vero problema è che l’attenzione che il Pontefice sta attirando sull’Africa scopre alcune magagne dell’Occidente come le multinazionali che danneggiano quel continente. Da non sottavalutare anche che quegli stessi paesi che oggi criticano il Papa sono gli stessi che hanno diminuito i loro aiuti all’Africa, salvo l’invio dei preservativi.

Loris Bianchi

Caro Direttore,alla domanda di un giornalista il Papa ha risposto che il problema dell’Aids non si risolve limitandosi alla distribuzione dei preservativi. Anche molti ministri africani ritengono che in Africa c’è un problema di formazione, mentalità, igiene… Quando 25 ragazzi vengono circoncisi con lo stesso coltello il preservativo non c’entra nulla. E quando il preservativo viene ripetutamente usato, magari da più persone, che sicurezza ci può essere? Credo che al di là delle facili polemiche qualche ragione il Papa ce l’abbia.

Kenny Fabbri

Caro Direttore,durante il viaggio in Africa papa Ratzinger ricorda agli africani che l’Aids «non si può superare con la distribuzione dei preservativi che anzi aumentano i problemi». Apriti cielo, le cancellerie di mezze mondo accusano il Pontefice di irresponsabilità. Eppure,gli strapagati politicanti dovrebbero sapere che l’Oms ha rivelato che nonostante la massiccia distribuzione di preservativi nei paesi poveri, l’Aids anziché diminuire è aumentato. Due le ragioni. La prima, confermata dagli operatori sanitari che lavorano sul campo, è che gli africani utilizzano i condom ripetutamente, con relative rotture e mancanza di igiene. La seconda, più subdola e pericolosa (e che non riguarda solo le popolazione africane), è di ordine «psico sociale». L’incentivo alle pratiche contraccettive meccaniche da parte delle industrie farmaceutiche in combutta con i grandi organismi internazionali, ha ingenerato nell’opinione pubblica una sorta di viatico di massa alla promiscuità sessuale, etero ed omo. Una specie di licenza al sesso selvaggio. Appare chiaro che il margine del 70% di efficienza  profilattica dei condom, venga abbondantemente annullata e superata dalla «facilitazione» ai rapporti promiscui multipli.

Altro discorso per la Nigeria cattolica, dove grazie ai richiami della Chiesa alla castità e alla monogamia, i malati della peste del secolo sono quasi inesistenti. Se la sessualità si esercita sganciata dalla responsabilità, il moloch Aids si farà beffe di lascivi e incontinenti. Tanto nei paesi indigenti, quanto nel crapulone Occidente.

Gianni ToffaliVerona

L’affermazione del Papa, convalidata del resto da illustri studiosi, secondo cui il solo uso del preservativo non può risolvere il fenomeno dell’Aids, che per l’Africa è un autentico fenomeno di massa, perché al contrario favorisce i rapporti a rischio e la promiscuità – tesi questa contestata da molte Istituzioni internazionali e ovviamente dai produttori di preservativi, mentre al contempo le Case farmaceutiche, nonostante la generosa battaglia di qualche anno fa portata avanti dal Sudafrica, non vogliono produrre a prezzi accessibili quelle cure che potrebbe alleviare il male – ha in molti giornali offuscato la ricchezza e la passione degli interventi di Benedetto XVI che in questo suo primo viaggio in terra d’Africa ha simbolicamente consegnato lo strumento di lavoro della loro seconda Assemblea speciale.

I due paesi visitati sono, in qualche misura, paradigmatici della situazione del Continente. Il primo, l’Angola, già colonia portoghese a forte maggioranza cattolica, esce da una devastante guerra civile, resa ancor più disumana dall’uso delle bombe a grappolo che hanno lasciato moltissimi, soprattutto giovani, privi di arti e quindi invalidi.

Il secondo, il Camerum, a maggioranza animista e quindi di per sé aperta al trascendente, conosce una comunità cattolica, attiva e preparata e una musulmana moderata, aperta e desiderosa del dialogo.

L’appello del Papa è chiaro e diretto, soprattutto carico di affetto. Si rivolge direttamente agli africani «come artefici del proprio sviluppo» e li «invita a mettersi in cammino», superando le troppe guerre e guerriglie che la dilaniano e che la privano di uomini e di risorse.

L’Africa ce la può fare, soprattutto se l’Europa e l’America la aiuteranno, senza strumentalizzazioni e senza ricercare il proprio interesse come è avvenuto nel passato e purtroppo avviene ancora. Possiamo affermare che il Papa riconsegna l’Africa agli africani in un invito-appello sincero e appassionato. Ne è prova la bella preghiera pronunciata nella spianata di Luanda rivolta soprattutto ai giovani che sono la maggioranza in questo Continente cioè il futuro.

Alberto Migone