Opinioni & Commenti

Per una politica che pensi all’avvenire e alle prossime generazioni

Cinque secoli fa San Tommaso Moro, Patrono dei governanti e dei politici, pregava il Signore di poter avere la forza di cambiare le cose che poteva cambiare e, soprattutto, l’intelligenza di saperle distinguere dalle altre. È questo atteggiamento insieme spirituale ed operativo che interpella ancor oggi le persone impegnate nella vita pubblica, anche nel momento in cui si definiscono le candidature per le elezioni politiche con l’applicazione di un sistema elettorale, il cosiddetto Porcellum, caratterizzato dal paradosso che la campagna elettorale, quando formalmente comincia, in realtà per la stragrande maggioranza dei candidati stessi termina, grazie al sistema delle liste bloccate.

Il dato è di capitale importanza, in quanto, da un lato, il Parlamento uscente non è stato nuovamente in grado di approvare una diversa legge elettorale, pur essendo l’attuale, a parole, attaccata da tutti (anche da chi a suo tempo l’approvò); dall’altro, la questione è dirimente per la selezione di una magari nuova classe dirigente nazionale, a partire da quella politica: questo risulta ad oggi il più dolente e devastante nervo scoperto del critico rapporto tra cittadini ed istituzioni, che rischia di tenere lontano dall’esercizio del diritto di voto, per la prima volta nella storia repubblicana, quasi metà dell’elettorato italiano, non già per assecondare una vena antipolitica, quanto piuttosto proprio per amore e desiderio di una buona politica, diversa, tanto per capirci, anche da quelle polemichette di basso conio che «allietano» anche questo inizio di campagna elettorale. Questo si ritiene, in definitiva, il senso dell’appello del Presidente della Repubblica alla qualità delle liste proposte agli elettori, che cominciano a riassaporare il gusto sia della memoria, quale fondamento della responsabilità politica dei loro eletti, sia dell’avvenire delle attuali e delle nuove generazioni, quale fondamento della legittimazione politica dei futuri parlamentari.

Per quanto riguarda la composizione delle future Camere, dunque, va maturata la consapevolezza che la «vera» campagna elettorale si gioca sostanzialmente ora. Nel Pd le primarie per una quota di candidati parlamentari si sono fin qui dimostrate più in grado di ridisegnare i rapporti di forza sul territorio interni a quel partito anziché recuperare significativamente all’esercizio di un ruolo di cittadinanza attiva gli elettori, compresi gli appartenenti a quelle formazioni sociali dove si svolge la personalità dell’Uomo, le comunità intermedie: è ora sull’allestimento definitivo delle liste di tutte le forze politiche che si verificherà se le risposte saranno all’altezza delle aspettative;  al momento – salvo isolate eccezioni, veri e propri casi più unici che rari – par di assistere anche in Toscana alla solita, vecchia ed usurata corsa al piazzamento di uomini e donne di fiducia dell’uno o dell’altro leader, secondo una pratica politica che non è meno stantia per essere praticata, qua e là, da politici più giovani e che è l’ulteriore frutto marcio di questo sistema elettorale. E, tuttavia, considerata la rapidità con cui si succedono gli avvenimenti e si avanzano nuove formazioni politiche, non è da escludere che, nei prossimi giorni, questa tendenza, pur diffusa nei vari soggetti, venga contenuta, ridotta e, magari, drasticamente invertita: anzi, è esattamente questo che si attendono i cittadini!

Ma non è tempo di foglie di fico; è il tempo, invece, di riassumere, da parte dei partiti politici, il compito di veri strumenti fondamentali di partecipazione della società civile, tanto più con un sistema elettorale – quello che proprio loro portano in definitiva la responsabilità politica di aver mantenuto – che si avvale di liste bloccate: dunque, essi non se ne possono proprio esimere.

Ma non vanno coinvolti quali protagonisti attivi della nuova stagione – se la si vuole davvero nuova! – mestieranti della politica (non importa di quale età, né di quale livello di furbizia), bensì persone provviste di comprovata etica pubblica (pure presupposto indispensabile), di rettitudine di coscienza, di matura capacità di discernimento del bene comune e magari di un proprio lavoro o professionalità che li rendano autenticamente liberi di dedicarsi o meno alla politica – ed alla realizzazione del fondamentale principio lavoristico, su cui si fonda la nostra Repubblica, per tutti i cittadini – con spirito di servizio nell’interesse generale (più che nel proprio).

Persone che, soprattutto, si sforzino di vedere non già diversamente, ma più lontano dei partiti, come sottolineava Tocqueville ne La democrazia in America, e che, mentre i partiti si sono fin qui occupati del domani (se non dell’adesso), aspirino a superare la punta del proprio naso per pensare all’avvenire, ed alle prossime generazioni.

È suonata energicamente l’ora di restituire alla sana e genuina civicità che sta crescendo nel nostro Paese una Speranza per l’Italia e per l’Europa: se non ora, quando?