Opinioni & Commenti

Perché la libertà di associazione non rimanga avvolta nella segretezza

di Andrea Drigani

In questi giorni a Firenze si riparla di Massoneria e di questioni connesse. Non è un caso. Infatti, a proprio Firenze, tra il 1733 ed il 1738, venne fondata la prima loggia massonica in Italia e fiorentino fu il primo Papa, Clemente XII (al secolo Lorenzo Corsini), che condannò la Massoneria con la Bolla In eminenti del 28 aprile 1738. La qualificazione dei rapporti tra la Massoneria e la religione non è semplice. È evidente, comunque, che le logge sono tendenzialmente disposte ad offrire ai propri adepti un modulo di soluzione religiosa o, per meglio dire, parareligiosa, con «teologie», «liturgie» e «dottrine salvifiche», di modo che l’adepto rinunzia, di fatto, alla sua fede, si «converte», aderisce ad un nuovo credo, anche quando l’altra religione in precedenza praticata (per esempio il cattolicesimo) viene riassunta nel nuovo sistema e reinterpretata in termini simbolici od ermetici. In particolare, poi, l’appartenenza alla Massoneria è considerata superiore a tutte le altre appartenenze, per cui la «fratellanza» massonica prevale su ogni altra relazione interpersonale e sociale.

La Chiesa cattolica ha sempre percepito con chiarezza la dimensione laicistica, naturalistica e parareligiosa della Massoneria, come pure l’inquietante obbedienza ai «gerarchi», la segretezza, il legame «fraterno» che ne caratterizzano la vita organizzativa, considerandoli reali pericoli sia per l’opera apostolica sia per la stessa società civile. La pericolosità della segretezza di un sodalizio e dell’assoluta superiorità di un vincolo associativo rispetto a tutti i vincoli legittimi, fu tenuta presente nella redazione dell’articolo 18, secondo comma, della Costituzione della Repubblica Italiana, quando si stabilisce che «Sono proibite le associazioni segrete e quelle che perseguono, anche indirettamente, scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare».

Come è noto la definizione giuridica di «associazioni segrete» avvenne soltanto con la Legge n.17 del 1982, promulgata sotto il Governo presieduto dal fiorentino Giovanni Spadolini, con la quale si dava attuazione all’articolo 18 della Costituzione e si procedeva allo scioglimento della Loggia P2.

Le vicende di questa loggia massonica, che qualcuno inopinatamente indicava come «deviata» e che invece fu ritenuta «segreta ed eversiva» dalla commissione parlamentare d’inchiesta, condussero, appunto, all’approvazione di questa legge nella quale si precisa che sono considerate associazioni segrete quelle che, anche all’interno delle associazioni palesi, occultando la loro esistenza ovvero tenendo segrete congiuntamente finalità e attività sociali avvero rendendo sconosciuti, in tutto o in parte ed anche reciprocamente, i soci, svolgono attività diretta ad interferire sull’esercizio delle funzioni di organi costituzionali, di amministrazioni pubbliche, di enti pubblici, nonché di servizi pubblici essenziali d’interesse nazionale. La legge n.17 del 1982  stabilisce, poi, che i dipendenti statali per i quali vi sia il fondato sospetto di appartenere ad associazioni segrete, possono essere sospesi dal servizio. Si rinviava inoltre alle regioni di provvedere con appositi provvedimenti per i loro dipendenti.

In Toscana, per iniziativa di Enzo Pezzati, una delle figure di primo piano della Dc fiorentina, morto nel 2005 a 79 anni, consigliere regionale per quattro mandati (dal 1970 al 1990), nonché presidente del consiglio regionale stesso, venne la proposta non solo di attuare le disposizioni della legge nazionale, ma anche di approvare ulteriori norme per garantire la situazione associativa dei titolari di cariche elettive o di nomine di designazione regionale, imponendo ai consiglieri regionali di depositare una dichiarazione illustrativa della propria appartenenza ad associazioni che abbiano finalità dichiarate o svolgono attività politica, culturale, sociale e assistenziale e di promozione economica, precisandone la denominazione.

Questo avvenne con la legge regionale toscana n.68 del 1983. Una legge di tal genere è unica in Italia, tant’è che nel 2003, per un malinteso senso di tutela della «privacy», vi fu chi suggerì di abolire l’obbligo per i consiglieri regionali di comunicare la loro iscrizione ad associazioni. In quella circostanza Enzo Pezzati inviò una lettera a questo settimanale (sottoscritta anche da Giovanni Pallanti e Marcello Masotti) nella quale, tra l’altro, ricordava che gli eletti del popolo devono essere ed apparire al di sopra di ogni condizionamento da parte di associazioni, movimenti e gruppi di pressione, che agiscono in modo segreto o riservato contraddicendo il principio della trasparenza che rappresenta il buon governo ed il prestigio delle assemblee elettive che sono al servizio delle comunità che esse rappresentano.

Per questa ragione – concludeva Enzo Pezzati – gli eletti non possono nascondere nulla al popolo che, pro-tempore, amministrano o governano. Da Firenze si è dunque spesso pensato ed operato perché la fondamentale libertà di associazione non rimanga avvolta in un’oscura e misteriosa segretezza.