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Pizzaballa, “viviamo un tempo di fame reale e di giustizia”

Una delle sfide della Chiesa di oggi – ha osservato il Patriarca di Gerusalemme in occasione della festa del Corpus Domini – è superare l’anonimato delle nostre comunità, riscoprendo la dimensione fraterna e domestica della fede

Il Cardinale Pierbattista Pizzaballa, Patriarca di Gerusalemme dei latini (foto www.lpj.org)

Nel cuore della Terra Santa ferita, nel luogo stesso in cui Cristo ha donato la sua vita per amore dell’umanità, il Cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca di Gerusalemme dei latini, ha celebrato ieri la solennità del Corpus Domini nella Basilica del Santo Sepolcro con una forte esortazione: “Date voi stessi da mangiare”.

Questa frase, pronunciata da Gesù nel Vangelo della moltiplicazione dei pani (Lc 9,13), è diventata il filo conduttore dell’omelia del Patriarca. Di fronte alla fame della folla e all’impotenza dei discepoli, Gesù non invita a disperdere, ma a restare, a condividere, a fidarsi.

La fame che abita il nostro tempo

La riflessione parte da un’immagine semplice ma potente: una folla stanca e affamata che, nonostante tutto, rimane con Gesù. Una folla che non si lascia sopraffare dai bisogni materiali, ma cerca qualcosa di più: cerca la Sua presenza, la Sua parola, il Suo pane. È una domanda che tocca anche noi oggi: di cosa abbiamo veramente fame?

Nel contesto attuale della Terra Santa, questa domanda assume un peso drammatico e reale. Non si parla solo di fame simbolica o spirituale, ma di una fame concreta, legata alla povertà, all’insicurezza, alle ferite di un conflitto che continua a strappare dignità e futuro a intere famiglie. «Penso a Gaza – ha detto il Patriarca – ma non solo. Alle tante situazioni di povertà che il conflitto ha creato».

Una Chiesa eucaristica, non rassegnata

La tentazione, anche oggi, è quella dei discepoli: mandare via la folla, lasciare che ognuno pensi a sé. Ma Gesù chiede l’opposto: condividere il poco, offrire sé stessi, diventare dono. L’Eucaristia, cuore della fede cristiana, non è solo celebrazione, ma stile di vita: è condivisione nella povertà, forza nella fragilità, comunione nella differenza.

«Date voi stessi da mangiare» non è solo un comando: è la chiamata alla conversione pastorale della Chiesa. A partire da chi guida. «Noi pastori – ha sottolineato il Cardinale – non siamo strumenti neutri del sacramento, ma persone chiamate a essere eucaristici: donare noi stessi, non solo il pane consacrato».

L’Eucaristia dà forma alla comunità

Gesù non moltiplica il pane per una massa anonima, ma chiede che la folla sia divisa in piccoli gruppi. L’Eucaristia, dunque, non solo nutre la comunità, ma la costruisce, le dà volto, identità, relazioni.

Una delle sfide della Chiesa di oggi – ha osservato il Patriarca – è proprio questa: superare l’anonimato delle nostre comunità, riscoprendo la dimensione fraterna e domestica della fede, come negli Atti degli Apostoli: «spezzavano il pane nelle case, prendevano cibo con letizia e semplicità di cuore» (At 2,46).

Il miracolo comincia dalla povertà

L’omelia si chiude con un’immagine di speranza: il poco condiviso diventa abbondanza. Dodici ceste colme sono segno che la povertà offerta con fiducia diventa ricchezza per tutti. Ma perché ciò accada – ha concluso Pizzaballa – occorre avere fame di Gesù, accettare di mettere la propria vita nelle Sue mani, lasciandosi trasformare.

«Possa il Pane Celeste nutrire e dare forza al cammino della nostra Chiesa di Terra Santa,
e sostenerci nelle diverse nostre vicissitudini,
con l’intercessione della Vergine Madre della Chiesa e Madre nostra. Amen».