Opinioni & Commenti

Politica, un rapporto deludente con la qualità

di Alberto Migone

La recente pubblicazione di un libro di Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo – «La casta: così i politici italiani sono diventati intoccabili» – ha riacceso la polemica sugli alti costi della politica a livello nazionale e locale, anche perché emergono, oltre alle spese superflue, autentici sprechi che colpiscono, e un poco indignano, in un tempo di difficoltà economiche diffuse.

Questi costi veramente spropositati, specie se rapportati a quanto avviene in altri Paesi, non assicurano inoltre quella funzionalità ed efficienza che i cittadini desiderano. Potremmo dire scherzosamente, ma non troppo, che il rapporto qualità-prezzo è decisamente deludente.

Tutto questo non può non preoccupare perché genera una sfiducia diffusa che investe tutte le Istituzioni e alimenta quel qualunquismo che è il nemico vero della democrazia, anche se fortunatamente non siamo ad una totale disaffezione nei confronti della politica, come prova l’ancora alta partecipazione alle elezioni. La sfiducia nasce però anche dal fatto che la classe politica nel suo insieme, di fronte alla gravità dei problemi, si mostra incapace di trovare un terreno comune tra forze di maggioranza e di opposizione, necessario per realizzare quelle riforme che rinnovino davvero l’Italia. Si assiste invece ad un feroce scontro senza esclusione di colpi: e così ogni giorno si accumulano macerie nell’illusione di danneggiare la casa degli altri, mentre così si mina la casa comune, cioè le Istituzioni. Noi stiamo davvero toccando con mano gli effetti di un maggioritario….all’arma bianca!

Ma sui costi della politica qualcosa bisognerà fare e subito, nella consapevolezza che – sono parole del Presidente Napolitano – «la macchina istituzionale e burocratica resta pesante e costosa ed è indispensabile alleggerirla, renderla più razionale e efficace», cominciando magari da quelle Istituzioni più vicine ai cittadini come i Comuni, le Province e le Regioni, dove gli sprechi sono maggiormente verificabili ed è forse più facile giungere a decisioni condivise.

E in questa direzione qualcosa nella Regione Toscana si muove, anzi si tratta…. di una inversione a U. Infatti le stesse forze politiche, che con il nuovo Statuto (maggio 2004) ne avevano proposto e votato l’aumento, si dichiarano ora disposte a riportare il numero dei Consiglieri regionali da 65 e 50, con un risparmio di circa 8 milioni di Euro all’anno. Ricordiamo che questo aumento fu approvato da una larghissima maggioranza che andava dai DS a AN passando per Forza Italia con il voto contrario di Rifondazione Comunista e dei Comunisti Italiani e l’astensione dell’Udc.

Ci si propone inoltre di reintrodurre il voto di preferenza che la legge elettorale – approvata in contemporanea al nuovo Statuto – aveva cancellato – con la sola opposizione dell’Udc e del Verde, Tommaso Franci – consegnando così di fatto alla Segreteria dei partiti la nomina dei Consiglieri.

In quell’occasione scrivemmo – e lo ripetiamo con piena convinzione – che «certe decisioni, al di là dell’aumento dei costi, non rafforzano la democrazia e allontanano i cittadini dalle Istituzioni, anche perché giustamente sono percepite come lo scippo di un diritto, non meno grave perché ha i colori rosso-nero-azzurro»: affermazione questa che suscitò malumore nel Palazzo, manifestato per altro…. in sedi improprie.

Ora che sembra concretizzarsi un ripensamento non possiamo che rallegrarcene. L’importante è che si proceda sul serio e velocemente. Alla gente i buoni propositi non bastano più.

I costi della politica, anche in Toscana un esercito di poltrone