Politica & società

Premierato, De Siervo: «Vistosa riduzione dei poteri del Presidente della Repubblica»

Su Toscana Oggi il testo integrale della relazione tenuta dal Presidente emerito della Corte Costituzionale in Senato

Le nuove norme sul premierato comportano un «vistosa riduzione dei poteri del Presidente della Repubblica». Modificando le possibilità di scioglimento anticipato delle Camere, «vincolerebbero l’esercizio di un rilevante potere» del Capo dello Stato, così come sarebbe evidente «la riduzione degli attuali importantissimi poteri del Presidente della Repubblica in materia di nomina del presidente del Consiglio incaricato». Lo scrive il presidente emerito della Corte Costituzionale, Ugo De Siervo, che nei giorni scorsi è stato chiamato dalla Prima Commissione del Senato a esprimere un parere sulla legge di revisione costituzionale che prevede l’elezione diretta del presidente del Consiglio. Il settimanale Toscana Oggi pubblica, nel numero che esce in questi giorni, il testo integrale dell’intervento in cui il giurista fiorentino esordisce sottolineando «l’inadeguatezza e la pericolosità della tesi secondo la quale per la riforma costituzionale nazionale ci si potrebbe utilmente ispirare al sistema elettorale vigente per gli enti locali». Secondo De Siervo, «l’elezione diretta del sindaco e della giunta comunale (ma ciò anche nella più grande Regione) riguarda enti, organi e poteri assolutamente incomparabili con le responsabilità che hanno a livello nazionale i componenti dei Governi e delle Camere».

Il disegno di legge, scrive ancora De Siervo, «ipotizza un sistema costituzionale tanto innovativo quanto discutibile non solo nel merito, ma anche dal punto di vista della coerenza costituzionale». «Sorge naturale il dubbio – aggiunge – se un “premierato” come quello proposto sia davvero compatibile con una democrazia parlamentare fondata sull’elettorato popolare».

L’elezione diretta del presidente del Consiglio con la contemporanea elezione di entrambe le Camere, sottolinea De Siervo, rappresenterebbe un «unicum» tra i sistemi costituzionali democratici vigenti: questo, spiega, perché in tutti i Paesi c’è la consapevolezza che «un fortissimo rafforzamento (conseguente alla stabilizzazione) del vertice del Governo e un netto indebolimento delle assemblee elettive sono incompatibili con una forma di governo parlamentare nella quale continuino a operare partiti che siano libera espressione del pluralismo culturale e sociale e operino efficacemente figure istituzionali autorevoli di garanzia e di equilibrio come il nostro Presidente della Repubblica». De Siervo ricorda anche che «i veri e propri sistemi presidenziali e semi- presidenziali esistenti in vari paesi prevedono complessi sistemi di bilanciamento fra il vertice del potere esecutivo e gli organi parlamentari, titolari del potere legislativo». Uno di questi sistemi di bilanciamento, ad esempio, è lo “sfasamento temporale” tra l’elezione del premier e quello del parlamento.

Il presidente emerito della Consulta critica anche l’ipotesi di un sistema elettorale caratterizzato da un premio elettorale su base nazionale pari al 55 % dei seggi e l’esclusione dalla carica di presidenti del Consiglio per cittadini o cittadine che non siano stati eletti come parlamentari, «così escludendosi ogni possibilità di utilizzazione per la carica di vertice nel Governo di personalità estranee alle classi politiche elette. Evidenti sono i danni che ne possono conseguire».

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