Opinioni & Commenti

Quando un’indiscrezione diventa una verità provata

Non si possono commentare dialoghi e parole con virgolettati se non siamo presenti a un evento. È un principio basilare del giornalismo, almeno di quello di un tempo che fu. Si possono, e questo si è sempre fatto e nessuno lo contesta, usare e commentare indiscrezioni, cosa ben diversa da un virgolettato. Tra i fatti, e non tra le indiscrezioni, c’è che l’arcivescovo di Firenze, il cardinale Giuseppe Betori, il 5 marzo, sei giorni dopo quella domenica che doveva concludersi con la Messa e l’Angelus di papa Francesco in Santa Croce, fu ricevuto dal Pontefice in Vaticano. Un Papa che, come ben sappiamo e ormai è chiaro a tutti, non le manda certo a dire dietro.

Allora, forse, da parte di papa Francesco non c’era e non c’è tutto quel rancore nei confronti di Firenze, dei due Convegni sul Mediterraneo e dello stesso Betori che molti giornali hanno evidenziato nei giorni scorsi, senza prendere in esame la sintonia che c’è sempre stata tra l’arcivescovo di Firenze e il Papa, a partire dal Sinodo che la chiesa fiorentina ha da tempo avviato come chiesto dal Pontefice.

Non è una novità: fa sempre notizia, e una volta faceva anche vendere più giornali (ora non è più così), la polemica vera o no che sia all’interno della Chiesa. Nessuno quindi si meraviglia di quanto è stato scritto e di quanto ancora si leggerà. Cosa che pochi hanno fatto, invece, con la Carta di Firenze, il documento finale dei due Convegni, un successo del sindaco Nardella e dell’ex presidente della Cei, il cardinale Bassetti.

Ciò che lascia perplessi è la rabbia che, invece, si sente in molti degli interventi che in questi giorni hanno commentato un dialogo riportato come verità – e non indiscrezione (è tra virgolette) – da un sito che nella home page non ha neppure il nome del direttore. Praticamente quasi una testata anonima e quindi ai limiti dell’illegalità secondo la legge italiana. Anche questo però conta poco agli occhi di chi scrive e per niente di molti di quelli che leggono e commentano poi nei social.

Tornando alla rabbia è quella di chi ancora guarda non tanto alla Chiesa quanto al mondo, all’Italia e alla Firenze degli anni 50/70 del secolo scorso con la nostalgia di chi non è mai stato capace di andare oltre, di guardare al futuro e non al passato, ancorato a grandi personaggi fiorentini e non solo che alla Chiesa sono sempre rimasti fedeli e mai l’hanno abbandonata come volevano personaggi di allora e come vorrebbero alcuni oggi. Solo a questo ci sembra giusto replicare perché quei grandi personaggi di allora hanno lottato e si sono battuti per una chiesa vera, ancorata al Vangelo ma dentro la società del suo tempo. Ieri come oggi. Loro, davvero, non hanno mai lottato per un qualcosa che non fosse Chiesa. Forse erano troppo avanti per il loro tempo ma mai l’hanno abbandonata né, tanto meno, lasciata sola nel mondo.

È la stessa Chiesa che auspica e vorrebbe papa Francesco, quella che i commentatori spesso prendono a pezzi, solo quando fa comodo. Un po’ come è sempre successo con quegli stessi grandi personaggi tirati da una parte o dall’altra sempre secondo il momento.

No, la Chiesa che auspica papa Francesco è una sola: quando difende la vita fin dal suo concepimento o quando invita all’accoglienza dei migranti, quando fa appello alla pace e chiede ai potenti di fermare la guerra o quando invita gli stessi potenti a risolvere il problema della fame nel mondo, quando invita i vescovi e preti a tenere le porte delle chiese aperte per chi vuole entrare e contemporaneamente li invita a uscire, a farsi prossimi di tutti i fratelli e le sorelle, qualsiasi sia il colore della loro pelle e qualunque sia la regione, lo stato o il continente da cui arrivano.

Rettifica

Siamo stati informati che il sito internet Silere non possum (per altro mai espressamente nominato) è da ricondurre, quanto a gestione e alla titolarità dell’omonimo dominio, al sig. Marco F. Perfetti. Si rettifica quindi quanto riportato nell’articolo intitolato «Quando un’indiscrezione diventa una verità provata», laddove il sito è indicato come «quasi una testata anonima». Rimangono ovviamente ferme le altre considerazioni riportate nell’articolo.