Italia
Referendum cittadinanza, servono 5 o 10 anni per diventare cittadini italiani
Forum in redazione con Maurizio Certini (Centro La Pira) Bernardo Marasco (segretario generale Cgil Firenze) Massimo Carli (già professore di istituzioni di diritto pubblico all’Università di Firenze) Marco Stella (vicepresidente del Consiglio regionale, coordinatore regionale di Forza Italia) Sara Vatteroni (direttrice regionale di Fondazione Migrantes Toscana) Marzio Mori (direttore Caritas Firenze)

Attualmente le persone maggiorenni nate fuori dall’Unione europea, per avere la cittadinanza italiana devono risiedere legalmente in Italia per almeno dieci anni. Uno dei quesiti del Referendum in progamma l’8 e il 9 giugno propone di cancellare questa norma per tornare a quella precedente, in cui si stabiliva che gli anni di residenza necessari erano cinque. Ne abbiamo parlato in un forum, nella redazione di Toscana Oggi, con persone coinvolte a vario titolo sui temi delle migrazioni
Qual è l’obiettivo di questo referendum?
MARZIO MORI: «Il quadro da cui partiamo, la normativa attuale sulla cittadinanza, è un quadro abbastanza vario. Sono richiesti dieci anni di residenza continuativa per i cittadini extracomunitari, cinque anni per le persone che ottengono l’asilo politico, quattro anni per i cittadini dell’Unione europea, tre anni per i figli o nipoti di cittadini italiani. Poi ci sono requisiti che riguardano il reddito, l’assenza di condanne penali, la conoscenza della lingua italiana. All’interno di questo quadro normativo credo che dare la possibilità alle persone che, come la legge prevede, dimostrano di essere integrate, di poter avere i diritti di cittadinanza, civili e politici, sia un gesto di civiltà. A livello europeo i dieci anni sono uno dei tempi più lunghi previsti»
Anche la Fondazione Migrates segue da vicino i migranti.
SARA VATTERONI: «Io vengo da Carrara e gestisco anche l’attività di mediazione culturale quando arrivano le imbarcazioni. Il ministro Piantedosi ci fa questo regalo, di far arrivare le navi in Toscana: per me è davvero un regalo, ci permette di fare un’esperienza umanamente coinvolgente. Certo, fa stare male vedere che tutto viene complicato, a volte arriva una nave che porta venti persone e sul porto ce ne sono 300 tra poliziotti, unità mediche… Queste persone poi vengono ridistribuite spesso fuori regione, abbiamo avuto anche pullman che da Carrara li portavano a Foggia. Noi tante volte veniamo attaccati come quelli che vogliono l’immigrazione, in realtà chi si occupa di immigrazione, io lo faccio da 30 anni, siamo le persone forse più contrarie all’immigrazione perché vediamo le storie tragiche. Vedo un milione e mezzo di italiani che negli ultimi due anni sono partiti dall’Italia, vedo l’emorragia di italiani giovani che vanno all’estero. Vedo le storie di persone che arrivano in Italia obbligate a partire. Quindi se c’è qualcuno che è contrario a questa forma di immigrazione penso che siamo noi, perché la libertà deve essere anche quella di poter restare a vivere nel proprio Paese».
Qual è la vostra posizione sul referendum?
SARA VATTERONI: «Il referendum è importante, ed è importante andare a votare: stiamo parlando di cittadinanza, noi che siamo cittadini italiani non diamo un bel segnale a non esprimere un voto. Si può votare sì come si può votare no ma il primo appello è andare a votare. La cittadinanza è importante, perché vincolarla a un tempo e non invece al processo? Io vorrei che nei comuni la cittadinanza venisse celebrata come un traguardo, non un atto formale. Poi ci sono i minori, i bambini: prima permetti al genitore di diventare cittadino italiano, prima permetti a quel bambino di essere italiano».
La politica può trovare soluzioni su questi temi anche senza il referendum?
MARCO STELLA: «È un tema complesso, di cui si dibatte tantissimo e quindi avere l’occasione anche di un confronto per noi è estremamente utile, tra l’altro come Forza Italia siamo forse l’unica forza politica che ha cominciato a ragionare su questo tema, almeno nell’ambito del centrodestra, avanzando una proposta di legge sulla cittadinanza, lo Ius Italiae, per dare la cittadinanza a 16 anni per ragazzi e ragazze che hanno completato la scuola dell’obbligo. Però dobbiamo partire anche dai dati. L’Italia è il paese che dà più cittadinanze in assoluto in Europa, circa 220 mila nell’ultimo anno. L’Italia è un paese dove si ottiene la cittadinanza in dieci anni».
Che poi però spesso diventano fino a 13.
MARCO STELLA: «Questo è un tema, lo snellimento della pratica burocratica. Perché quello che diventa inaccettabile è se dopo i dieci anni ce ne vogliono ancora uno, due, due e mezzo, per ottenere la cittadinanza. Però la cittadinanza non si regala a nessuno. Si parla di diritti, ma i diritti senza doveri sono soltanto privilegi. Nella proposta di Forza Italia, il raggiungimento della cittadinanza è legato al percorso scolastico. Perché non puoi ottenere la cittadinanza senza conoscere l’italiano. Non si può ottenere la cittadinanza senza conoscere la storia del Paese. Senza conoscere il Risorgimento, il sacrificio che si è fatto per arrivare all’unità. Compresa, lo dico da Forza Italia, la storia antifascista. Poi si può discutere se uno pensa che cinque anni siano sufficienti rispetto a otto o dieci. Ma i paletti dovrebbero essere estremamente chiari per tutti. Io sono per il modello che noi con la nostra proposta di legge abbiamo presentato e rivendico la legittimità, sui referendum, di dire di non andare a votare. L’invito a non andare a votare per non raggiungere il quorum è stato fatto molte volte da tutti i partiti. Quindi rivendico la scelta del nostro movimento politico. Noi non abbiamo mai fatto mancare la solidarietà e l’impegno della cittadinanza a chi fugge da Paesi dove c’è una guerra, dove c’è una dittatura: chi chiede asilo politico ha un ottenimento della cittadinanza in tempi più brevi. Si fugge anche dalla povertà: bisogna cercare a livello internazionale di rimuovere le cause di tutto questo. Siamo preoccupati anche per i ricambi generazionali, dall’Italia vanno via migliaia di ragazzi cresciuti in questo Paese, con valori cristiani, e molto probabilmente ne arrivano migliaia con altri valori di riferimento, un’altra religione, un’altra cultura, che trattano la donna in un’altra maniera, che vivono la famiglia in un’altra maniera».
MASSIMO CARLI: «Se l’obiettivo è lo ius scholae, il sì al referendum lo favorisce perché nel momento in cui un genitore diventa cittadino italiano, i suoi figli automaticamente diventano cittadini italiani, non devono aspettare di avere 18 anni. C’è un principio nella nostra Costituzione, che è il principio di uguaglianza: oggi ci sono bambini nati in Italia che hanno un trattamento diverso dagli altri. Va detto purtroppo che il periodo in cui si fa questo referendum è pessimo nel senso che la gente è impaurita dai migranti e pensa che consentire loro di diventare cittadini italiani non vada bene, perché l’aria che tira è di paura. Questo certamente influirà sulla partecipazione al voto. Accorciare i tempi non cambia i requisiti a cittadinanza prevede già requisiti precisi: il provvedimento finale è un atto discrezionale di alta amministrazione, per cui il presidente della Repubblica o il Consiglio di Stato deve dare il parere. Se c’è una situazione che non va, è pericolosa, può essere negata, ovviamente motivandolo. I tempi per la cittadinanza sono sempre stati 5 anni, poi nel 1992 sono stati alzati a 10, non so perché: forse come disincentivo. Germania, Inghilterra, Francia prevedono 5 anni. In questi giorni viene approvato un disegno di legge di Forza Italia, sacrosanto: limita la trasmissione della cittadinanza italiana per i discendenti di italiani nati all’estero. Per avere la cittadinanza italiana devono avere il bisnonno nato in Italia. È giusto, perché adesso abbiamo persone che vivono all’estero da molte generazioni, non sanno niente dell’Italia, e per diritto di sangue sono italiani. E invece bambini nati in Italia, che parlano italiano, non sono cittadini italiani».
BERNARDO MARASCO: «Noi abbiamo un modello produttivo che tende a far emigrare all’esero chi ha studiato qui, e allo stesso tempo non è in grado di accogliere competitivamente. Chi studia, chi lavora in Italia, ha un progetto di vita in Italia, è incensurato, paga le tasse, paga i contributi, forma qui il suo sapere, è un investimento per il nostro Paese: cos’altro deve dimostrare? Scarsa natalità, migrazione dei nostri giovani all’estero, flussi migratori globali sono fenomeni che non possiamo ignorare. Capisco il timore di questi cambiamenti, ma mi sembra prioritario accorciare i tempi per rendere cittadini pienamente integrati coloro che già lo sono nelle condizioni sociali di fatto: è utile per l’Italia. Penso che l’astensione sia un errore perché lascia intatta una situazione politica che in Parlamento vedo bloccata. Poi sono assolutamente d’accordo che uno debba avere un’educazione civica importante per essere cittadino e che debba sapere la lingua e la storia. Per la mia formazione, sono convinto che anche la cittadinanza debba avvenire dentro percorsi di legalità: il non avere cittadinanza favorisce lo sfruttamento e il lavoro nero».
MARZIO MORI: «La migrazione è una realtà complessa. Siamo il primo Paese come concessioni di cittadinanza ma tra gli ultimi come ingressi legali. Tanto che il Governo ultimamente ha deciso di alzare i numeri dei decreti flussi, per aumentare gli accessi regolari. Alcune proposte di Forza Italia le guardo con attenzione. Poi è difficile capire certe scelte del Governo, che ostacolano gli interventi di soccorso in mare delle Ong. In altri periodi, anche con governi di centrodestra, si notava un approccio meno ideologico. C’erano rette più alte per l’accoglienza dei migranti e questo consentiva di fare percorsi di integrazione. Poi c’è stata Mafia capitale, situazioni in cui si speculava, e i fondi sono stati tagliati. Questo ha penalizzato un sistema che fa fatica a potersi ridefinire».
MARCO STELLA: «I tempi sono cambiati, le forze politiche sono cambiate, si devono fare i conti con i voti che si hanno. Noi abbiamo su questi temi un approccio realistico, diverso da quello dei nostri alleati, ma non ha pagato in termini elettorali».
SARA VATTERONI: «Il fatto che in Italia ci sia un numero di riconoscimento di cittadinze più alto in Europa deriva anche dai 10 anni previsti dalla legge: in Italia l’immigrazione è un fenomeno recente e oggi concludono il loro percorso le persone arrivate con il picco migratorio dal 2010 in poi. Altro aspetto, si parla di integrazione giustamente: allora chiedo come mai negli ultimi bandi dell’accoglienza dei richiedenti asilo è stato eliminato l’insegnamento della lingua italiana e sono state eliminate figure fondamentali come lo psicologo, come tutte quelle figure che permettono i processi di integrazione».
MARCO STELLA: «Negli ultimi anni c’è uno scontro feroce sul tema dell’immigrazione, ferocissimo e credo sia un errore. Purtroppo alcune forze politiche, comprese alcune forze politiche di centrodestra hanno alzato lo scontro fomentando le paure, non alimentando la speranza, non alimentando la convivenza civile fra le persone e questo io penso sia stato sbagliato. Lo dico da Forza Italia, gli elettori però su questo non ci hanno premiato. Poi devo dire che anche nel mio partito qualcuno dice che gli immigrati servono, sono forza lavoro: io non mi rassegno al fatto che non dobbiamo lasciar scappare i nostri ragazzi, dobbiamo sostenere le famiglie per favorire la natalità».