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RIFUGIATI: CIR, IN ITALIA UNO SU DUE NON HA LAVORO. «SERVE PROGRAMMA NAZIONALE»

In Italia un rifugiato su due non ha lavoro, il 22% lavora in nero. Moltissimi non hanno una situazione abitativa autonoma e dignitosa. E’ quanto emerge dalla ricerca «Le Strade dell’Integrazione» presentata oggi a Roma dal Consiglio italiano per i rifugiati (Cir), in collaborazione con il Dipartimento di Scienze sociali della Sapienza Università di Roma, dall’Associazione Comitato per il Centro Sociale (Caserta) e dall’Associazione Xenia (Bologna). La ricerca ha analizzato l’impatto dei percorsi di accoglienza e i servizi per l’integrazione su un campione di titolari di protezione internazionale, presenti in Italia da almeno 3 anni. Lo studio si è sviluppato su 7 territori (Torino, Bologna, Roma, Caserta, Lecce, Badolato e Catania) e sono stati raccolti 222 questionari. Riguardo al lavoro emerge che il 44,6% degli intervistati è disoccupato, il 4% non risponde, e solo il 51,4% dice di avere un’occupazione. I lavori spesso non sono in linea con le qualifiche dei rifugiati: tra i 18 laureati che hanno risposto al questionario, c’è chi fa il bracciante agricolo, chi il custode, chi distribuisce giornali, chi è muratore alcuni fanno anche gli interpreti o i mediatori. Solo uno ha un’attività in linea con la sua professione, il pediatra.

Al di là del titolo di studio il 17% è operaio non specializzato, un 40% del campione lavora nel settore delle pulizie, dell’assistenza domestica, dell’agricoltura, della ristorazione o del commercio. Il 75% si dice soddisfatto del lavoro che svolge, ma solo perché «perché mi consente di vivere» (27%), «perché non c’è altro» (18%), «perché mi permette di mantenere la famiglia» (16%), «perché mi permette una vita dignitosa» (9%). Il 22% degli intervistati lavora in nero. Per quanto riguarda la condizione alloggiativa il 26% condivide casa con degli amici, il 22% con altre persone, solo il 10% vive da solo e il 21.5% con il proprio nucleo familiare. Il 18% vive presso il datore di lavoro o in centri di accoglienza. Christopher Hein, direttore del Cir chiede «una svolta nel nostro Paese: deve essere superato l’approccio per cui si affronta l’accoglienza sotto forma di emergenza e l’integrazione sotto forma di progetti«: «Dobbiamo introdurre un programma nazionale per l’integrazione anche in chiave di efficienza economica». In Italia i rifugiati erano 56 mila lo scorso anno, un numero ancora molto basso rispetto a Francia, Paesi Bassi e Regno Unito e Germania. (Sir)