Il film: “Lumière – L’avventura del cinema”, da Lione al mondo intero
Il cinematografo nasceva ufficialmente 130 anni fa e questa bella antologia ne celebra gli inventori

Prosegue l’opera di raccolta e restauro dei film di Louis e Auguste Lumière, gli artefici del cinematografo, l’invenzione che caratterizzerà tutto il XX secolo e che consente ancora oggi, a noi, di scrivere su queste colonne. Un primo film di montaggio era uscito nel 2016, col titolo perentorio di Lumière!, sorta di fiat lux per ribadire il destino intrinseco nel cognome dei due fratelli di Lione che nel 1895 trovarono il modo di “(de)scrivere il movimento” uscendo dalla fissità dei dagherrotipi (che esistevano da una cinquantina d’anni) per scrutare e ricreare la realtà nel suo divenire.
Merito di quella prima antologia, come di questa, è di Thierry Frémaux, direttore del Festival di Cannes ma soprattutto dell’Institut Lumière che conserva e promuove la conoscenza del cinema delle origini. Il lavoro di ripristino dei brevi film girati per lo più da Louis (mentre Auguste spesso è in scena oppure svolgeva il ruolo di “organizzatore generale”) è impressionante: vediamo sul grande schermo il nitore cristallino di inquadrature con totale profondità di campo, rette da un gusto compositivo dovuto al clima impressionistico dell’epoca ma anche alla sapienza di una messa in scena che non si limita all’esibizione della novità (cioè il movimento) purché fosse, bensì evocava mondi, svelava dettagli, creava spettacolo.
Il centinaio di vedute (così si chiamavano), tutte della durata di 50 secondi (tanto permetteva il caricatore della loro cinepresa), che ci vengono riproposte dimostra come il cinema moderno fosse già tutto lì, sia quando i Lumière o i loro operatori in giro per il mondo osservavano paesaggi naturali e urbani, familiari e pubblici, sia quando inventavano delle gag, componevano dei quadri, facevano esibire fantasisti o attori rudimentali. C’è un tempo fisso, uno spazio di veduta, dei piani di profondità, un prima un durante e un dopo, un set reale da esplorare magari piazzando la macchina da presa su un tram cittadino, un treno, un battello. Ecco allora che cambia il punto di vista, che persone piante e cose appaiono da prospettive sempre diverse, inedite, misteriose. E nasce la magia di ciò che in natura non è possibile vedere: basta riavvolgere la pellicola nel proiettore acceso così che un muro abbattuto torni al suo posto o dei bambini che saltano la cavallina lo facciano al contrario. È lo stupore per lo straordinario, per il trucco, per l’artificio: ciò che pochi anni dopo caratterizzerà il cinema del primo vero regista della storia, Georges Méliès. E infine anche lo svelamento del procedimento comunicativo, la meta narrazione: in alcuni filmati vediamo un operatore in scena, qualcuno che fa – o finge di fare – ciò che sta compiendo chi sta dietro la nostra cinepresa, in una mise en abyme che apre la strada a Fellini, a Bergman, a Truffaut. Altro che meccanizzazione dell’uomo come sosteneva il Serafino Gubbio di Pirandello quando si definisce soltanto «una mano che gira una manovella»: no, qui c’è consapevolezza del nuovo mezzo espressivo, volontà di attrarre, sorprendere, raccontare…
E pensare che, alla prima proiezione pubblica a pagamento, il 28 dicembre 1895, presso il Gran Café nel Boulevard des Capucines a Parigi, Antoine Lumière, padre dei geniali fratelli, pare abbia risposto proprio a Méliès, interessato ad acquistarne il brevetto: «Le cinéma est une invention sans avenir»!
Lumière – L’AVVENTURA DEL CINEMA
Regia e sceneggiatura: Thierry Frémaux; montaggio: Jonathan Cayssialis, Simon Gemelli, T. Frémaux; musiche: Gabriel Fauré; voce narrante: Valerio Mastandrea; interpreti: Francis Ford Coppola, Bertrand Tavernier, T. Frémaux; produzione: Institut Lumière/Sorties d’Usine Productions; formato: 1:1,37; durata: 105 min.