SOGNI E DELITTI

DI FRANCESCO MININNI

A costo di ripeterci, torniamo su uno dei quesiti (artistici) più frequentati: quantità e qualità possono andare di pari passo? I diversi casi non sono generalizzabili, ma Woody Allen resta comunque un eccellente banco di prova per chi ambisca a trovare una risposta. Un film all’anno è molto, forse troppo. Non tutti possono essere «La rosa purpurea del Cairo», «Un’altra donna», «Zelig» o «Match Point»: capitano anche «Stardust Memories», «Criminali da strapazzo», «Anything Else» e «Hollywood Ending». Anzi, proprio «Match Point» diventa il termine di paragone principale per «Sogni e delitti»: in entrambi i casi l’autore mette in campo il delitto, il castigo, l’ambizione, il cinismo e un incrollabile fatalismo che non lascia spazi alla speranza. Ma, se in «Match Point» il risultato era eccellente e segnava addirittura una sorta di rinascita artistica di Allen, in «Sogni e delitti» pare di intravedere più maniera che ispirazione. Certo, se si hanno a disposizione un direttore della fotografia come Vilmos Zsigmond e un musicista come Philip Glass difficilmente si otterrà un film mediocre. Ma mentre «Match Point» seguiva un percorso creativo da cui niente usciva prevedibile o scontato, in «Sogni e delitti» si ha l’impressione di conoscere la fine poco dopo l’inizio.

È la storia di due fratelli londinesi, Ian e Terry, che appartengono a tutti gli effetti ai ranghi del proletariato ma che ambiscono ad uscirne. Il primo investendo in certi alberghi californiani, il secondo giocando d’azzardo. Se Ian riesce a non buttarsi a testa bassa in attesa dell’occasione buona, Terry non è in grado di controllarsi e va sotto di una grossa somma. L’arrivo dello zio Howard, chirurgo estetico che lavora all’estero con grande successo, potrebbe risolvere i problemi. Ma ogni cosa ha il suo prezzo: lo zio è ben disposto all’aiuto se i due nipoti lo libereranno di un nemico in affari…

Il primo brutto colpo lo assesta la distribuzione italiana ideando un titolo, «Sogni e delitti», buono tutt’al più per un mediocre fumetto o un ancor più mediocre thriller. L’originale, «Cassandra’s Dream» (il nome di un cavallo e poi di una barca), era sicuramente più evocativo: se Cassandra era profetessa di sventure, un suo sogno non può che far presagire avvenimenti tragici. Partendo da questo presupposto, Woody Allen ha scelto di lavorare su un conflitto di classe (due proletari contro il resto del mondo), su un delitto con relativo castigo, sul contrasto tra cattiveria e coscienza e su quanto il male non sia in grado di portare altro che male. Senza intenti morali, ma con un fatalismo che la dice lunga sulla fiducia di Allen nell’umanità. A ben guardare, sono esattamente gli stessi temi di «Match Point». Ma trattati dall’autore senza la medesima brillantezza, quasi seguendo un percorso obbligato che lascia pochissimo spazio alle novità. Stilisticamente cupo, «Sogni e delitti» si ricorda più per qualche atmosfera evocata da Zsigmond e Glass che per una sceneggiatura dove tutto si riconduce palesemente a personaggi noti e a vicende già scritte. In un certo senso, anche Ewan McGregor e Colin Farrell si ritrovano ingabbiati in personaggi di repertorio che non danno loro la possibilità di rendere al meglio. E alla fine «Sogni e delitti» non è per niente un brutto film: è solo molto più prevedibile di quanto ci saremmo aspettati da una mente brillante come quella di Woody Allen.

SOGNI E DELITTI (Cassandra’s Dream) di Woody Allen. Con Ewan McGregor, Colin Farrell, Tom Wilkinson, Hayley Atwell. USA/GB 2007; Drammatico; Colore