Una tomba vuota: il cristianesimo nasce qui

Racconta il Vangelo di Giovanni: alla notizia sconvolgente, portata da Maria di Màgdala, che la pietra era stata tolta dal sepolcro e che il corpo del Signore non c’era più, Simon Pietro e il discepolo che Gesù amava corrono alla tomba. I due discepoli, che avevano cominciato insieme a seguire il Signore nella vicenda dolorosa della passione, ora si ritrovano insieme a correre verso la tomba aperta, nonostante la disfatta del Gòlgota. La loro corsa spontanea e inquieta rivela amore e venerazione e fa pensare all’ansia della Chiesa che cerca i segni visibili del Signore soprattutto quando essa si trova in difficoltà. 

Così l’evangelista sottolinea il ruolo svolto da Pietro e dall’altro discepolo all’inizio della fede pasquale. I responsabili della Chiesa delle origini sono posti dinanzi all’evento della tomba vuota. Il discepolo amato giunge prima di Pietro al sepolcro. Il suo slancio e la sua intuizione amorosa fanno sì che arrivi e comprenda per primo. Pietro invece che ha la responsabilità dei fratelli e sente il peso della funzione ecclesiale della istituzione va più lento, ma riceve dall’altro discepolo il privilegio di entrare per primo nel sepolcro. Entrato nel sepolcro «osservò» un ordine perfetto: i teli sono rimasti al loro posto, ma giacenti [posati là], perché vuoti del corpo del Signore. Pietro è di fronte ai segni del Risorto: non c’è stato trafugamento o manomissione. Gesù si è liberato da solo a differenza di Lazzaro che fu sciolto dagli altri.

Il secondo discepolo, osservando anche lui le cose che Pietro aveva viste, si apre alla visione di fede. Gli apostoli non erano propensi a immaginare un evento del genere. Si arrenderanno all’evidenza solo trovandosi faccia a faccia con il Crocifisso Risorto. Qui il discepolo che Gesù amava «cominciò a credere». «Non è ancora la fede completa nella risurrezione; bisognerà per questo che lo spirito del discepolo si apra all’intelligenza delle Scritture, che veda il Signore in persona, e riceva da lui il dono dello Spirito Santo. A queste condizioni solamente egli raggiungerà la pienezza della fede pasquale» (Ignace de la Potterie, Genesi della fede pasquale). Ecco perché l’evangelista dopo aver detto «vide e credette [cominciò a credere]», aggiunge: «infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti».

Tu dici nel Credo: «Il terzo giorno risuscitò da morte». Non si tratta di una risurrezione metaforica, cioè risorto nel ricordo dei suoi, nel racconto dei suoi e nella sua causa prolungata dai suoi e non solo. Né è da intendersi come rianimazione di cadavere, di ritorno cioè alla condizione precedente la morte. Si tratta di una risurrezione personale e reale, di un ingresso in una forma di vita nuova, non ulteriormente soggetta al male e alla morte; una vita in cui Dio trionfa come verità, come amore, come giustizia, come bellezza, in modo così pieno da esaurire tutte le capacità della natura umana e oltrepassare ogni desiderio e immaginazione.

Il cristianesimo, come ha ben precisato Tertulliano, nasce da qui: «La speranza cristiana è la risurrezione dei morti; tutto ciò che noi siamo lo siamo in quanto crediamo nella risurrezione». Ecco il saluto pasquale delle Chiese di Oriente: «Cristo è risorto. veramente è risorto!».

*Cardinale