Confessione, quali sono i peccati di cui solo l’ordinario può rimettere la pena
Un lettore chiede: quali sono i peccati gravi la cui assoluzione è riservata solamente al vescovo? La risposta del teologo

Vorrei sapere quali sono i peccati gravi la cui assoluzione è riservata solamente al vescovo
Risponde padre Francesco Romano, docente di Diritto canonico
Nel Catechismo della Chiesa Cattolica troviamo alcune definizioni di peccato:
Il peccato è una parola, un atto o un desiderio contrari alla Legge eterna; è un’offesa a Dio (n. 1871); il peccato è un atto contrario alla ragione. Ferisce la natura dell’uomo ed attenta alla solidarietà umana (n. 1872); scegliere deliberatamente, cioè sapendolo e volendolo, una cosa gravemente contraria alla Legge divina e al fine ultimo dell’uomo è commettere un peccato mortale (n. 1874).
Una azione peccaminosa può andare oltre l’ordine della coscienza fino a configurarsi anche come delitto, come avviene nel caso di violazione di una legge alla quale è annessa una pena canonica. In questo caso si parla di legge penale e il delitto è definito anche crimine.
Il delitto comporta sempre anche il peccato, per esempio l’aborto è peccato, ma anche delitto perché la legge prevede la pena della scomunica (can. 1397 §2 CIC 2021). Le caratteristiche dell’esteriorità della condotta, dell’imputabilità morale e del riscontro positivo della sanzione individuano gli estremi del delictum.
Non tutti i peccati però sono delitti, ad esempio, un pensiero colpevole è un peccato, ma non un delitto; oppure non osservare il precetto domenicale costituisce un peccato, ma non è un delitto perché alla norma non è annessa una sanzione penale.
In sintesi, il peccato appartiene al piano della morale e della fede, mentre il delitto appartiene al piano del diritto e della legge senza cessare di essere al tempo stesso anche peccato.
Il perdono dei peccati si fonda sulle stesse parole di Gesù agli Apostoli: “Tutto quello che legherete sulla terra sarà legato anche in cielo e tutto quello che scioglierete sopra la terra sarà sciolto anche in cielo (Mt 18, 18). Inoltre, a Pietro in particolare, “A te darò le chiavi del regno dei cieli e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli” (Mt 16, 19).
Per la potestà ricevuta da Cristo nessun peccato, per quanto grave, resta fuori dalla possibilità della sua remissione, purché ci siano le condizioni: “il fedele per ricevere il salutare rimedio del sacramento della penitenza deve avere le disposizioni necessarie in modo tale che ripudiando i peccati commessi e facendo il proposito di emendarsi si converta a Dio (can. 987 CIC).
Per poter assolvere, è necessario avere da parte del ministro confessore la potestà. Per la natura e le finalità di cui gode la Chiesa, essenzialmente religiosa e soprannaturale, la sua potestà supera in questo ambito di esercizio i fini temporali ed è ordinata alla salvezza delle anime per estendersi alla coscienza dei fedeli.
Per questo motivo si riconosce un duplice ambito di esercizio della potestà della Chiesa, denominato “fòro esterno” e “fòro interno”, rispettivamente occupandosi del bene comune dei fedeli e del bene delle anime.
Il termine “fòro”, come avveniva nel fòro romano, è legato all’idea di luogo di scambio e discussione, e per estensione è passato a indicare il tribunale, dove si svolgevano le attività giudiziarie, o il luogo dove si discutevano gli affari.
Il fòro interno riguarda la coscienza individuale e il rapporto diretto dell’individuo con Dio. È dominato dalla morale e regolato dal sigillo sacramentale e dal segreto extrasacramentale. Invece, il fòro esterno riguarda la dimensione pubblica e giuridica del diritto canonico, ossia le norme ecclesiastiche che disciplinano i fedeli e le istituzioni della Chiesa in modo visibile e ufficiale.
Il fòro esterno appartiene a tutto ciò che concerne la disciplina, l’ordine, i pubblici rapporti dei fedeli tra loro e con l’autorità. Al fòro interno appartiene tutto ciò che si svolge nell’intimo della coscienza, nel rapporto immediato con Dio, anche nel caso di azioni occulte che rimangono tali.
La pena conseguente alla commissione di un delitto può essere irrogata dal giudice sulla base delle risultanze di un processo. Si tratta delle pene denominate “ferendae sententiae”. Tuttavia, il legislatore ha individuato alcuni delitti la cui pena è già espressa dalla stessa legge e per questo prendono nome di pene “latae sententiae” che restano conosciute da chi le ha commesse nell’intimo della sua coscienza e da lui presentate al confessore nel sacramento della confessione.
Dopo questa presentazione, almeno per sommi capi, necessaria per comprendere l’argomento proposto dal lettore, ci addentriamo nella risposta da dare al suo quesito riguardo alla competenza specifica dell’Ordinario per la remissione a lui riservata della pena.
Con il termine di peccati “riservati” all’Ordinario (can. 1355 §2) si indicano quelle trasgressioni della legge penale, cioè i delitti, la cui sanzione non ancora dichiarata e non riservata alla Sede Apostolica, può essere rimessa dall’Ordinario ai propri sudditi; dall’Ordinario del luogo anche a coloro che si trovano nel suo territorio o vi hanno commesso il delitto; da qualunque Vescovo, tuttavia nell’atto della confessione sacramentale; da coloro ai quali e stata delegata detta facoltà. Con il termine generico di “Ordinario” ci si riferisce a tutte quelle figure recensite al can. 134 §1 CIC, inclusi i superiori maggiori degli istituti religiosi clericali di diritto pontificio relativamente ai propri sudditi. Quindi non solo dal Vescovo diocesano come di solito erroneamente si sente dire. Hanno la stessa facoltà relativamente a censure non riservate né dichiarate in forza dell’ufficio il canonico penitenziere (can. 508 CIC), i cappellani di ospedale, di carcere e di mare (can. 566 CIC). Inoltre, qualsiasi sacerdote, anche se privo di facoltà, nei confronti di qualsiasi fedele che versi in pericolo di morte, relativamente a qualsiasi censura anche se riservata o dichiarata (can. 976 CIC).
La remissione della pena canonica non va confusa con l’assoluzione sacramentale del peccato. Non può esserci assoluzione se non c’è stata la remissione della pena canonica, fatta eccezione per il pericolo di morte e la grave causa di non ritardare l’assoluzione alle condizioni stabilite (cann. 976 e 1357 CIC) Le pene che determinati atti peccaminosi comportano, riservati all’Ordinario, sono le censure latae sententiae: scomunica (can. 1331 CIC) l’interdetto (1332 CIC) e la sospensione (can. 1333 CIC):
1. Scomunica “latae sententiae”:è la pena già prevista e irrogata dalla legge penale per il fatto stesso di essere stata trasgredita dal reo ed è inflitta senza che vi sia una sentenza pronunciata dal giudice, quindi con efficacia solo nel fòro interno della coscienza finché non sia dichiarata dal superiore competente qualora venga accertato nel fòro esterno il delitto commesso. Questa pena è prevista per i seguenti delitti: a) apostasia, eresia scisma (can. 1364 §1 CIC) (apostasia è larinuncia alla fede; eresia è la negazione pertinace di una verità della fede cattolica; scisma è ilrifiuto della sottomissione al Papa); b) aborto con effetto conseguito (can. 1397 §2 CIC 2021).
2. Interdettolatae sententiae è la pena prevista per i seguenti delitti: a) violenza fisica fatta a un vescovo (can. 1370 §2 CIC); b) attentato alla celebrazione della Messa da parte di chi non è sacerdote (can. 1379 §1, n.1 CIC 2021); c) attentato di assoluzione o ascolto della confessione sacramentale di un fedele da parte di chi non può farlo validamente, anche se sacerdote (can. 1379 §2, n. 2 CIC 2021); d) falsa denuncia al superiore ecclesiastico contro un confessore di aver sollecitato il penitente al peccato contro il sesto precetto del Decalogo (can. 1390 §1 CIC); e) attentato al matrimonio, anche solo civilmente, di un religioso di voti perpetui, non chierico, (can. 1394 §2 CIC).
3. Sospensione latae sententiae è la pena prevista per i seguenti delitti commessi da chierici: a) violenza fisica contro un Vescovo (can. 1370 §2 CIC 2021); celebrazione della Messa da parte di un diacono (can. 1379 §1, n. 1 CIC 2021); attentato all’assoluzione sacramentale o anche del semplice ascolto della confessione da parte di un diacono (can. 1379 §1, n. 2 CIC 2021); ricevimento dell’ordine sacro da un vescovo privo di legittime lettere dimissorie (can. 1388 §1 CIC 2021); falsa denuncia commessa da un chierico contro un confessore al superiore ecclesiastico del delitto di sollecitazione (can. 1390 §1 CIC); attentato al matrimonio anche solo civile di un chierico (can. 1394 §1 CIC).
A margine, per completare l’argomento, è sufficiente aggiungere che esistono determinati peccati tipizzati dal legislatore come delitti che comportano la scomunica latae sententiae la cui remissione, se la pena non è stata inflitta o dichiarata, è di competenza della Santa Sede, cioè della Penitenzieria Apostolica per il fòro interno. Essi sono: 1. profanazione delle specie sacre (can. 1382 §1 CIC 2021); 2. Violenza fisica contro il Romano Pontefice (can. 1370 §1 CIC); 3. Assoluzione del complice di un peccato contro il 6º comandamento (cann. 1384 CIC 2021, 977); 4. Consacrazione di un Vescovo senza mandato pontificio, incluso colui che riceve da esso la consacrazione (can. 1387 CIC 2021); 5. Violazione diretta del sigillo sacramentale da parte del confessore (can. 1386 §1 CIC 2021); 6. Attentato di conferimento del sacro ordine a una donna (can. 1379 §3 CIC 2021).