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Rubrica: Risponde il teologo

10 Aprile 2024

Il matrimonio in chiesa se uno dei due sposi non è battezzato

Il matrimonio tra un battezzato e un non battezzato, celebrato in chiesa, ha valore di sacramento? La risposta del teologo

di padre Francesco Romano

Il matrimonio tra un battezzato e un non battezzato, celebrato in chiesa, ha valore di sacramento?

Risponde padre Francesco Romano, docente di Diritto canonico
Nel parlare corrente spesso si sente dire che qualcuno si è sposato in chiesa, oppure con rito civile ovvero semplicemente in comune. Dobbiamo subito precisare che il matrimonio ammesso dalla Chiesa cattolica per i suoi fedeli è solo quello celebrato secondo la forma canonica in cui rientra sia il matrimonio sacramento che il matrimonio non sacramento detto «dispari» perché è battezzata una sola parte, quella cattolica.
Il matrimonio è sacramento se è celebrato tra due persone cattoliche, ma anche quando una sola parte è cattolica e l’altra è battezzata validamente e fa parte di una Chiesa o di una comunità ecclesiale che non ha la piena comunione con la Chiesa cattolica. In questo secondo caso si parla di matrimonio sacramento «misto» che per la lecita celebrazione necessita della licenza dell’Ordinario del luogo (cf. cann. 1124; 1125).
Esiste poi il matrimonio tra due persone di cui una è cattolica e l’altra non battezzata. È appunto il caso che riguarda la domanda presentata dal nostro lettore, conosciuto come matrimonio «dispari», detto anche matrimonio naturale, non essendo sacramento.
Il matrimonio detto «dispari» trae il nome dalla situazione in cui si trovano i nubendi al momento della celebrazione, cioè di «cultus disparitatis», di «disparità di culto», che semplificando significa un matrimonio di una persona cattolica – oppure battezzata in una comunità cristiana non cattolica e poi accolta nella Chiesa cattolica – contratto con una persona non battezzata. In questo consiste la «disparitas», cioè come diversa partecipazione al mistero salvifico di Dio operante in tutti gli esseri umani fin dalle origini, rispetto al mistero della Redenzione operata dal Signore.
La Chiesa ha sempre riconosciuto il matrimonio un’istituzione naturale che appartiene all’ordine della creazione in quanto i suoi contenuti e la sua ragion d’essere rispondono all’inclinazione naturale impressa dalla creazione all’uomo e alla donna.
Invece il matrimonio sacramento della Nuova Alleanza interessa l’uomo non solo come essere creato, ma anche come battezzato redento da Dio in Cristo. Per questo si dice che tra i battezzati il patto naturale «è stato elevato da Cristo Signore alla dignità di sacramento» (can. 1055 §1)
La costituzione pastorale del Concilio Vaticano II Gaudium et Spes n. 48 e il canone 1055 §1 del Codice di diritto canonico definiscono il matrimonio come «foedus», «patto», quale segno dell’alleanza tra Dio e il suo popolo Israele, che per i battezzati in Cristo costituisce uno specifico sacramento della Nuova Alleanza. San Giovanni Paolo II scriveva che il matrimonio tra battezzati ha di specifico «di essere il sacramento di una realtà che già esiste nell’economia della creazione, di essere lo stesso patto coniugale istituito dal Creatore in “principio”» (Familiaris consortio, 68 c).
Pertanto la realtà coniugale del cristiano è totalmente assorbita nell’ordine della Redenzione e della salvezza che include l’aspetto giuridico dell’unione matrimoniale, ma ancor prima la relazione interpersonale di due individui concreti che attraverso il «patto» esprimono anche l’aspetto dinamico di Nuova Alleanza.
L’inseparabilità tra contratto e sacramento rappresenta l’unione tra l’ordine della creazione e quello della Redenzione per cui il consenso dei contraenti è allo stesso tempo costitutivo del matrimonio e anche segno sacramentale del matrimonio sacramento. La prima conseguenza della identità tra contratto e sacramento, senza sovrapposizione, è che «tra i battezzati non sussistere valido contratto matrimoniale che non sia per ciò stesso sacramento» (can. 1055 §2).
Il «foedus», il patto, per sua natura è bilaterale e questo concetto già ci introduce a capire che nel sacramento del matrimonio il patto non può essere «dispari», perché come insegnano i Padri «matrimonium claudicare non potest», il matrimonio non può claudicare. Il matrimonio diviene sacramento se ambedue i coniugi sono capaci di culto perfetto mediante il carattere battesimale, per la comune partecipazione al sacerdozio di Cristo (cf. can. 204 §1).
Il sacramento del matrimonio, come lo stesso matrimonio, è numericamente uno e uno solo se entrambi i coniugi sono battezzati. Pertanto non può essere sacramento per il battezzato e al tempo stesso solo contratto per la persona non battezzata. Inoltre, il non battezzato non può essere ministro del sacramento per il battezzato. Il matrimonio per essere sacramento esige l’intenzione e il ministero di entrambe le parti che sono ministri del sacramento. Il sacramento del matrimonio è il contratto integro e perfetto che non si dà solo in uno dei coniugi, così neppure la sacramentalità.
Il matrimonio celebrato con dispensa dall’impedimento di «cultus disparitas» è un matrimonio canonico valido, in quanto celebrato con forma canonica e con dispensa, ma non è un sacramento e per questo non può aversi la grazia sacramentale. Non bisogna però sottovalutare il fatto che il Signore nella parte battezzata può supplire l’assenza della grazia coniugale con la grazia battesimale e con le grazie attuali. Inoltre il fedele può beneficiare come fonte di grazia di tutta la Liturgia (cf. cann. 835 §4; 839 §1). Si pensi al matrimonio dispari per eccellenza, quello tra la madre di sant’Agostino, santa Monica, con il pagano Patrizio. Il loro non era un matrimonio sacramento, la grazia coniugale non poteva scaturire dalla loro unione. Tuttavia il loro vincolo naturale fu sostenuto dalla grazia battesimale e dalle grazie attuali di Monica da santificare se stessa, sostenere il marito nel cammino di conversione fino al battesimo, attendere all’educazione cristiana dei figli e favorire la conversione di Agostino, soprattutto con la preghiera, tanto da fargli dire: «Mia madre mi ha generato due volte, la prima nella carne a questa vita temporale, la seconda mi ha generato col cuore alla vita eterna».

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