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Rubrica: Risponde il teologo

1 Luglio 2009

Le richieste di «sbattezzo»: è veramente possibile cancellare il Battesimo?

di Archivio Notizie

Ho sentito parlare della moda dello «sbattezzo»: praticamente alcune persone chiedono alle parrocchie di cancellare il loro battesimo. Pare che sia una usanza che, grazie a internet, viene proposta a un sacco di gente. A parte il fatto che non ne capisco il senso (se uno non ci crede, cosa gli importa di essere battezzato o no?), è veramente possibile annullare questo sacramento?

Francesco Paoletti Risponde p. Valerio Mauro, docente di teologia sacramentariaCon il termine «sbattezzo» si suole indicare la richiesta formale rivolta all’autorità ecclesiastica competente perché il proprio nome sia cancellato dall’elenco di coloro che fanno parte della comunità ecclesiale. Si tratta di una procedura avviata in nome della propria volontà di non essere considerato membro della comunità religiosa alla quale si appartiene. Il fenomeno non riguarda solo la Chiesa cattolica, ma tutte le altre confessioni cristiane, protestanti e ortodosse. Esistono procedimenti simili anche nei confronti delle altre comunità religiose, come quelle ebraiche e musulmane. Nella tradizione ebraica esiste un atto d’iscrizione che documenta l’appartenenza alla comunità ebraica e quindi il procedimento è simile al nostro «sbattezzo». Per il credo islamico la questione è più complessa, perché bisogna fare un’abiura pubblica. In tutti i casi, di solito la richiesta è portata avanti da chi è giunto ad una consapevolezza personale di ateismo o agnosticismo, rifiutando al tempo stesso ogni legame, sia pure semplicemente formale, con la comunità religiosa di appartenenza. Tornando alle cose di casa nostra, il lettore si domanda che senso abbia portare avanti una simile richiesta. Per quanto semplice, la risposta si pone su diversi livelli, che esaminiamo uno alla volta.

Un primo fatto si impone su tutti: la storia non si può cambiare, né si può tornare indietro nel tempo. Il battesimo, avvenimento della vita di una persona, non può essere rimosso: è accaduto, in un tempo e in un luogo precisi. Tuttavia, è capacità della libertà umana trasformare il peso che le azioni del passato hanno sulla nostra vita. È la logica che permette il perdono o il ringraziamento, dove una memoria del passato lo fa vivere sotto una prospettiva diversa, di riconciliazione o gratitudine. Coloro che chiedono lo «sbattezzo» non si accontentano di mettere in oblio il battesimo ricevuto, ma vogliono prendere le distanze da quello che altri, in genere i propri genitori, hanno scelto per loro. I registri parrocchiali, come ogni altro registro ufficiale, anche a livello civile, non possono essere modificati e l’annotazione del battesimo ricevuto non può essere cancellata. In forza della richiesta formale della persona battezzata si annota nel registro, a margine, la sua volontà di non essere più considerato come membro della comunità cristiana.

Dal punto di vista dei legami ecclesiali, in forza di questa dimensione pubblica e formale, lo «sbattezzo» è il rifiuto netto e totale della fede cristiana, unito alla libera volontà di rinnegare il proprio legame con la comunità ecclesiale. Nelle sue conseguenze ecclesiali la richiesta di queste persone corrisponde a quanto la Chiesa riconosce, tanto da qualificare la prassi dello «sbattezzo» come una vera e propria apostasia, con tutte le conseguenze che un simile gesto comporta. Per esempio, un eventuale ritorno alla fede e alla comunione con la Chiesa dovrebbe avvenire attraverso un cammino penitenziale adeguato. Secondo la nostra fede, tuttavia, nell’economia sacramentale Dio agisce sulle persone attraverso quelle azioni rituali della Chiesa che sono i sacramenti. Non solo il battesimo è un fatto storicamente avvenuto e come tale non può essere cancellato, ma nemmeno si può tornare indietro da quanto Dio vi ha compiuto. Noi crediamo che attraverso il battesimo è impresso nell’uomo un sigillo particolare, che tocca la sua relazione personale con Dio. La teologia chiama carattere questo sigillo, indicando la nuova e definitiva relazione della persona con Cristo.

Agli inizi della storia della Chiesa, di fronte alla prima grande persecuzione che colpì i cristiani nell’intero impero romano, la Chiesa dovette affrontare per la prima volta il problema dei battezzati che avevano compiuto gesti formali di apostasia, come offrire incenso alla statua dell’imperatore, ma poi, pentiti, chiedevano di rientrare in comunione nella Chiesa. Il dibattito favorì una comprensione piena del gesto battesimale: il dono ricevuto nel battesimo è definitivo, perché non riposa sulla risposta di fede dell’uomo ma sull’agire soprannaturale di Dio, che non può essere cancellato al pari dell’evento della nascita fisica. In modo analogo alla vita naturale, il battesimo è l’inizio della vita nello Spirito, dono divino come la prima. L’uomo potrà rifiutarla o disprezzarla, ma il dono rimane sempre, segno di una fedeltà di Dio che continua a sperare nell’uomo con un amore senza limiti.

Il fenomeno dello «sbattezzo», infine, non può non far nascere interrogativi pastorali all’interno della Chiesa. Questo livello della risposta raggiunge nodi cruciali per la fede del nostro tempo. A mio parere, non bisogna cadere nella paura di un progressivo assottigliarsi delle fila dei credenti. Occorre, invece, andare alla ricerca della domanda corretta da porsi. Per esempio, sul perché questi battezzati giungano a desiderare una certificazione della propria volontà di non appartenere più alla Chiesa. Da questo punto di vista la risposta impegna tutti ad una riflessione sulla nostra testimonianza di fede.

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